Il vento gelido di quella mattina non era l'unica cosa che mi faceva tremare.
Non riuscivo neppure ad entrarci nella camera mortuaria e le grida strazianti della madre di Sam mi avevano lacerato il cuore.
Il piccolo Billy accovacciato sulla poltroncina si strofinava gli occhi per non piangere, ma le lacrime riempivano come un velo quelle perle verdi.
Non riuscivo a badare a lui in quel momento, forse non era stata una buona idea portarlo con me, ma non avrei potuto fare altrimenti.
Mi sentivo così debole e i conati di vomito risalivano ogni secondo e rendevano tutto ancora più devastate.
Quel odore di disinfettante, di fiore secco, quel odore di chiuso, di morte mi riportò alla realtà, una realtà che la mia psiche non poteva accettare.
Non avevo ancora compreso la gravità della situazione era tutto così anomalo, forse inconsciamente speravo che fosse uno dei miei tanti incubi e che al mio risveglio Sam fosse lì a preparami il caffè.
Avevo sentito i medici parlare tra di loro, secondo loro la "povera ragazza" si sarebbe suicidata.
Era una delle cazzate più grosse che avessi mai sentito, sicuramente non avevano fatto accurate indagini. Samantha non l'avrebbe mai fatto, lei amava la vita, lei era vita.
Tra le due ero io quella più vigliacca che ogni scusa era buona per evadere e se mi fossi trovata con le spalle al muro avrei potuto trovare anche le palle di suicidarmi, ma lei, non l'avrebbe mai fatto.
Sam prendeva la vita di petto, piano piano con le sue forze avrebbe anche potuto spostare un'intera montagna.
Sam non si era suicidata e di questo ne ero certa.
Qualcuno l'aveva uccisa o quanto meno l'aveva indotta a farlo.
Non riuscii nemmeno a darle l'ultimo saluto, preferivo ricordarmela bella, con quel viso così pulito da brava ragazza.
Di certo un corpo che cade dal quarto piano non dev'essere conciato bene e non mi andava per niente di sapere come si era ridotta.
Presi il piccolo Billy in braccio, era confuso ed a pezzi e non appena poggiò la testa sulla mia spalla sentii le sue lacrime calde bagnarmi il collo.
Non avevo voglia di spiegargli quello che era successo, ero instabile anche io e non avrei potuto essergli d'aiuto, fin quando non me ne fossi capacitata della situazione anch'io.
Decisi di chiamare l'unica persona che avrebbe potuto aiutarmi in quel momento, l'unica che sapevo che sarebbe corsa senza fare domande.
Per la prima volta misi da parte il mio orgoglio, dimenticandomi degli episodi passati.
Alle 4:40 del mattino solo lui mi avrebbe risposto. Michael.<Pronto?>
Nemmeno due squilli ed alzò il telefono, come previsto.
< Sono io.>
Non riuscii a dire nemmeno il mio nome.
<Leyla?! Che succede?>
Sembrava preoccupato eppure qualcosa mi diceva che tra un po' avrebbe iniziato a parlare di lui, di quanto fosse stato male dopo l'ultima chiamata e di quanto era dispiaciuto che mi avesse denunciato e dato rogne.
<Senti Michael, é morta Sam... Ti blocco prima che tu riesca a parlare, perché in questo momento non me ne fotte un cazzo di niente di quello che tu stia pensando. Ascoltami, Billy é con me il mio furgone é a secco e io sono a piedi. Sono al St. Jhons vienimi a prendere...!>
Dissi spedita, come se tutto il contorno fosse distante da me, come se non mi toccasse.
Billy pesava in braccio ed ero stanca, avrei voluto abbandonarmi in un pianto liberatorio ed invece da dopo la telefonata nemmeno una lacrima.
Non era il momento di piangermi addosso, soprattutto se il senso di colpa attaccava ogni brandello della mia coscienza, ormai distrutta in mille pezzi.
< Non ci posso credere... arrivo, tu stai bene?>
<Porca Troia, posso mai stare bene? Ti avevo lasciato deficiente, ma non ricordavo a questi livelli... ti aspetto, muoviti!>
Riattaccai, senza dirgli neanche ciao.
Si meritava di essere trattato come una merda depositata su un lurido marciapiede di New York.
A quel punto non avevo più bisogno di salvare le apparenze.
Agli occhi di tutti ero una stronza e volevo che ne fossero tutti convinti.
Iniziavo ad avere la sensazione che col tempo sarebbe stato sempre peggio.Dopo circa mezz'ora seduta ad aspettare sulla panchina all'esterno dell'edificio con Billy tra le mie braccia addormentato, finalmente arrivò Michael.
Parcheggiò l'auto e correndo mi venne incontro.
Prese il piccolo e lo posizionò sui seggiolini posteriori dell'auto, mentre io esausta sprofondai su quello anteriore.
Mi portai entrambe le mani sul viso, volevo piangere avrei voluto farlo, ma nulla.
Michael mi raggiunse al mio fianco chiuse la portiera e prima di partire mi guardò.
Io ricambiai il suo sguardo, probabilmente non uno dei migliori, dovevo avere un aspetto terribile e sentivo che gli occhi avrebbero potuto uscire dalle orbite.
Non c'erano parole che avrebbero potuto tirarmi su.
Michael mi porse una bottiglia di vetro, probabilmente contenente dell'alcool,al buio non riuscivo ad esserne certa.
<Bevi, ti tirerà su...>
<Che cos'è?>
<Vodka liscia. Ottimo rimedio per situazioni come questa.>
<Mi stai suggerendo di diventare un alcolizzata?>
<Ti sto suggerendo di rilassarti un po' cazzo! Sei sconvolta, bevi!>
Aveva ragione, stava cercando di aiutarmi.
Annusai la bottiglia, sembrava decisamente vodka, non stava cercando di avvelenarmi o cose del genere.
Feci un piccolo sorso e subito dopo uno grande. Era forte ed avevo bisogno che cacciasse un po' di brutti pensieri, le grida della madre di Sam, il suo viso l'ultima volta che l'avevo vista e tutto l'odio che avevo provato per Michael.
Mi sentii un po' meglio quando a mezza bottiglia mi resi conto di essere quasi ubriaca marcia.
Posai la testa sulla spalla di Michael che aveva quasi raggiunto casa mia.
<Merda! Sto male Mike!>
Dissi lentamente tra i denti.
<Mi fermo?>
<Si ti prego!>
Gli sussurrai ad occhi chiusi.
Mi girava la testa, era pesante e mi faceva male.
Sentivo le vene pulsanti nelle tempie, avevo quasi l'impressione che stessero per scoppiare.
<Hey, Trouble!>
Le sue mani calde si posarono sulle mie guance, che mantenevano ferme la testa.
Non riuscivo a riaprire gli occhi.
<Sto bene, ho tanto sonno...>
<Apri gli occhi...>
Due fessure si sollevarono. Eravamo davvero a pochi centimetri l'uno dall'altra, tanto che i suoi ricci mi solleticavano la fronte.
<Siamo quasi a casa...>
<Andiamo Mike, ho sonno...>
Adagiò con delicatezza il mio capo sul poggiatesta e rimise in moto.
Posai la mia attenzione sulla strada prima di richiudere gli occhi.
Davanti a me il buio più totale, poi in una luce il viso di Sam e il calore di una mano che stringeva la mia.
Probabilmente stavo sognando, mi beavo di quella sensazione di benessere, il paradiso.
La mia mente mi diceva che dovevo lasciare andare, ma il mio cuore insisteva e manteva la presa salda. Sembrava essere la sua unica ragione di esistere.
Fin quando la ragione stessa smise di essere.
<Trouble, Trouble. Svegliati!>
Ero a casa, Michael al mio fianco.
Sam non c'era, non mi stringeva la mano.
Ero tornata alla realtà una vita senza di lei.
Scesi dall'auto barcollante, gli occhi pesanti e grondante di sudore.
Michael mi fece strada portando di peso su una spalla Billy che dormiva accasciato su di lui.
<Hey Mike!>
Lo chiamai prima che entrasse nell'edificio.
Lui si girò e aspettò che dicessi qualcosa.
Avrei voluto dirgli grazie, ringraziarlo per quell'intervento, per quello che stava facendo anche se non era tenuto a farlo.
<Credo di non riuscire a salire...>
<Resta in macchina, torno tra un minuto!>
Crollai di nuovo nel sediolino d'avanti e poi ancora una volta, il BUIO.
*DLIN DLON*
CIAO A TUTTE RAGAZZE, NUOVO AGGIORNAMENTO, SPERO VI PIACCIA...
LASCIATEMI TANTE STELLINE E NON DIMENTICATE DI ASCOLTARE LA CANZONE, MOLTO BELLA ED ADATTA AL CAPITOLO...
SPERO DI REGALARVI ANCORA QUALCHE EMOZIONE...
BUONANOTTE <3

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Trouble.
RomanceLeyla Jane Hallen, conosciuta da tutti come Trouble (guaio), è una giovane donna con un caratteraccio, che vive nella squallida e desolata periferia di New York. Cresciuta troppo in fretta ed abbandonata a sé stessa sin dalla tenera età, trova il su...