Credo, spero, penso, sento

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Una mattina, stavo ascoltando "Come un attimo fa" sdraiata sul letto, quando Luna mi chiamò.
Sobbalzai quando il telefono squillò.
-C'è Mengoni! È qui! Che...tu dovresti...cioè...muoviti! Sta facendo un servizio fotografico! Qui, cioè adesso...ora! Vieni subito!-.
È difficile descrivere la mia espressione in quel momento, mista fra "Ma stai scherzando?" e un grido soffocato.
Indossai un gilet di jeans, una maglia bianca, dei leggins neri e, naturalmente, le Diadora.
Mi catapultai al cancello correndo.
Credo di aver fatto cadere una persona che scendeva le scale.
Le avrei chiesto scusa una volta tornata a casa.
Salii sulla moto e, con le mani e le gambe tremanti, letteralmente "volai" a Palazzo Celsi.
Arrivai trafelata davanti al portone d'ingresso, la moto parcheggiata a caso in seconda fila, l'emozione che mi faceva sudare freddo.
Mi sistemai un ciuffo di capelli ribelli dietro le orecchie, guardai per l'ultima volta il mio riflesso in una vetrina lì affianco ed entrai.
La scena che mi trovai davanti sembrava quella di un film.
Riflettori di qualsiasi tipo, specchi, poltrone, smoking, sfondi bianchi, fotografi, giornalisti, ma soprattutto, un camerino con scritto "Mengoni" e delle voci provenienti dal suo interno.
Il mio cuore probabilmente fece sciopero, perché in quel momento si fermò.
Come una pazza, mi sedetti davanti alla porta del camerino aspettando che "lui" uscisse.
Però mi raggiunse Luna, che, strattonandomi scherzosamente mi disse:
-Tu ci puoi credere? Io non l'ho ancora visto ma so per certo che è lì dentro, a un metro da te!-.
#SOFIA#
-È tutto un sogno, anzi, no, è tutto reale, assolutamente reale! Mi trovo a un metro da Marco e...ho i brividi, la pelle d'oca. L'importante è non fare come quelli che saltano addosso al proprio idolo. Manterrò la calma e...-

Ma era troppo tardi. La porta del camerino si stava aprendo...

Due piume nell'aria ||Marco MengoniDove le storie prendono vita. Scoprilo ora