"Ci prendiamo una pausa?"

1.1K 80 30
                                    

«Tu sei completamente pazzo, Solace!» strillò Nico, attirando su di sé l'attenzione di almeno un centinaio di persone che affollavano la strada principale della città. Era già mezzanotte ma la folla non pareva intenzionata a disperdersi. «Te lo scordi che io faccia nuovamente l'autostop, non dopo quello che è successo!».
Il figlio di Apollo roteò gli occhi. «Dai, non è stato così terribile» affermò, tentando di sminuire l'accaduto.
Il moro lo guardò in cagnesco. «Tu avrai anche trovato una nuova amichetta del cuore, Raggio di Sole, ma io invece sono stato aggredito, ingannato ed ho dovuto combattere per salvare il tuo bel sederino e quello di un mortale con un quoziente intellettivo pari a zero»
«Hai appena detto che ho un bel sedere?»
«Non è questo il punto, idiota!».
Il biondo scrollò le spalle. «Non hai negato, però».
Il figlio di Ade emise un verso irritato, simile ad un grugnito. «Non farò l'autostop» ribadì «E non mi importa che tu abbia un bel sedere o no»
«Ed allora cosa consigli?»
«Abbiamo ancora dei soldi mortali, giusto? Usiamoli! Prendiamo un treno!».
Will spalancò la bocca, come per controbattere, per poi richiuderla, incapace di trovare un solo motivo per cui non avrebbero dovuto prendere un treno. «Comunque hai detto che ho un bel sedere» disse, avviandosi verso la stazione.

Il viaggio fu noioso, estremamente noioso.
Il figlio di Apollo non avrebbe mai pensato di poter sentire la mancanza di qualche mostro, pronto a mangiarlo senza prendersi neanche la briga di cucinarlo adeguatamente, eppure, dopo un giorno intero passato su un tubo metallico che si muoveva ad una lentezza che il ragazzo non credeva si potesse raggiungere, si era ritrovato a pregare il padre affinché un'arpia frantumasse il finestrino, scaraventandosi nel loro scompartimento, o che uno dei passeggeri si rivelasse essere una gorgone assetata di sangue. Non accadde nulla di tutto ciò, ci fu solo un'odiosa ed irritante quiete.

Il ragazzo grugnì, buttandosi di peso sulla poltrona, alla destra di Nico. Quest'ultimo lo guardò di traverso, un sorrisetto sarcastico decorava le sue pallide labbra. «Qualcuno é annoiato, qui» ghignò, mostrando i candidi denti.
Will incrociò le braccia al petto, seccato. «Non dirmi che tu ti stai divertendo su questo coso, senza fare niente di niente!» brontolò, fissando con aria assonnata il paesaggio che si stendeva dietro il finestrino sporco.
Il figlio di Ade alzò gli occhi al cielo, senza abbandonare il suo mezzo sorriso. «Certo che no, é per questo che ho portato delle parole crociate» affermò, sventolando sotto il naso dell'amico una rivista.
Il biondo sbuffò. Sembrava uno di quei bambini che non fanno altro che chiedere "siamo arrivati". Il moro si dovette trattenere per non dargli un delicato buffetto.
«Mi vuoi aiutare?» chiese pazientemente, senza alzare gli occhi dai cruciverba.
«Non so, sembra cosí noioso...»
«Più di lamentarsi perché non hai niente da fare?»
«No, direi di no. Fammi vedere!».
Il ragazzo gli porse le parole crociate.
«Sette orizzontale» dichiarò ad alta voce il biondo «Sei lettere. Sinonimo di infantile»
«Will»
«Quelle sono quattro lettere, Nico»
«Wiiill»
«Nico!»
Il figlio di Ade rise.
"Ha un bellissimo sorriso" pensò il figlio di Apollo, arrossendo visibilmente.
«Prova con "puerile", Raggio di Sole» suggerì Nico con aria complice.
Il semidio scrisse la parola, guardando di sfuggita l'amico. Sorrise. «Tre verticale...».

«Solace!» lo chiamò una voce familiare «Solace, svegliati! Stai sbavando sulla mia maglietta preferita!».
Il ragazzo aprì controvoglia gli occhi. Si sentiva le palpebre pesanti come macigni. «Che c'è, Signore delle Tenebre?» farfugliò tra uno sbadiglio e l'altro.
«C'è che non riesco a respirare con il tuo testone sullo stomaco!» si lamentò il moro.
Solo in quel momento il figlio di Apollo si rese conto di essersi addormentato sull'amico. Le sue guance andarono a fuoco.
«O dei!» esclamò, alzandosi di scatto «Scusami».
«Sta tranquillo» lo rassicurò l'altro «non é niente, anzi é stato anche abbastanza piacevole... Ehm, volevo dire... cioè...» sospirò «Siamo arrivati».
Raccolse le parole crociate che erano cadute sul pavimento ed uscì dallo scompartimento senza degnare il biondo di una singola occhiata.
Will si strofinò energicamente gli occhi, tentando di eliminare ogni traccia residua di sonno. Guardò fuori dal finestrino, scorgendo la stazione di Austin. Doveva aver dormito davvero tanto se erano già arrivati. Scrollò le spalle e si incamminò verso l'uscita con passo spedito.

C'era caldo, tanto caldo, troppo caldo. Il semidio si asciugò il sudore che gli solcava la fronte, leggermente infastidito: era un figlio di Apollo, resisteva bene al calore, ma questo era troppo anche per lui.
Sospirò.
«Nico! Hey, Nico!» chiamò il ragazzo, sfinito «Per Zeus! Vuoi fermarti?».
Il figlio di Ade si girò, incrociando le braccia al petto. Rise. «Hai caldo, Raggio di Sole?» domandò, ironico.
«Vuoi dirmi che tu non ti stai lentamente squagliando?»
Il semidio sogghignò. Riprese a camminare, senza rispondere.
Il biondo emise un verso stridulo, a metà tra un grugnito ed un urlo ed ricominció ad inseguire l'amico.

Erano passate ore dal loro arrivo ad Austin e Will non poteva odiarla di piú: odiava il suo afa soffocante ed opprimente, odiava i suoi abitanti che li fissavano con aria torva, odiava i rumori assordanti che riempivano le strade, martellandogli il cervello, ma soprattutto odiava il non sapere dove fosse (o anche solo chi fosse) lo spirito che cercavano che, fra parentesi, non vedeva l'ora di ucciderlo per vendicarsi di suo padre. Evviva...
«Basta!» sbottò Nico mentre erano intenti a perlustrare, per la quarta volta, la piazza principale della città «Mi sono stancato, ci rinuncio! Ora ce ne torniamo al Campo Mezzosangue, scriviamo una bella lettera di scuse per mio padre e abbiamo chiuso».
Il figlio di Apollo lo osservò attentamente: aveva la fronte impregnata di sudore, i capelli neri erano flosci ed appiccicati al viso pallido e scheletrico, camminava stancamente, trascinando i piedi di mala voglia, con la schiena ingobbita e le braccia a pendolini.
«Ci prendiamo una pausa?» domandò, accompagnando le sue parole con uno sghembo sorriso.
Il moro annuì.
Will si guardò intorno, scorgendo a qualche metro da loro un poster. «Un concerto!» esclamò, indicandolo «É perfetto per un po' di riposo, che ne dici? Ti piace il cauntry?».
«Abbastanza, a te?»
«É il mio genere preferito».
Il moro abbozzò un sorriso stanco. «E che concerto sia allora».

Il locale dove si teneva lo spettacolo era stracolmo di gente, tanta che i due semidei non riuscirono ad entrare nel bar.
«Mi sa che ci toccherà ascoltare da qua fuori» sospirò il figlio di Apollo, massaggiandosi nervosamente il collo.
«Va bene lo stesso» lo rassicurò Nico con un leggero sorriso dipinto sulle labbra.
Il biondo sorrise di rimando.

«Siete nuovi?» li interruppe una voce stridula e nasale.
Will si girò di scatto.
Ad aver parlato era una donna magra, quasi scheletrica, alta piú o meno un metro e ottanta, il che non faceva altro che accentuare la sua fragile corporatura. Indossava un lungo abito scarlatto dall'ampia scollatura e che le copriva interamente le minute gambe. I fluenti capelli corvini erano sciolti e le ricadevano morbidamente sulle spalle ossute e sugli occhi verde-smeraldo. Le sue sottili labbra, coperte da un generoso strato di rossetto, si curvarono in un sorriso malizioso.
«Sí, siamo arrivati oggi» ammise il biondo, leggermente sospettoso.
«Si vede» affermò con aria di superiorità la sconosciuta, studiandoli attentamente. Iniziò a giochicchiare con una ciocca di capelli, attorcigliandola con aria civettuola al dito. «Che bei capelli» si complimentò, gli occhi posati esclusivamente su Will, ignorando categoricamente l'altro semidio «conoscevo un uomo con i tuoi stessi capelli dorati, era un idiota, egoista e vanesio eppure tutti lo adoravano... i misteri della vita!». Rise, eppure la sua risata era priva di allegria.
I due ragazzi la fissarono, straniti. C'era qualcosa di strano in quella donna, lo percepivano.
«Bah!» continuò la sconosciuta, ammirando le sue unghia smaltate «Ormai é tardi per pensarci, vero, piccoli semidei?».
Silenzio.
«Ora bisogna pensare al presente ed il presente sei tu, Will Solace, figlio prediletto del divino Apollo» un ghignò deformò la sua faccia minuta ed incipriata «Il mio nome é Niobe, regina di Tebe, ed oggi, dopo secoli di attesa, mi vendicherò di Apollo e della sua crudeltà»


~~~
Salve, semidei!
Come va la vita? Bene? Male? Siete morti?

Allooora... che dovevo dire? Ah, giusto! Questa cosa che sto scrivendo é arrivata a 1k di visualizzazioni! Okay, okay, forse non sono tantissime ma, dai, non credevo che sarei riuscita ad arrivare neanche a 100 visualizzazioni...
Quindi grazie a tutti quelli che leggono, non so per quale arcano motivo, questa robba •^• (sì, questo é il mio massimo di dolcezza).

E niente, spero che questo capitolo vi sia piaciuto e, boh, ci vedremo... Credo... Dovrei trovarmi una frase finale più figah.
AdDiO!

Sunset ~Solangelo~Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora