"Qualcuno mi potrebbe spiegare cosa sta succedendo qui?"

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«Cos'è quella faccia, Raggio di Sole?» domandò Nico, divertito, non appena il biondo si fu finalmente tirato in piedi «Pensavi davvero che non mi sarei vendicato per lo scherzetto di Austin?»

Will non sapeva come reagire: una parte di lui voleva piangere, lasciando che le lacrime sciogliessero il groppo che si era andato a formare nella sua gola, un'altra avrebbe voluto gridare, gettando contro il ragazzo tutta la sua rabbia e la sua paura, un'altra ancora, per una ragione ancora non del tutto definita, desiderava solamente scoppiare a ridere.

Eppure il semidio non scelse nessuna delle tre opzioni. Non pianse o gridò o rise, si avvicinò invece lentamente al moro.
Con cura ed attenzione sfiorò il suo volto pallido ed infantile, come per accertarsi che fosse davvero lì, affondò poi le mani trai suoi soffici capelli, non più incrostati di sangue, attorcigliandoli alle sue sottili dita.
Sentì distrattamente Nico dirgli qualcosa, ma le sue parole si persero insieme al fiume di domande che affollavano la sua mente. Riusciva solo a vedere i neri occhi del ragazzo, non più vuoti e languidi, bensì vivi come mai prima d'ora li aveva visti.
Si chiese se li avesse mai apprezzati abbastanza prima di perderli.

Senza il minimo preavviso annullò la distanza già esigua che li divideva. Le labbra del figlio di Ade contro le sue erano morbide e fresche, quasi rassicuranti, come una carezza. Sembravano volergli dire che andava tutto bene, che sarebbe andato tutto bene.
Inizialmente il minore sussultò, preso alla sprovvista da quel bacio così delicato, poi dischiuse leggermente le labbra, andando a posizionare con dolcezza una mano sul fianco del ragazzo, come temendo che, se ci avesse messo troppa forza, questo sarebbe stato capace di dissolversi in una nuvola di polvere.

Quando Will si allontanò finalmente dal suo ragazzo, per prendere un po' di fiato, quest'ultimo si sentì come se gli fosse stato appena strappato dalle mani qualcosa di terribilmente importante, che voleva immediatamente indietro. Ma non era di certo quello il luogo o il momento più adatto per tutto ciò.
Si scostò perciò anche lui, lasciando scivolare le mani giù dalla vita del piú piccolo.

«Promettimi che dopo questo abbiamo chiuso con le finte morti» sussurrò il figlio di Apollo, portando le labbra a qualche centimetro dall'orecchio del piú piccolo, sfiorando a malapena la sua mascella con la punta dei polpastrelli.

Quest'ultimo fu percosso da un brivido che gli rimescoló le viscere, facendolo arrossire violentemente.
Rise, passandosi nervosamente una mano trai capelli corvini, sperando di mascherare in questo modo l'imbarazzo.

Annuì.

«Hey!» richiamò la loro attenzione Clitennestra, evidentemente annoiata dalla totale assenza di interesse che i due sembravano ostentare nei suoi confronti «Che pensate di fare? Baciarvi non risolverà niente!»
Poi i suoi occhi saettarono sul corpo morto che, fino a pochi istanti prima, aveva creduto essere Nico di Angelo.

Quest'ultimo scoppiò in una,squillante quanto inaspettata, risata, che fece accapponare la pelle al biondo: non è una cosa da tutti i giorni sentire un cadavere che ride.

Sfoggiando un ghigno sulle labbra bluastre e prive di vita, si sollevò leggermente dal pavimento, aiutandosi con i gomiti, per poi alzarsi, incurante della voragine ancora sanguinante che gli attraversava il petto da parte a parte.
Aprì di colpo gli occhi, rivelando due pupille di un giallo brillante, per niente simili a quelle nero-pece del Figlio di Ade.

«È un piacere conoscerla, mia signora» si inchinò il falso Nico, senza mai smettere di sghignazzare, come un ragazzino che ha appena portato a termine uno scherzo parecchio divertente «Ho sentito tanto parlare di lei, sa?»
Il semidio dagli occhi azzurri si stupì nell'udire quella voce, cosí simile a quella del suo ragazzo, fuoriuscire da quella che sembrava essere semplicemente una foto sbiadita, una copia di pessima qualità che riusciva a riprodurre solo in modo goffo e grossolano l'aspetto del minore.

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