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Nota: le vicende si svolgono tra la fine del primo e l'inizio del secondo volume di Kajira. Siamo in un universo distopico, anni dopo una nuova guerra che ha fatto regredire l'umanità intera portandola così ad un nuovo periodo di medioevo. Le vicende, inoltre, sono successive ad un nuovo conflitto (di cui non si parla nei libri della trilogia) che ha interessato Russia, Norvegia, Svezia e Danimarca.

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Due grandi occhi di ghiaccio erano intenti a scrutare il cielo e ad immagazzinare velocemente nel cervello le informazioni che la natura continuava ad inviare senza sosta a chiunque si fermasse ad ammirarla, a rispettarla. Il cielo si tinse di un rosa pallido misto ad un chiarissimo viola pastello tanto da sembrare artefatto o dipinto a mano abilmente, per poi piombare bruscamente nella cupa e tetra oscurità. Curioso, pensò Varg, le mani ficcate nelle tasche del cappotto nero e i biondi capelli che seguivano le direzioni più disparate a causa del vento. La sua era una bellezza comune, il suo viso appariva gentile, senza nessun tratto caratteristico e quasi nessuno ricordava mai l'aspetto che avesse, per sua fortuna. Varg era prossimo ai trent'anni, ma nessuno gliene avrebbe dati più di una ventina, altro punto a favore. L'aria era gelida, irrespirabile, ma non aveva alcuna voglia di tornare nel suo appartamento, situato al primo di tre piani, indossare abiti più pesanti e uscire nuovamente, scrupolosamente esaminato dagli occhi indagatori di Agathe, la portinaia ficcanaso di quel misero palazzotto di ricchi. Agathe era una donna sulla cinquantina, bassa, rotondetta, non eccessivamente simpatica e vedova da quando il marito era morto in guerra. Il viso era ovale, un po' schiacciato, coronato da capelli perennemente unti, e gli occhi porcini, indagatori, non perdevano nessun particolare, non si lasciavano sfuggire nessun dettaglio, nessun gesto. Era un po' lo stereotipo della portinaia, anche se Varg fino a poco tempo prima non credeva che potessero esserci addirittura stereotipi del genere nella vita reale. Per un istante sperò che non si fosse fatta domande sul suo conto, sul suo passato, sperò per un attimo che non si fosse abbassata a fare domande sul suo conto, sul suo passato, anche a quella manciata di ricchi a cui faceva da balia. Ma, in cuor suo, sapeva bene che sperare tutto ciò era solo un'inutile perdita di tempo.
Ritornò con i piedi per terra solo quando un passante imprecò contro di lui per non aver guardato dove avesse messo i piedi mentre camminava. Varg si voltò verso di lui e borbottò qualche scusa poco convincente, senza curarsi più di tanto del pover'uomo in giacca e cravatta logore che aveva appena rischiato di far ruzzolare nella neve sporca ai margini della strada.
La neve.
Quanto gli era mancata la neve norvegese per tutto il tempo in cui era stato via. Ogni notte aveva sognato, bramato quella massa bianca informe che aveva sempre disprezzato nel corso della propria vita. Aveva imparato ad amarla solo una volta che credeva di averla persa per sempre. Ma non erano questi i momenti per restare a rimuginare sul passato: lui era lì, in carne ed ossa, sopravvissuto alla guerra e chissà a quali torture di cui aveva ancora i segni ben visibili sulla pelle. In cambio, in ogni caso, aveva ricevuto l'eredità del padre e ora possedeva una considerevole somma di denaro e un appartamento in un palazzo di una delle città più ricche della Norvegia sia prima che dopo la guerra, Bergen.
Tutte stronzate, gli unici ricchi di questa città siamo io e i miei vicini, la guerra ha buttato giù tutto pure qui, pensò amaramente.
Ed era vero, Varg ed i suoi vicini avrebbero potuto comprare almeno un decimo della Norvegia, con tutti i loro soldi.  Sicuramente, con i soldi che aveva in tasca in quel momento, Varg avrebbe potuto comprare tre volte quel dozzinale castelletto di Langfjorden un tempo dimora di sua maestà fu Christopher Von der Brelje e di quell'idiota della sua kajira, la puttana dai capelli rossi da anni sulla bocca di tutti. Varg sputò a terra indignato, nonostante quel gesto non fosse il massimo dell'eleganza considerato il posto in cui si trovava. In ogni caso provava un terribile odio per quell'uomo: su di lui giravano da tempo voci bizzarre ma plausibili, sul fatto che avesse una sorta di camera per torturare le giovani donne che aveva comprato e Varg non poteva fare a meno di crederci ciecamente. Varg era abituato ad avere ogni donna ai propri piedi, pronta a concedersi qualora lui l'avesse voluto, Christopher aveva bisogno di comprarle dai loro padri per poterle possedere in quella stanza, qualora fosse esistita realmente. Anche lui era stato venduto dal proprio padre, venduto con la promessa di un risarcimento a guerra terminata, se solo fosse riuscito a sopravvivere.
«Rasshøl, stronzo», lo disse ad alta voce, senza neanche accorgersene.
In ogni caso, le donne lui non doveva comprarle per averle, anche se in quel periodo non ve n'era nessuna degna di nota o che gli interessasse particolarmente, nemmeno quelle del bordello fuori città. A volte si sentiva vuoto, un mero contenitore privo di contenuto e non poteva fare a meno di essere triste, nonostante la sua mente non fosse fatta per pensieri tanto profondi. Così, con queste assurdità per la mente, si rese conto di essere arrivato davanti ad una delle taverne di periferia che aveva adocchiato da un po'. Forse spinto dalla fame, dalla stanchezza per la lunga passeggiata, dal freddo o dal senso di smarrimento fisico e mentale, decise per la prima volta di entrare a mangiare qualcosa.
Trovò bizzarro e divertente quando, entrato nel locale, tutti gli uomini tolsero il cappello in segno di rispetto e tutte le donne si avvicinarono pronte ad offrirgli le loro grazie in cambio di denaro. Di sicuro gli abiti di ottima finitura e il denaro che gli tintinnava in tasca erano segno di monito per gli uomini, combattuti tra il lasciare andare le loro donne (o quelle che stavano per portare a letto) e il prendere queste ultime con la forza perché non scappassero.
Quell'uomo è ricco e potente, se gli torci un capello manderà qualcuno a strapparti le budella, sembrava recitare la loro coscienza. E così, tra sguardi e sussurri, Varg si accomodò in solitudine, in un posto che non faceva al caso per i suoi gusti raffinati.

Kajira - L'erede delle nevi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora