II

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Eccoci al secondo capitolo. Ho deciso di pubblicare un capitolo il giovedì e uno la domenica, salvo impegni improrogabili. Vi ringrazio delle 200 visualizzazioni al capitolo precedente in così pochi giorni e spero che questo vi piaccia allo stesso modo!
–A.


Si era pentito della sua scelta di entrare in quella taverna e ora ne pagava le conseguenze mangiando una zuppa disgustosa e bevendo una brodaglia alcolica non meglio identificata. Avrebbe vomitato tutto se solo ne avesse avuto la forza, ma era stanco perfino di pensare. Le persone attorno a lui non facevano altro che lanciargli occhiate fugaci e le ragazze non smettevano un minuto di strusciare maliziosamente sui suoi abiti. 
«Non avrete un solo centesimo se continuerete così, tornate più tardi, ho bisogno di stare solo!» aveva più volte ripetuto lui, ma loro sembravano non ascoltarlo.
Continuava a chiedersi per quale ragione avesse deciso di spendere il suo denaro in quel modo, ma più tentava di analizzare la situazione in modo lucido, più quelle stupide puttane gli sussurravano porcherie alle orecchie, distraendolo.
«Tra venti minuti una di voi dovrà tornare da me, scegliete voi chi. In cambio avrete metà dell'oro con cui sono venuto. Ora sparite.» disse loro infastidito, per avere il tempo di pensare, in compagnia solo di se stesso.
Certamente non avrebbe dato alla fortunata tutto quell'oro, ma si sarebbe accontentato di pochi minuti di pace e di una rissa fra puttane per vedere chi di loro avrebbe ottenuto il bottino dopo essersi fatta scopare davanti a tutti.
«Le mie signore non sono di vostro gradi mento, kjaere gjest?» chiese d'un tratto una voce femminile alle sue spalle in tono formale.
Varg non mosse un solo muscolo e restò ad aspettare finché la donna non si sedette di fronte a lui, osservando la ciotola con il cibo oramai freddo.
«Intendete le vostre cagne, signora. Non oso immaginare quante volte siano state scopate solo nelle ultime quattro o cinque ore.
Devo andare via se non ne scelgo nessuna per la notte?» chiese infine in tono neutro, incurante del rozzo trattamento riservato alla donna che gli stava di fronte, poi tornò a giocherellare col cucchiaio nella poltiglia che era diventata la sua cena.
Lei scosse la testa debolmente e allungò una busta bianca di medie dimensioni, guardandolo in un certo senso speranzosa. Lui posò il cucchiaio nella ciotola e poggiò i gomiti sul tavolo sporgendosi verso di lei per osservarla meglio: i capelli tendevano debolmente al grigio, gli occhi erano spenti e stanchi, le prime rughe iniziavano a comparire sul suo viso, ma conservava ancora un barlume di bellezza non scalfita dagli anni e una gran quantità di autorevolezza. Gli era capitato poche volte di essere riconosciuto in un luogo pubblico, ma non era da lui rifiutare gli incarichi, tanto meno le richieste di una così bella signora.
«Dove?» chiese soltanto, prendendo la busta dal tavolo e soppesandola.
Aspettò pazientemente che la donna rispondesse alla sua domanda, ma era evidente che non fosse a suo agio in quella situazione, al cospetto di un uomo più potente di lei, nonostante l'autocontrollo che tentava di imporsi.
«Bjordal. Mi serve al più presto.» disse lei dopo un po', lisciando la gonna che indossava con un gesto nervoso delle mani.
Varg fece un cenno affermativo con la testa e spinse da parte la ciotola con il resto della minestra per potersi avvicinare maggiormente.
«La mia ricompensa? Potrò decidere poi quando partire.» chiese lui altezzoso, un attimo prima che lei si alzasse e gli facesse segno di seguirla in modo discreto.
«Non ho tempo per i giochi, madame, non mi sposterò solo in cambio della visita alla vostra stupida taverna.» disse in tutta franchezza mentre lei gli faceva strada per un lungo corridoio segreto impregnato dell'odore di muffa senza mai voltarsi o parlargli.
Giunsero poi alla fine del corridoio, dove una grande porta di legno chiusa a chiave si ergeva imponente. La donna misteriosa cacciò dall'abito che indossava una chiave che entrò perfettamente nella serratura, provocando un rumore sordo quando lei la girò verso destra. Varg pensò a quel punto che si sarebbe concessa a lui, che gli avrebbe dato una misera somma di denaro, ma anche un corpo maturo e con molti anni di esperienza di cui godere. La scena che però si parò davanti ai suoi occhi, fece crollare tutti i suoi piani insieme all'accenno di erezione che già aveva nei pantaloni. Guardò stranito una decina di ragazze che interruppero le loro attività e si gettarono rumorosamente sul pavimento, chinando il capo per non incontrare lo sguardo della signora e del suo accompagnatore.
Kajirae.
«Sono le mie migliori ragazze, potrete sceglierne una come ricompensa. Solo una.» disse chiaramente e tutte le ragazze trattennero un singhiozzo.
Gli occhi di Varg si riempirono di sangue e di odio, mentre faceva passi rumorosi e pesanti tra le ragazze riverse sul pavimento. Erano state costrette? Vendute? Lo facevano per vivere o per sopravvivere?
«Non mi interessano le tue puttane marchiate come animali, preferisco di gran lunga quelle sporche e insaziabili che tieni lì fuori, ma non in cambio di un viaggio così lungo.» sbraitò lui rivolto alla donna e le si avvicinò con il volto contratto in una smorfia di incredulità mista a rabbia.
«Cinquecento o niente.» continuò a voce più bassa per non farsi udire dalle kajirae.
La donna ebbe un sussulto e scosse il capo vigorosamente, costringendosi a non indietreggiare, mentre lui le posava le mani sulle spalle.
«Una ragazza, o niente.» ribattè lei, dando indicazione alle kajirae di tornare alle loro precedenti attività.
Varg sorrise, non avrebbe mai ceduto con tanta facilità, non senza ottenere del denaro in cambio del viaggio rischioso che avrebbe dovuto compiere.
«Ho bisogno di soldi, oppure puoi riprenderti la tua stramaledetta lettera, prima che le dia fuoco. Lì fuori ci sono centinaia di creditori di mio padre e altrettante persone pronte a pagarmi meglio per la metà del viaggio.» sputò lui, aspettando la mossa della donna.
«E sia. Cinquecento e una di loro che potrai rivendere ad un lord o a uno dei suoi amici.» disse lei, troppo codarda per rifiutare e rischiare di essere presa con la forza davanti alle kajirae del suo padrone, chiunque egli fosse stato. «Duecentocinquanta ora, il resto a viaggio compiuto con lettera di ricevuta, sigillata. Partirai domani mattina.
Hans Sjöberg, dalla Mater.» continuò la donna cercando di tenere lo sguardo fisso nel suo, al ché lui annuì impercettibilmente.
«Questa Mater ha un nome o è una puttana come tutte le altre?» la schernì lui, avvicinandosi sempre di più e sfiorandole il laccio che teneva il corsetto dell'abito.
«Lene! Lene Sjöberg!» pianse lei spingendolo fuori dalla stanza e chiuse a chiave la porta a doppia mandata, conscia di aver perso gran parte del rispetto che le Kajirae avevano nei suoi confronti.

Kajira - L'erede delle nevi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora