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Era buio. Ed era decisamente assai sospetto che fosse buio a poche ore dall'alba. Non ricordava come fossero andate le cose in modo preciso, tuttavia di tanto in tanto qualche immagine non del tutto chiara e dai contorni incerti faceva capolino nella sua mente, ricordandole quanto fosse straziante il dolore fisico ed emotivo che provava per quella kef ancora nera che aveva sulla coscia. Lentamente, a piccoli passi, si costrinse a ricordare ogni dettaglio, sottoponendo la propria mente ad uno sforzo disumano.
Per prima cosa c'era stato il risveglio, il desiderio di andare a Dmitrov, poi qualcosa era andato storto e lei era...era nella capitale! Dal suo arrivo lì i ricordi si facevano sempre più confusi, più vaghi, come se il suo stesso cervello volesse dimenticare, distruggere quei fotogrammi catturati dagli occhi. I muscoli erano intorpiditi e la testa le doleva quasi come se avesse bevuto fiumi di alcolici. Provò a sbattere le palpebre, a muovere le mani, i piedi, ma nessuno di questi gesti andò a buon fine: il suo respiro si fece affannoso, pesante, la kef riprese a bruciare, come fosse infettata e lei invocò l'aiuto della madre più e più volte, gridando con quanto fiato avesse nei polmoni. La benda che le copriva gli occhi era legata tanto stretta che le pareva bloccasse il flusso sanguigno.
«Sei sveglia.» una voce di donna la fece sobbalzare, ma legata com'era non poté muoversi di un millimetro.
Riconobbe la voce come quella della donna che poco prima le aveva marchiato la coscia e rabbrividì, cercando di slegarsi. La porta che la Mater aveva aperto si richiuse con un tonfo assordante e la giovane iniziò a gridare disperatamente, implorando la donna di lasciarla uscire di lì o di ucciderla subito. Quelle parole mettevano i brividi dette da una ragazza così giovane, tuttavia Alina avrebbe davvero voluto porre fine alla propria vita piuttosto che vivere da serva una vita intera. Un attimo dopo, con un forte schiocco, lo schiaffo della Mater la colpì in pieno volto, costringendola a tacere.
«Sarai chiusa qui per una settimana, avrai a disposizione solo un piatto di zuppa al giorno, non potrai vedere nessuno, non ti sarà permesso di togliere la benda e avrai le mani legate per tutto il tempo. Non potrai toglierti la vita da sola e se una delle ragazze dovesse aiutarti o entrare qui per rivolgerti la parola, saresti colpevole della sua morte. È per una questione di fedeltà, per il bene tuo e delle altre ragazze.» disse lei inespressiva, ripetendo quelle parole per l'ennesima volta nella propria vita.
Sembrava un generale, un comandante dell'esercito e Alina il soldato, la pedina da muovere, manovrare, piegare. Le corde che legavano le caviglie della ragazza vennero sciolte, quelle dei polsi legate nuovamente dietro la schiena. La Mater andò via subito dopo aver stretto ulteriormente il nodo della benda, chiudendo a chiave la porta e lasciandola sola nella minuscola stanza.
Il nome della Mater era Nora, ma nessuna delle kajirae ne era a conoscenza. A dire il vero sembrava quasi che conoscessero meglio il padrone che la loro anziana Mater. La donna aveva i capelli scuri, corti, tenuti da una retina; alcuni fili argentati rilucevano alla luce del sole mentre attraversava il cortile interno del grande e maestoso palazzo per recarsi al cospetto del proprio signore: lo zar Aleksandr Aleksandrovic Romanov.
Lui, invece, era molto giovane. Da poco salito al potere, aveva al proprio cospetto un'infinita schiera di sudditi e tirapiedi, oltre che un harem pieno di donne provenienti da ogni parte del mondo. Il padre, Alexandr I¹ era morto solo da pochi giorni, ma lui non sembrava minimamente toccato dalla vicenda, come se quello non fosse in realtà suo padre. Era seduto sul suo scranno dorato, con i piedi posati sul morbido velluto e la bocca piena di squisite prelibatezze: sembrava uno stupido bambino viziato, troppo giovane per tutto il potere che acquisiva giorno dopo giorno. Prometteva grandi ricchezze, aumentando incentivando il contrabbando per poi dividere la metà dei guadagni tra i grandi della piccola economia del Paese, non trovando quindi rimedio al tasso di povertà che continuava inevitabilmente a crescere.
«Mater!» la salutò non appena si fu accorto della sua presenza e si alzò mollemente dal trono, mentre le ragazze che lo imboccavano si chinarono sul pavimento, posando le ciotole in un angolo.
La Mater serrò le labbra, facendo un lieve inchino, I suoi occhi scuri si posarono sul giovane zar per una frazione di secondo, prima di tornare a fissare il pavimento bianco, immacolato.
«La ragazza è nella stanza, ha una settimana di tempo, come per le altre. Ma se vostra altezza lo desidera si potrebbero accelerare - » lo zar la fermò con un gesto della mano, impedendole di proseguire.
«So dov'è che cosa sta facendo. So cosa fare di quella puttana, starushka, hai fatto il tuo dovere. Adesso va' dalle altre e fanne preparare un paio per questa sera. Alla nuova penserò personalmente tra qualche giorno.» Disse con un malefico ghigno, sfregandosi le mani e le fece segno di andare, terminando così loro colloquio.

Kajira - L'erede delle nevi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora