XI

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La nave su cui erano saliti era spaziosa, comoda e sicura ed era bastato loro vendere i cavalli e aggiungere al ricavato qualche moneta rubata dai depositi di Hans per poter salpare con l'equipaggio, possedendo in quel momento solo una coperta e qualche tozzo di pane. Varg aveva recitato l'intera scena, fingendosi anche dispiaciuto di dover vendere le proprie bestie per un capriccio della moglie, che intanto restava zitta, ferita dalle ultime parole dell'uomo.

«Metti questa e cerca di non far danni.» le aveva detto Varg poco prima di essere effettivamente a bordo, porgendole la coperta dal forte olezzo equino, quando nessuno poteva sentirli, improvvisamente scorbutico e acido nei confronti della ragazza.

Il capitano non aveva fatto molte storie, non era la prima volta da quando erano arrivati i soldati nemici che qualcuno chiedeva di fuggire per cercare fortuna altrove e, per un po' di denaro, avrebbe tenuto la bocca chiusa durante eventuali controlli e ispezioni dei soldati. In ogni caso il viaggio avrebbe richiesto un bel po' di tempo ai due e non sarebbero mancate loro le occasioni in cui perfezionare quella messinscena, seguiti costantemente dagli occhi indiscreti dell'equipaggio.

«Ritiriamoci da qualche parte e continuiamo a provare, maledizione. Arriverà pure il momento in cui capirai di non essere la mia schiava!» le disse Varg in quel momento, parlando sottovoce per non rischiare di rivelare ad alcuno la verità.

Sofya restò in silenzio, accusando quel colpo come i precedenti. La ragazza, infatti, era ancora fermamente convinta di appartenergli, di essere il suo oggetto o giocattolo sessuale e Varg, testardo quanto lei, continuava a dirle il contrario, cercando di convincerla. Era un lavoro estenuante, ma di vitale importanza e sarebbero stati sicuramente gettati in mare in pasto ai pesci se fossero stati scoperti da qualcuno dell'equipaggio. Varg non aveva paura della morte, bensì aveva paura di spirare prima di aver dato il colpo di grazia ai maledetti bastardi che lo avevano tenuto prigioniero, quindi non aveva intenzione di mollare prima di essere arrivato a destinazione. Ormai quello era diventato il suo chiodo fisso, il suo obiettivo, lo scopo di quel dannato viaggio. Il suo piano era improvvisato, fortemente instabile e folle, a dire il vero, ma a lui sembrava non importare, accecato com'era dall'ira e dalla sete di vendetta che nutriva.

  «Per un po' dovrai fare finta di essere mia moglie, Sofya. Siamo partiti per la Francia, lì verremo arrestati se dirai di essere la mia schiava. Ti prego, fallo per me.» la pregò l'uomo con un'espressione affranta sul volto, conscio del rischio di quel viaggio.

«Padrone, io—» la ragazza venne prontamente interrotta da Varg con uno strattone che la costrinse a rannicchiarsi sul suo petto.

«Non devi più chiamarmi così! Io non sono il tuo fottuto padrone.» tuonò lui, stringendole i polsi e guardandola negli occhi, affinché fosse chiaro il messaggio.

Il sangue di Sofya le si raggelò nelle vene e la giovane si impose di annuire lentamente, cercando di comprendere i motivi di quella sfuriata. Dopotutto il padrone le chiedeva di fingere solo per un breve periodo di tempo, non di diventare realmente la sua sposa, né di protrarre all'infinito quello stupido gioco. In quel modo avrebbe disonorato la sua persona, guardandolo negli occhi e toccandolo senza il suo permesso, ma non c'erano alternative valide a quella proposta e, in fin dei conti, era stato lui a chiederglielo, a imporglielo.

La piccola stanza dov'erano stati relegati non era il massimo ed era costata loro gran parte del bottino del vecchio Hans, il povero stupido fratello della vecchia Mater di Sofya. Varg inspirò con sadico piacere per quel furto, felice anche di aver finalmente convinto la sua giovane accompagnatrice a smettere per un attimo le vesti della schiava, indossando quelle nuove e sicuramente più piacevoli di moglie e donna. Era entrata decisamente presto nel personaggio, comportandosi esattamente come una fedele e riverente moglie, senza però sembrare finta o inopportuna, aveva preso confidenza con il corpo di Varg e gli aveva anche toccato il petto di sua spontanea volontà, senza ch'egli le chiedesse nulla. Erano entrambi seduti sul misero giaciglio messo a loro disposizione, pensando a cosa ne sarebbe stato di loro una volta terminata quell'assurda missione, se così poteva essere chiamata.

Kajira - L'erede delle nevi.Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora