Quando le cose finalmente vanno per il verso giusto...forse

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Anthony muta in una specie di micio assonnato quando è stanco.

Il micio in questione se ne stava assopito con la fronte contro il vetro dell'autobus, lo scenario in rapido mutamento oltre questo intanto che tornavano a casa. Patrick, al suo fianco, lo scrutava tra le palpebre socchiuse, accasciato lungo il suo sedile. Anthony era ben coperto dal giubbotto imbottito e il berretto eppure ogni tanto un brivido faceva capolino per scuoterlo nel sonno.

Patrick avvertì un senso di disagio attanagliargli le viscere nel continuare a fissarlo come un maniaco e decise di chiudere gli occhi e tentare di recuperare parte del sonno perso quella notte, complice il miliardo di pensieri in slalom tra le circonvoluzioni cerebrali. E come nelle ore notturne, al calare delle palpebre subito immagini fin troppo vivide di un avvenimento fin troppo recente gli si sparaflashavano nella memoria...

Portò le dita a massaggiare le tempie doloranti per il principio di emicrania e, arresosi, tornò a scrutare di soppiatto il profilo addormentato di Anthony.

Era crollato praticamente subito, il che significava che non era stato l'unico a passare una notte insonne. Questa consapevolezza ebbe la consistenza di un pugno al petto.

Oltre lo sterno vorticava un intreccio di sentimenti. Il senso di colpa, innanzitutto, ma non solo. No, c'era anche rabbia. Una rabbia verso la propria stupidità cosmica.

E il motivo preciso, tra i miliardi a disposizione, non era ben chiaro.

Perché lo aveva baciato? O per l'orribile spiegazione datagli? Una mano nervosa volò tra i capelli. Che diavolo avrebbe dovuto dirgli, allora?

Perché gli ho tolto il sonno per colpa del mio egoismo. Perché questa mattina non riusciva a guardarmi negli occhi. Perchè l'ho ferito.

Anthony si mosse e staccò il capo dal vetro. Scivolò verso di lui e lo poggiò sulla sua spalla, cosa che fece balzare il cuore nel petto all'altro. Alcuni riccioli gli finirono in faccia e d'istinto Patrick allungò una mano a spostarglieli. Poi le dita volarono a carezzargli piano la guancia.

Voleva stringerlo a sé, lo voleva così tanto che alla fine lo fece: gli circondò le spalle col braccio senza pensarci.

E, intanto, una paura folle lo catapultava lontano. La paura di affrontare le conseguenze delle proprie azioni.

Se Anthony avesse deciso di tagliare di netto ogni contatto, lui... non avrebbe saputo che fare.

Non strappargli più una risata. Non avvertire più i suoi occhi su di sé. Non essere più chiamato da lui. Non ascoltare più uno dei suoi discorsi filosofeggianti di cui lui non avrebbe seguito mezza parola, troppo impegnato a essere rapito dal modo in cui si entusiasmasse per sciocchezze futili.

Suonava come un incubo.

Scivolò giù lungo il sedile, una cantilena di stupido stupido stupido a mitragliargli la scatola cranica.

*

Il tempo di giungere sulla terraferma e Anthony era già scattato via con la prontezza di un centometrista.

Sparì all'orizzonte in un battito di ciglia. Patrick sospirò, esitante. Non aveva voglia di tornare a casa e rimuginare un quantitativo di ore esagerato sulla propria stupidità cosmica. Acciuffò il cellulare e fece partire una chiamata.

«Noah, hai da fare?» chiese, i piedi a muoversi da soli nell'iniziare a percorrere il marciapiede.

«Non so Patrick, sono piuttosto preso da questo episodio di The Walking Dead, ma se ti va puoi unirti a me» gli rispose l'amico.

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