Quando la vita vera e quella delle fanfiction entrano in collisione

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Anthony se ne stava appollaiato sulla poltrona, attorno al collo la sciarpa di Patrick che casualmente si era scordato di restituirgli (sul serio, non era sua intenzione rubargliela e passare la notte a stringerla e sniffarla). Sulla scrivania, il libro di filosofia lo giudicava severo.

«La legge di giustizia che Solone riteneva dominatrice del mondo umano diventa in Anassimandro legge cosmica... cos'è questa merda?!» Anthony sbuffò. Little Princess, la gatta color caramello la cui esistenza aveva tre scopi: dormire, mangiare e subire i monologhi esistenziali di Anthony, se ne stava acciambellata sopra il quaderno.

Il cellulare squillò a indicare l'arrivo di un nuovo messaggio e Patrick, pensò subito Anthony, ma si rivelò solo sua madre che gli chiedeva di aiutarla a portare le buste della spesa in casa. Anthony si buttò a peso morto sul letto.

Tempo pochi secondi e la porta d'ingresso si aprì.

«Oh grazie davvero,» fece sua madre dal piano di sotto «non so proprio come avrei fatto a portare tutta questa roba senza il tuo aiuto. I miei figli sono degli esseri pigri e ingrati.»

«Non si preoccupi signora Jones, nessun disturbo» rise una voce, o meglio, la voce. Anthony volò in piedi. Si levò la sciarpa e ruzzolò giù per le scale.

«Ehi Anthony!» sorrise Patrick alla sua comparsa. Seguiva sua madre con due grosse buste della spesa sottobraccio ed era davvero bello. Patrick non era quel tipo di bellezza da "Cristo santo, scopami subito per terra", ma più un tipo di bellezza da "Quelli non possono essere i suoi occhi. Non può davvero avere quelle labbra. I suoi zigomi non possono essere reali. Esiste davvero? Lo posso toccare?". E, okay, magari per Anthony Patrick rientrava in entrambe le categorie, ma questo era dato saperlo solo alle lettrici delle sue fanfiction.

«Anthony, perché non mi hai presentato prima questo tuo amico così simpatico?» gli chiese sua madre nel riporre gli acquisti in cucina. Patrick calò le palpebre e gongolò.

«Non ci conosciamo da molto. Comunque oggi sono venuto per accompagnarlo a una festa, è un problema per lei?» chiese con un sorriso smagliante. Anthony notò solo allora la borsa a tracolla e ne fu incuriosito.

«Una festa?» ripetè lei «Non lo so, Anthony non è mai stato invitato a una festa... Non esce spesso di casa, anzi, diciamo proprio mai. E sta sempre incollato a quel computer, a fare Dio solo sa cosa! Però penso vada bene, del resto sei il primo amico che mi presenta. Sai, lui è un po' timido e non fa amicizia facilmente.» No. Ferma. «Anche da piccolo, dovevi vedere come era tenero, tutto silenzioso a guardare gli altri bambini con paura!» Zitta, donna logorroica «Pensa che preferiva stare da solo a giocare con le bambole, ne aveva più di sua sorella! E guai se non gli compravo almeno una volta al mese una nuova serie di abiti per le sue Barbie!» Perfetto, adesso posso anche prendere una pala, scavare una fossa in giardino e sotterrarmici.

Anthony andò in autocombustione e non perché Patrick aveva iniziato a ridere a crepapelle, no di certo, quindi sbottò un: «Okay mamma, allora a stanotte, non aspettarmi alzata!». Acciuffò un braccio di Patrick e lo trascinò fuori da quella casa prima che sua madre potesse aggiungere altro oltre un: «Ma quale non aspettarmi alzata, torna prima delle undici!».

«Simpatica tua madre!» ridacchiò Patrick «Ehi, perché la prossima volta che vengo non mi mostri la tua collezione di Barbie?»

Anthony lo colpì con un mini pugno per sfogare l'imbarazzo e lui alzò le mani in una resa divertita.

«Dimentica ciò che ha detto, ti prego» farfugliò. Si guardò intorno.

«Dov'è la tua macchina?» chiese e uno strano moto di disagio sembrò impossessarsi di Patrick.

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