Quando l'amicizia inizia ad avere un ruolo importante

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«La smetti di seguirmi come un cagnolino?»

Nathan Miller sbuffò e spintonò qualche primino indifeso per farsi strada nella folla che intasava il corridoio. Il passo strafottente era ben in accordo col tono appena usato, come sempre del resto.

Anthony, alle sue spalle, sorrise e accelerò per arrivargli al fianco. Si stavano dirigendo all'uscita sul retro per saltare la prima ora. Tempo due minuti e furono seduti sul muretto solito, dove Nathan si accese una sigaretta in tutta tranquillità. Tirava un po' di vento e gli alberi sottili oscillavano scossi da brividi di freddo, l'aria umida per la pioggia che aveva bagnato la città durante la notte e qualche pozzanghera a decorare l'ambiente.

«Se il tuo scopo è convincermi di non esserti mancato durante le vacanze, sappi che stai fallendo miseramente» fece Anthony.

Miller sbuffò, ma non gli sfuggì la piega all'insù assunta dalle labbra.

«Aaah, che ragazzino irritante» passò il braccio attorno alle sue spalle in una resa definitiva.

Francamente, Anthony non sapeva se rallegrarsi o disperarsi per la fine delle vacanze. Non aveva aperto libro per settimane ed era sicuro di essersi già scordato tutto lo studio antecedente al pranzo di Natale; lo aspettavano, inoltre, verifiche e interrogazioni alle quali per certo avrebbe preso un'insufficienza. Tuttavia, la scuola un po' gli era mancata, così come gli era mancata la visione di Patrick Brown intento a percorrere i corridoi o ad allenarsi o a mangiare o a sorridergli di sfuggita (un'opzione, quest'ultima, tendente all'infarto miocardico acuto).

Non che non avesse avuto occasione di vedere Patrick durante le festività, anzi. Anzi.

Solo il ricordo di quello che era successo a Capodanno bastava a fargli tremare le gambe.

Perso nei suoi pensieri, lo scatto della fotocamera lo prese in contropiede.

«È per i miei followers» spiegò Nathan, digitando qualcosa sulla tastiera «Vogliono vedere come sei fatto.»

«Hai parlato di me sul tuo blog?»

«No» rispose, il cellulare ruotato a nascondere lo schermo.

Anthony, perplesso, fece per aggiungere qualcosa, ma un chiacchiericcio contornato da passi rumorosi lo bloccò. Spuntò un gruppo di ragazzi dall'aria teppistella e preoccupante. Un paio di loro aveva l'aria di aver superato da un po' la maggiore età.

«Oh» uno di loro fece una smorfia nel notarli «Due frocetti pronti a incularsi, perfetto».

Nathan si limitò ad alzare il medio, senza neanche guardarli, ma Anthony andò in panico. Aveva detto "frocetti", quindi si stava riferendo anche a lui. E adesso? Come aveva capito che era gay? Forse era colpa della tenue tinta rosa confetto assunta dal maglione dopo essere finito in lavatrice con i vestiti di Ginny?

«Che hai da guardare, tu?» lo stesso tizio fece un passo avanti, occhi fissi in quelli di Anthony «Vuoi farmi diventare come te? Un ricchione che ama prenderlo in culo?»

Si alzarono le risate e Anthony si sentì piccolo e stupido, desideroso solo di scomparire nel nulla cosmico senza lasciare traccia.

«Scommetto che vorresti succhiarmelo. Ce l'hai un po' la faccia da troia».

Disagio. Questo predominava tra le altre emozioni e lo pietrificava sul posto, incapace di rispondere, di muoversi, di fare qualcosa. Qualunque cosa.

«Breaking news, coglione: nemmeno ai froci piacciono i cazzi piccoli.»

Con un balzo Nathan fu in piedi, passi calmi diretti verso il gruppo di teppisti e pupille puntate su chi lo stava denigrando.

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