Together Again

107 14 4
                                    


Calum

Quando mi risvegliai, pensai per un attimo di essere di nuovo a Sydney.
E in effetti, era proprio lì che volevo tornare.
Ma c'era qualcosa che non mi convinceva.
Non avevo preso nessun aereo e mi trovavo in un letto d'ospedale, circondato da delle pareti bianche e spoglie, con tantissimi fili di diverso colore attaccati ad un braccio.
Ma accanto a me, dormiente e con la testa poggiata sulla mia pancia, c'era Nina.
Una Nina cresciuta, ma era sempre lei.
La ragazza che amavo era insieme a me, ed era stata lei a raggiungermi.
Non io.
In un modo o nell'altro, le avevo permesso di tornare da me.

Non sapevo cosa mi fosse successo, ma non mi importava.
In quel momento ero sveglio, cosciente e con solo un lieve mal di testa.
Ma ero con lei.
Non mi importava come stessi.
Non mi sarei allontanato da Nina: non di nuovo.
Prima che finissi qui, volevo tornare a Sydney per perdonarla.
E le mie intenzioni erano sempre le stesse.
Il suo volto era sereno, ma sotto gli occhi aveva delle borse scure: probabilmente la sua insonnia era colpa mia...
Qualcosa mi diceva che in tutti questi anni sia io che lei avevamo sofferto e basta, senza conclusioni.

Non volevo svegliarla e disturbarla dal suo sonno, ma avevo voglia di sentire di nuovo la sua voce dopo tutto quel tempo e farle capire che stavo bene, che non c'era nulla di cui preoccuparsi.
Probabilmente per essere in ospedale le mie condizioni non dovevano essere buone.
«Nina...»
Mi sentii senza voce, mentre le mie dita si intrecciavano ai suoi capelli, ormai non più colorati.
Quando vidi le sue palpebre schiudersi e i suoi occhi incontrare i miei, un piccolo sorriso mi contornò il volto.
Quegli occhi blu, così scuri da sembrare neri, erano ancora con me.
Lei era di nuovo lì.
Quella piccola ragazza indifesa accanto a me, piangeva.
Piangeva senza freno, mentre le sue braccia cercavano di stringermi.
«Mi dispiace, Calum. Mi dispiace tanto... È tutta colpa mia.»
Mi sollevai dal materasso e mi avvicinai un po' più a lei, ricambiando la sua stretta.
Non volevo che piangesse.
«Ti ho perdonato.»
I suoi occhi si erano illuminati, chiedendo di più, chiedendo altre parole.
Sembrava incredula.
Annuii soltanto, facendole un piccolo sorriso per confermare ciò che avevo detto.
«Non merito il tuo perdono Calum.» sussurrò, severamente, mentre asciugava le lacrime con le sue dita fragili.
La vidi guardare in basso, come se fosse piena di vergogna e rammarico.
Non volevo vederla cosí.
Ormai quello che era successo non mi importava più: aveva viaggiato da sola e mi era rimasta accanto aspettando il mio risveglio e già questo mi aveva fatto capire quanto le importasse di me.
Non volevo che soffrisse ancora.
«Nina, ascoltami.»
Sollevò lo sguardo, per portarlo su di me.
Odiava il suo nome, ma sapeva che lo dicevo quando ciò che stavo per dirle aveva una certa importanza.
La mia mano raggiunse la sua e com l'altra le asciugai le lacrime.
«Per tutti questi anni ho viaggiato per il mondo sperando di dimenticarmi di te. Volevo vedere posti nuovi, nuova gente, distrarmi. Ma non ci sono riuscito. Sai perché? Perché nonostante tutto quello che mi hai fatto, io sono ancora innamorato di te.
Sì, sono innamorato di te e del tuo carattere, della tua persona, dei tuoi occhi. Sono innamorato di te perché mi hai reso felice ed una persona migliore. Mi hai dato una possibilità per cambiare in meglio.
Non avrei mai potuto dimenticarti nemmeno in altri trent'anni di vita perché io voglio te, e solo te.
Non sarei mai felice con qualcun altro che non sia tu.
Ti amo. E non mi importa se tu non ricambi ciò che provo. Non posso farci niente.
Avrei dovuto darti un'altra possibilità allora, anzichè andarmene. Ma un lato di me era testardo e me l'aveva impedito. Non ho mai voluto separarmi da te, ma avevo paura che non mi volessi più nella tua vita...»
Non seppi come continuare e rimasi in silenzio per un attimo.
«Questo è tutto ciò che non ti ho mai detto.»
Liberarmi di quei pensieri era stato come togliersi un peso opprimente dalle spalle.
Alla fine, tra noi non ci furono più parole.
Il suo bacio che arrivò un'istante dopo aveva confermato tutto ciò che le avevo detto.
Non ci serviva più a niente parlare: bastarono i gesti.

»Binario Nove; Calum HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora