Dublin

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Ad pochi passi c'era sempre un albero, una cattedrale, un museo o un parco.
Quella era Dublino.
Veniva chiamata la città della pace e della tranquillitá.
Vivere lì mi sarebbe piaciuto: non per sempre, però.
Rimasi lì solo per un mese.
La tranquillità del posto mi faceva sentire bene, ma avevo un senso di vuoto che mi divorava.
É come se attorno a me tutto fosse a colori e io fossi trasparente: mi riempivo di ciò che mi circondava, ma era solo apparenza.
Ero sereno, ma non ero me stesso.

Un giorno, mentre mi trovavo in giro, vidi un cartello che indicava un posto che non avevo mai visitato.
Cosí lo seguii.
Ormai non avevo più paura di seguire un filo conduttore sconosciuto.
Mi trovai davanti a una grandissima scogliera, che il segnale indicava come scogliere di Moher.
Il mare al di sotto era agitatissimo, ed ebbi paura.
Ero cosí in alto su qualcosa che avrebbe potuto inghiottirmi in un istante e mi avrebbe cancellato per sempre senza lasciare mie tracce.
Avevo paura dell'oblio?
Indietreggiai.
Non mi tiravo mai indietro ed era una delle prime volte che avevo così tanta paura di qualcosa.

Mi sdraiai sul prato.
Non era il massimo della comoditá, ma era meglio di niente.
Era una giornata piuttosto nuvolosa e faceva freddo, ma avevo una felpa che mi teneva al caldo quanto bastasse.
Non mi importava molto, comunque.
Ad un tratto, mi dimenticai di tutto e sorrisi quando un ricordo mi tornò in mente.

Avevo preso la patente da qualche giorno e passai a prendere Nina a casa sua con l'automobile mezza rotta dei miei genitori.
Non era un granché, ma avevo voglia di guidare e non avevo ancora una macchina tutta mia, quindi mi dovetti accontentare.
Volevo portarla in un posto speciale.
Alla fine ci perdemmo per Sydney, tanto da pensare di trovarci in un'altra cittá.
Pensai di aver fatto una cazzata, ma per fortuna ebbi un po' di fortuna, alla fine.
Ci ritrovammo al belvedere di Sydney, e da quell'altezza potevamo vedere tutta la cittá invasa dalle luci della notte.
Parcheggiai esattamente lì e scesi con Nina, mentre la tenevo per mano.
Lo sfarzo dei palazzi illuminati aveva catturato la sua attenzione, quasi più di quanto potessi farlo io.
Per un attimo fui geloso di quello spettacolo, ma poi non mi importò più.
Lei era lì con me e questo era l'importante, tutto ciò che mi bastava.
Restammo mano nella mano per un tempo indefinito, fino a quando non sentii le sue braccia circondarmi i fianchi e stringermi appena.

«Promettimi che non mi lascerai mai, Calum.»

Le sue parole uscirono sussurrate contro la mia felpa, mentre le mie dita si intrecciavano ai suoi capelli viola.

«Lo prometto.»

Giurai a me stesso che non l'avrei mai lasciata.
E poi il destino volle che fosse lei la prima a farlo.
Più tardi aprii il cofano della macchina e ci sedemmo sopra esso, con una coperta addosso a proteggerci dal freddo che si stava facendo sentire.
Qualche minuto dopo, con la testa sulla mia spalla, la vidi addormentata.
Mi scappò un sorriso, mentre la mettevo in posizione supina e io la stringevo con le mie braccia; poi mi addormentai con lei.
Contento come mai nella mia vita.
L'indomani mattina sentii una sensazione calda sulle mie labbra che la mia mente riconobbe come un bacio.
Al mio risveglio, lei non era con me.
Era seduta davanti all'auto, sul prato verde e con una sigaretta tra le labbra, mentre guardava la cittá con le luci ormai spente da ore.
Quel piccolo bacio che aveva rubato mi aveva legato insieme il cuore e l'anima.
Notai di non avere più la mia felpa, e vidi che la stava indossando lei.
Questo ricordo non mi apparteneva davvero: forse ero troppo stanco per pensarci.
Le andai incontro e le rubai la sigaretta per fare un tiro al suo posto, e quasi la sorpresi.
Alla fine ridemmo, e gettammo la sigaretta dalla rupe.
Il nostro bacio successivo fu un miscuglio di emozioni che avrei voluto provare per tutta la vita.

Lì su quella distesa d'erba, da solo, avrei voluto che lei fosse di nuovo con me.

»Binario Nove; Calum HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora