Amsterdam

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La maggior parte dei giovani pensa che Amsterdam sia come un rifugio, la città oscura in cui si pretende di voler essere ribelli, i re del mondo, i padroni dell'oscurità.
La città dall'arte astratta, piena di colore.
La città bagnata, la città verde.
La notte in cui arrivai ad Amsterdam, la prima cosa che feci fu chiedere ad un gondoliere di fare un giro sulle acque dei canali.
I ponti a volte erano così bassi che avevo paura che potessero schiacciarmi, ma non lo fecero mai.
Mi sentivo piccolo e indifeso, ma in realtà non lo ero.
Quando scesi, la testa mi girava un po', ma non mi importava granchè.
Rimasi lì tranquillo, a fissare la luna fare capolino da un palazzo e il suo riflesso sulle acque dividersi in rivoli disconnessi.
Tutto ad un tratto, qualcosa mi colse alla sprovvista.
Un ragazzo trasandato con un lungo ciuffo biondo davanti agli occhi mi afferrò il polso, dischiudendo le labbra.
«Amico, ti vedo proprio spento. Forse posso aiutarti.»
Prima lo guardai interrogativo, poi a giudicare dal rossore dei suoi occhi capii dove volesse andare a parare.
Cercai delle parole da biascicare in risposta, ma alla fine non ne trovai nessuna e mi arresi.
Forse, in fondo, non aveva tutti i torti, perciò decisi di fidarmi.
Un vagabondo nelle mani di un drogato: la scena mi fu comica.
Il ragazzo non perse il suo stato di trance nemmeno mentre mi trascinava con sè in un vicolo cieco a pochi metri da lì.
Non obiettai, cercai solo di stare al suo gioco.
Appena arrivati, una ragazza dai capelli a caschetto tutti tinti di verde, con le lentine agli occhi viola, stava lì in piedi a fissarsi le punte delle sue converse consumate, con un vestito nero cortissimo e aderente a fasciarle il corpo dalla pelle cerea, evidenziandone le forme graziose e seducenti.
Nonostante la scarsa luminosità, riuscii a delineare il suo aspetto nei dettagli: ero un bravo osservatore.
La ragazzina mi passò una bustina con dell'erba.
«Dalla tua faccia deduco che tu abbia proprio bisogno di una bella canna. Dimmi, ragazzo misterioso, è stato il tuo cuore infranto a portarti qui?»
Si morse il labbro inferiore, appoggiando una delle sue mani sulla mia guancia.
«E tu come l'hai capito?»
Ero davvero un libro aperto o avevo a che fare con una strega?
Sentii un groppo alla gola.
«Riconosco sempre un'anima spezzata quando la vedo.» asserì, il tono freddo e distaccato e gli occhi glaciali.
«Beh, quindi avevo ragione.»
La sua testa fece uno scatto di lato in modo beffardo, mentre rollava l'erba in mezzo ad una cartina tra le dita piccole ed esperte, per poi passarmela.
«Non fare complimenti, offro io.»
Il mio cervello entrò in tilt: mi era capitato solo una volta prima di allora di farmi uno spinello, poi decisi semplicemente di darmi alle sigarette.
Ma quella volta ad Amsterdam pensai che nessuna autorità potesse permettersi di arrestarmi, e decisi di accettare l'offerta della ragazza dai capelli verdi.
Ci sedemmo tutti e tre su una panchina guardando le acque dei canali confondersi con le luci dei lampioni, generando un gioco di colori.
La luna era coperta dalle nuvole.
I due ragazzi, che scoprii si chiamavano Tresh e Hailey, iniziarono a farmi domande di ogni genere.
Sulla mia vita, sulle mie emozioni, sui miei amici.
Mi sentii come il protagonista di un film e, mentre quella sostanza mi entrava nei polmoni, mi sentivo più leggero.
Con quella roba in mano ripensai al mio passato.
Ripensai alla prima volta in cui aprii un pacchetto di sigarette davanti a Nina e lei ne prese fugacemente una.
Risi, pensando che volesse solo fare una foto fingendo di fumare, invece tirò fuori dalla sua tasca un accendino e la accese, sorprendendomi.
Non mi aspettavo che fosse così.
In quel momento capii che c'erano tante cose di lei che pensavo di conoscere e che invece non conoscevo affatto.
Gli occhi mi bruciarono davanti allo sguardo curioso di quei due sconosciuti, inconsapevole se la causa fossero i ricordi o quella droga leggera che si stava impossessando di me.
Seppi solo che la sensazione piacevole era sparita.
Era mia la colpa?
O la colpa era della piccola Nina?
Guardai Hailey e le diedi un bacio dritto sulle labbra, senza avere un motivo logico.
Somigliava molto a Nina, ma in cuor mio sapevo che non era lei.
La sua bocca si unì alla mia con bramosia, come se fosse ciò che aspettava dall'intera serata, come se avessi appagato un desiderio proibito.
Lasciammo Tresh sulla panchina mentre lei mi portava in un posto piuttosto in disuso che riconobbi come il suo appartamento.
Quella insieme a lei fu l'avventura di una notte, uno sfogo, una richiesta d'amore che il mio corpo desiderava, ma che non sarebbe mai stata accontentata.
Hailey non era lei, non era Nina.
L'indomani mattina, all'alba, guardai per l'ultima volta il suo corpo nudo e gracile addormentato sotto il lenzuolo, e le diedi un bacio sulla fronte.
«Ti voglio bene, Hailey. Sii felice.»
Uscii di nascosto da quell'appartamento e decisi che avrei cambiato città il più presto del solito, per quella volta.
Mi dispiaceva per Hailey, ma lei non era alla sua altezza.
Non potevo cercare di riempire con una sconosciuta il vuoto lasciato dalla ragazza che amavo.
Non ci sarei mai riuscito.
Gli occhi di Hailey erano pieni d'amore quella notte, ma sicuramente i miei non lo erano ed io non avevo intenzione di illudere qualcuno così come era successo a me.
È orrendo mentire, è orrendo tradire.
Quando me ne andai, un po' ci rimasi male, un po' no.
Ero sicuro che Hailey avrebbe trovato qualcuno migliore di me ad aggiustare la sua anima turbolenta.
Ma non me.
Forse, al mondo, non ero fatto per stare con nessuno.
Ma se avessi dovuto scegliere una sola persona, quella persona sarebbe stata Nina.

»Binario Nove; Calum HoodDove le storie prendono vita. Scoprilo ora