Monaco mi ricordava lei.
Forse per tutte le volte all'intervallo in cui mi ripeteva i verbi in Tedesco della sua lezione del giorno e imprecava ad ogni errore, forse per entrambe le cose.
Tuttavia, la Germania non mi aveva mai entusiasmato.
L'avevo sempre ritenuto un paese pieno di persone sgarbate, superbe, antipatiche e troppo diverse da me, senza un motivo ben preciso.
Nonostante tutto, alla fine, decisi di mettere i miei pregiudizi da parte e ci andai.
Solo perché quella città mi attraeva in modo particolare, tutto qui: non era nella mia lista.
Avevo voglia di darmi un forte schiaffo in faccia per le mie motivazioni, ma non potevo frenare ciò che il mio cuore voleva.
Prima di raggiungere Monaco, visitai Berlino il giorno precedente e mi sedetti davanti a ciò che era rimasto delle sue mura pittoresche.
La cinta di divisione.
Anziché portare brutti ricordi, mi diede vitalità, stranamente.
Quelle pareti non erano più grigie, non erano a pezzi: erano piene di colore, come per coprire il segno permanente della guerra, in qualche modo.
Ma ciò che ha segnato tanta sofferenza rimane, per quanto possa cambiare o presentarsi in modo diverso.
Spesso più cancelli, più il segno resta.
Il giorno dopo andai a Monaco.
Visitai il castello di Neuschwanstein, e fu ciò che mi piacque di più.
Per il resto, Monaco mi sembrava una città piuttosto spenta, priva di vita; esattamente come noi.
Di tutte le mie tappe fino a quel momento fu quella che mi entusiasmò meno, pensandoci.
Tuttavia qualcosa accadde, d'inaspettato, come un segno mandatomi per farmi cambiare idea.
Mentre girovagavo per i giardini del castello senza un segno logico, notai una figura familiare messa di spalle ridere con una ragazza minuta dai capelli rossi.
Ci misi un po' per rendermi conto di chi fosse.
Mi venne un colpo al cuore quando capii chi fosse quel ragazzo, in realtà: si trattava di Luke.
Non lo vedevo da molto ed era diverso, parecchio: sembrava un uomo, oramai.
Forse ero cambiato anche io, ma non ci feci caso.
Il tempo passa, le persone cambiano, non ce ne accorgiamo.
Luke, dal canto suo, mi guardò come si guarda un'allucinazione, per poi sorridere.
Si era avvicinato e mi aveva abbracciato forte, chiedendomi perché me ne fossi andato da Sydney senza dirlo a nessuno, perché mi fossi allontanato così da loro.
Non risposi: gli feci la stessa domanda, di rimando.
«Mi sono fatto una vita qui, Calum.»
Prese per mano la ragazza accanto a lui, che mi fissò a lungo per capire chi fossi. Luke fece una mia breve presentazione, ricordandole di averle già parlato di me; la ragazza vi rivolse un sorriso sincero.
«Calum, lei è Juliet.»
Juliet mi strinse la mano, per poi portarsela sul suo grembo rigonfiato, segno di una gravidanza.
Non riuscivo a credere che Luke stesse per diventare padre e che, se non l'avessi incontrato quel giorno, probabilmente l'avrei saputo troppo tardi, forse mai.
Passammo qualche oretta insieme e scoprii molte cose di loro: erano una coppia davvero affiatata, quasi li invidiavo.
Quando me ne andai da Monaco, un po' mi dispiacque.
Stare con Luke mi aveva fatto sentire un po' meglio con me stesso, ma mi ricordava molto anche gli anni del liceo.
Le mie cotte.
Nina.
Stare con Luke mi aveva fatto sia bene che male.
Ripetei nella mia mente che il mio scopo era dimenticarla e non farla rivivere in me ogni momento.
Così, a malincuore, me ne andai.
E fui di nuovo senza meta, ma con i ricordi appena riemersi che mi pesavano sul cuore.
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»Binario Nove; Calum Hood
Fiksi PenggemarIn cui un ragazzo invisibile, vittima di un tradimento, va di città in città per dimenticarsi della ragazza che ama. (Spin-off di Jet Black Heart)