Fourtytwo;

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Arriviamo a casa mia dopo poco tempo, dato che non è molto distante dall'aeroporto. Il tragitto è stato silenzioso, ma pieno di sguardi e sorrisi. Per me dicevano tutto.

Entriamo silenziosamente, e ci dirigiamo verso la cucina, da dove provengono le voci dei miei genitori. Busso prima di entrare, e dopo aver avuto il permesso, apro la porta, andandoli ad abbracciare.

"Mamma, papà, lui è..." mi giro per presentarlo, ma non vedo nessuno dietro di me. Mi volto verso papà, che mi guarda con una faccia stranita.

"Un secondo." dico, facendo segno di avere pazienza.

Esco dalla stanza e vedo Jack che fischietta, come ad indicare che non sta facendo nulla di male. Infatti è cosí, ma sta dimostrando tutta la sua timidezza. Lo prendo per il polso e lo trascino.

"Ora vieni con me e conosci i miei genitori."

Entriamo, e mia mamma sorride teneramente.

"Lui è Jack." sorrido.

"Piacere signora Beer" sorride, visibilmente imbarazzato. Si gira verso papà e fa una sottospecie di inchino con la testa "Signor Beer." saluta poi.

Mamma, accogliente com'è, si alza e va ad abbracciare il mio... uhm, amico? Sì.
Inizialmente rimane sorpreso, ma poi si scioglie nell'abbraccio.

Okay, a mamma piace.

"E cosí, tu sei il ragazzo di cui Madison ci ha fatto sapere a memoria anche il gruppo sanguigno!"

No, questo non doveva dirlo. Sento subito le guance andare a fuoco, con lo sguardo di un Jack divertito che mi brucia addosso.

"Piacere di conoscerla, signore." ridacchia.

"Uh, ma smettiamola con questo 'signore' e con questo 'lei', chiamami semplicemente 'William' e dammi del 'tu'. Non sono poi cosí vecchio!" scherza papà.

"In realtà sí, ma dettagli..." sussurro tra me e me, ma a quanto pare qualcuno riesce a sentirmi.

"Facciamo finta di non aver sentito ció che ha detto nostra figlia." dice mamma, ridacchiando "Ora Mad ti mostrerà la tua stanza, caro. Anzi, la casa. Per quanto vuoi, sarà anche tua." continua.

"Grazie mille, signo... cioé..." Jack si mette una mano dietro al collo, inbarazzato, di nuovo.

"...Maria." sorride mia madre.

Saliamo le scale dopo aver fatto vedere a Jack il salotto, il primo bagno e la camera di mio cugino. Anche se avrei potuto risparmiarla al giro turistico.

Gli faccio vedere subito la sua camera, in modo tale da fargli posare i bagagli. Gli faccio notare che la stanza ha un bagno privato, e una cabina armadio.

Tralascio la stanza dei miei e l'ufficio di mio padre, ovviamente, e lo porto nella 'camera della musica', chiamata cosí da me.

"È qui che canto e suono." gli dico.

Ha una faccia estasiata, il che mi fa capire che adora questo posto.
Usciamo di lí e come ultima stanza in questo piano gli mostro la mia. Il mio angolo di paradiso.

Bianca e nera, il letto a due piazze, la scrivania grande e comoda con sopra il mio iMac. I muri ricoperti da Polaroid, raffiguranti me e quelli che erano i miei ex amici, gli scaffali pieni di libri e cd. Amo la mia camera.

"Amo questo posto." sorrido malinconica. "Il solo posto in cui posso essere me stessa a tutti gli effetti."

"Con me potrai essere sempre te stessa."

Gli sorrido, e lo abbraccio. Mi sento protetta.

"Andiamo adesso, ti mostro una cosa."

Scendiamo le scale e usciamo fuori, in giardino. Anche il giardino fa parte dei miei posti preferiti in casa. Quando mi siedo sul dondolo, con un libro tra le mani e le cuffiette nelle orecchie, tutto mi sembra sparire.

Ci dirigiamo verso il retro della casa.

"Spero tu abbia portato il costume da bagno!" lo guardo.

"Ovvio, siamo a Los Angeles!" alza le spalle.

Svoltiamo un angolo e gli mostro la piscina. Si ferma di colpo. Mi volto e lo vedo sorridere maliziosamente, mentre avanza lentamente verso di me.

"Oh, no, no, no, no, no, no." dico indietreggiando.

Rapidamente, mi prende in braccio e mi butta in acqua, completamente vestita. Significa che mi ripagherà lui le Vans nuove, se riscontreranno danni.

Risalgo a galla e lo guardo furiosa, ma divertita. Esco fuori attraverso la scaletta, iniziando a rincorrere il ragazzo.

"Me la pagherai, Gilinsky, eccome se me la pagherai!!" iniziamo a ridere, correndo, finché non inciampiamo e cadiamo entrambi in piscina.

Risalendo a galla mi aggrappo a Jack, ma non riesco a farlo affondare. In compenso, riesco ad affondare le mie labbra nelle sue.

ℳessengerDove le storie prendono vita. Scoprilo ora