14. Leo

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15 Novembre 2004

11:35 p.m.

La pioggia non cessò di cadere per un solo minuto quel giorno. Era come se il cielo prevedesse una catastrofe, come se i fiumi d'acqua che scorrevano per le strade di Milano sotto le nuvole nere e cariche dovessero trasportare via la tristezza di quella giornata cupa.

In realtà a Mattia quel tempo piaceva. Amava il rumore delle gocce che cadevano sul pavimento del suo balcone. Guardando fuori dalla finestra della sua camera inspirò un tiro della sua canna e lo trattenne per un po' nei polmoni, mentre il computer sulla sua scrivania riproduceva "Still D.R.E."di Dr. Dre. Una saetta spaccò il cielo e venne riflessa sulle strade bagnate. Milano non si sarebbe addormentata neanche con quel tempo, però il suo quartiere era un'altra storia. Ogni tanto qualche macchina che passava sotto la sua villa si annunciava con il rumore delle ruote sulla strada impregnata, per il resto però il quartiere dormiva. Mattia aprì la finestra, e il suono delle gocce si intensificò. L'aria uggiosa lo investì, provocandogli un sorriso. Prese il telefono e cercò "Cam" tra i contatti preferiti. Si morse il labbro inferiore secco per il nervosismo. L'avrebbe dovuta chiamare? Quel pomeriggio avevano litigato, e lui si era permesso di tirarle uno schiaffo. Si odiava, non se lo sarebbe mai perdonato. Era fatto e arrabbiato per le parole di Camilla. Lei lo spintonò e lui, in un attacco di ira, le fece scrocchiare il palmo della mano sulla sua guancia. Lei pianse, e Mattia si sentì distrutto.

Mentre ripensava a quel pomeriggio, sul suo telefono apparve la scritta "Socio".

"Luca, bello, che fai?"

"Mattia corri subito al mio garage" la sua voce spezzata era accompagnata da urla in sottofondo. Urla di dolore che il riccio aveva già sentito.

"Che cazzo è successo?" il rumore della pioggia intensificò l'ansia del ragazzo, e il vento che entrava dalla finestra, che egli tanto amava, aumentò il gelo che sentiva dentro. Aveva capito.

"Tu vieni"

Correndo sotto la pioggia, Mattia sentì i polmoni bruciare. Non aveva più così tanta resistenza. Non era più così forte, non riusciva a correre o a urlare come prima. La sua voce era diventata rauca e debole. I suoi muscoli si indolenzivano più spesso, quando non era sotto l'effetto della cocaina. Il punto era questo: lui non era più nessuno senza la droga. Quando era pulito si sentiva inutile, un'anima vagante che mentiva a se stessa. "Posso farcela, posso sconfiggere la coca", ma quante cazzate. Non poteva farlo. La coca era ormai parte del suo sangue, doveva iniettarla più volte al giorno e sentirla circolare, dando scosse ai suoi nervi. Era la sua identità.

Vide Luca fuori dal garage e rallentò, prendendo un grande respiro e facendo entrare nei polmoni l'aria uggiosa. Aveva i capelli bagnati e il viso zuppo. Con la manica della felpa cercò di asciugarsi gli occhi, con poco successo. Il biondo lo intimò ad entrare il più velocemente possibile, e appena furono dentro Luca chiuse la serranda.

La scena che si trovò di fronte gli sembrò un deja vu: Leo disteso su una coperta poggiata sul pavimento lurido, con le convulsioni e gli occhi bianchi. I capelli castani del ragazzino erano sporchi, le guance ricoperte della schiuma che usciva dalla bocca. Le sue braccia erano tutte bucate e livide, e il corpo bianco cadavere.

"Che cazzo ha preso?" Mattia urlò contro l'amico, visibilmente scosso.

"Non lo so, è arrivato qui ed è svenuto"

Mattia cercò nelle tasche del ragazzo e trovò della carta argentata. Eroina. Ne aveva assunta troppa. Ma non era sicuro che non avesse assunto anche coca.

Non escludermiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora