15. Non era più quell'uomo.

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Camilla Giuliani

Era ormai notte fonda quando Camilla finalmente si strinse tra le sue calde coperte. Le lenzuola profumate di pulito le provocarono una strana serenità, che durante quella giornata le era stata prosciugata. Pensò se fosse il caso di andare a controllare Mattia sul divano, ma poi si rese conto che doveva riuscire a cavarsela da solo. Troppe volte lo aveva salvato, dimenticandosi di salvare sè stessa.

Cercò di riscaldare il più possibile il suo posto sul materasso, accucciandosi sotto le coperte come quando, da bambina, fuori c'erano i temporali e la luce di fianco al comodino era accesa.

3:50 am

"Ti amo" furono le loro ultime parole dette l'uno guardando negli occhi dell'altra viceversa, prima di saltare sui binari mano per mano, con il fischio del treno che, anche se non era possibile, sembrava urlare di terrore.

Camilla scattò seduta sul letto con il fiatone. Fuori la pioggia fitta batteva contro le serrande e la luce dei lampi attraversava la stanza, prima dell'arrivo del rombo dei tuoni. La bionda prese un bel respiro e si tirò su. Guardò l'orario e sbuffò. Doveva scendere a controllare Mattia.

Con i piedi scalzi sul pavimento uscì dalla sua stanza e scese pian piano le scale. Aveva bisogno di sentire il freddo attraversare la sua pelle. Aveva paura di trovare una scena horror nel suo salone. Ad ogni scalino immaginò qualche dettaglio in più. Un coltello, il braccio decadente, gli occhi spenti, i lampi che illuminavano la pozza di sangue. Arrivata all'ultimo scalino si disse che era una stupida e che doveva essere coraggiosa.

Nel salone nulla sembrava fuori posto. Mattia era sul divano in pelle che dormiva a pancia in giù sotto il piumone e il plaid di scorta. Camilla tirò un sospiro di sollievo e si avvicinò a lui.
Dio, se era bello.
Aveva i capelli scomposti e la fronte un po sudata. La sua bocca era semiaperta e le labbra rosse e carnose, come lo erano 11 anni prima. Era pallido per la luce della luna che gli illuminava il viso. Sembrava stesse facendo sogni tranquilli, e questo rasserenò Camilla. Si sentiva, in quel momento, come se il tempo non fosse mai passato.
Lei della disperazione di Mattia ci si nutriva. Più era complicato, più aveva bisogno di aiuto, più in lei cresceva il desiderio di amarlo ancora. E amarlo fino a star male, fino a distruggersi reciprocamente. Era lo stesso desiderio di quando era ragazzina. Era il motivo per cui, nonostante tutto, lei non lo aveva mai dimenticato.

D'un tratto Mattia aprì gli occhi, impedendo a Camilla di formulare ulteriori pensieri.

Mattia Scaglioli

Non si spaventò affatto di trovarla lì, poiché era la conclusione perfetta del suo sogno. Non ricordava molti particolari, però ricordava le sue gambe ed una palma. La schiena di lei era poggiata all'albero, i capelli al vento. Sentì il rumore del treno, e, consapevole che quello fosse solo un sogno, decise di svegliarsi, per non dover più ascoltare quel fischio assordante.

Gli occhi di Camilla lo fissavano, inespressivi.

"Mattia, scusa, non volevo svegliarti. Dormivi così bene"

"Non preoccuparti, non è stata colpa tua"

"Mat, sai che dovremmo parlare di oggi vero?"

Si, dovevano. Di quella serata Mattia si ricordava ben poco. Succedeva quando era sbronzo, quando era stanco, ma soprattutto quando il suo passato ripiombava nel suo presente.

"È tutto ok, io starò bene" si tirò finalmente su, fino a sedersi di fianco a Camilla. Si prese la testa fra le mani, strinse i palmi contro gli occhi chiusi e portò i ricci dietro la fronte.

"Dovresti avvisare tua moglie" all'improvviso Mattia sentì stringersi lo stomaco. Lui aveva una moglie, non era Camilla e non avevano più 16 anni. Annuì, finalmente essendosi reso completamente conto di essere tornato alla realtà. Hilary era la sua realtà.

"Devo andare" si alzò velocemente, evitando di guardarla negli occhi. Prese la sua felpa e la giacca, si mise le scarpe e prese le chiavi della macchina.

Merda, la macchina.

"Cam, la mia macchina?" le chiese dolcemente, tornando a guardarla. Lei sembrava non capire cosa stesse succedendo, ma non fece ulteriori domande.
"Mi dispiace ma è ancora lì credo" gli sorrise.
Lui annuì.
"Prenderò un taxi" disse avviandosi verso la porta. Prima di aprirla prese un bel respiro, si voltò e sussurrò un debole "Grazie" con così tanta gratitudine che lasciò, in Camilla, ancor di più la voglia di salvarlo. Ancora.

Camilla Giuliani

Quando Mattia sbatté la porta del suo appartamento, Camilla si sentì sola. E non accadeva spesso. Sapeva badare a se stessa, sapeva essere lei l'ancora della sua vita. Eppure in quel momento si sentì sola, con la luce della luna che filtrava dalle finestre, l'odore del legno e di pulito, il silenzio di chi è rimasto solo.

Non escludermiDove le storie prendono vita. Scoprilo ora