«Dai, Yama, vieni!» Eh? A parlare era stato un ragazzo. Un bambino, in verità, di quelli non abbastanza grandi per andare in giro da soli né abbastanza piccoli per restare sempre attaccati ai propri genitori. Agitava le braccia nella sua direzione, saltellando come se temesse di non essere visto, in quella radura erbosa. «Yama, dico a te! Ma che hai?» Ma cosa...? Stava parlando con lui? Lui non si chiamava Yama, si chiamava... La consapevolezza di non ricordare chi fosse gli fu schiaffeggiata in faccia dal nuovo richiamo del bambino: «Yama, non abbiamo tempo! Voglio raggiungere la prossima città prima di sera. Vieni qui!» Gli si avvicinò a grandi balzi. No. Cosa vuole da me? Che mi è successo? Provò a fuggire, a cercare riparo da qualche parte. Nessun nascondiglio, solo una distesa interminabile di erba umida, il cui odore, reso penetrante e fastidioso dalla concentrazione, turbinava continuamente attorno a loro, sospinto da un vento leggero, quasi gentile al tocco, ma gelato. Tutto lasciava intuire che avesse piovuto da poco. Un sole rossiccio stava pigramente tramontando all'orizzonte, attorniato dalle uniche formazioni nebulose presenti in un cielo che tendeva sempre più al blu scuro. Non c'era un singolo albero, né sasso, né niente. Solo lui e quel bambino, sperduti nel verde. Dove sono? Non riusciva a capacitarsene, ed un fiume di pensieri ruppe gli argini, inondandogli la mente di timori e dubbi. Cosa gli era successo? Chi era? E cosa voleva quel bambino? Il bambino! Ricordò troppo tardi di doversi allontanare dall'ometto in jeans blu, maglietta nera e bandana a scacchi che, zaino in spalla, ormai era ad un passo da lui. Tentò un'ultima volta di guardarsi intorno, quindi si abbandonò scoraggiato all'inevitabile, qualunque esso fosse. Non aveva certo motivo di temere un bambino, eppure sentiva di aver dimenticato qualcosa d'importante, e in quel qualcosa quell'essere umano era presente. Un ricordo antico, di tempi che furono e mai ritorneranno, cancellati dallo scorrere di un tempo lento e implacabile... Oh..., si disse d'un tratto. Ma certo... Lasciò che il ragazzino gli si avvicinasse, lo cingesse in un cauto abbraccio, quasi avesse paura di romperlo, e lo portasse in braccio. Ma certo..., ripeté nuovamente in un sussurro, e quella semplice affermazione intorpidì tutto il suo corpo, mentre calde memorie di tempi andati, pian piano, riaffioravano nella sua coscienza, danzavano allegre, poi di nuovo sparivano, lasciandolo solo a contemplare il blu sopra di sé, ondeggiando tra le braccia calde del ragazzino. Anche solo per un po', voleva sentirsi cullato. Voleva potersi addormentare, e al risveglio dimenticare di nuovo tutto, ricominciare una vita ignara, senza avere la minima consapevolezza di ciò che era stato... e ciò che era adesso. «Ok, attento, Yama. Dobbiamo saltare.» esclamò allegro l'ometto in jeans, balzando mentre pronunciava le ultime sillabe. Guardò con la coda nell'occhio il terreno sotto di sé. Una grossa pozzanghera si stendeva in un incavo del terreno, e rifletteva le gambe agili del ragazzo. E lì si vide in volto. Ma certo... Non avrebbe mai dimenticato. Mai avrebbe potuto ricominciare una vita normale. Avrebbe avuto coscienza del sé passato, grande e splendente, e del suo nuovo involucro, sarcofago della sua anima immeritevole di così tanto dolore. Nel vento sempre più gelido della prima sera, una lacrima calda e solitaria bagnò l'erba, perdendosi tra le gocce di pioggia.
562: Yamask
Nero: La maschera che indossa è il volto che aveva quando era un umano. A volte si mette a piangere mentre la guarda.
Bianco: È nato dagli spettri che riposano nelle antiche tombe. Conserva la memoria del tempo che fu.

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CREEPYPASTA 2
HorrorEcco a voi il continuo del libro ☆ Creepypasta ☆ ^.^ Il libbro fatto apposta per coloro che amano le storie HORROR e le CREEPYPASTA: oltre a ciò due piccole serie: -LE TOP 5 PIÙ INQUIETANTI -I POSSESSORI (una serie horror) Ps. Non tutte le storie...