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Quella dannata sveglia suonò ancora segnando l'inizio di una nuova settimana.
La spensi cercando alla cieca il timer sul comodino, mi strofinai gli occhi, sbadigliai e con la poca forza che avevo in corpo mi alzai e filai dritta in doccia, dove finalmente, l'acqua fredda mi svegliò del tutto.
Una volta uscita dal bagno presi un jeans nero e una semplicissima camicetta bianca dall'armadio, le infilai più velocemente possibile e una volta pronta mi fiondai in salone dove trovai mio padre e Alexander già pronti per uscire di casa, presi un waffle e lo mangiai di fretta.
Salimmo in macchina e durante tutto il tragitto sentii il mio stomaco brontolare.

Una volta arrivati, impiegai 10 min per trovare l'aula, e dopo vari giri del campus e indicazioni varie, fornite da altri studenti, finalmente la trovai. Per fortuna la lezione non era ancora inziata e i banchi erano quasi tutti vuoti, mi andai a sedere nella seconda fila e in pochi minuti l'aula si riempì e il caos regnò sovrano.
Appena il professore entrò la situazione si ridimensionò e tutti improvvisamente divennero muti.
Il professore era di Filosofia e, a quanto pareva era amante dell'etica di Aristotele, iniziò a spiegare proprio quando qualcuno bussò alla porta, che con uno scatto si aprì.
Una volta varcata la soglia, Jace, si sedé al banco a fianco al mio non degnandomi di uno sguardo.
Anche qui ora? Non è già abbastanza stressante la situazione tra me e lui? Pensai.
Provai a seguire la lezione anche se con grandi difficoltà a causa della sua vicinanza e quando finì mi catapultai letteralmente fuori dalla classe evitando di guardarlo troppo e cercando di non dargli soddisfazioni.
Pericolo scampato, pensai entrando in un'altra aula e facendo un sospiro di sollievo.

Terminate le lezioni, cercai il telefono nella borsa nel tentativo di chiamare Sophie, ma andai a sbattere contro qualcuno, e il cellulare mi cadde dalle mani, alzai gli occhi e vidi Gabriel. Non era molto più alto di me e potevo vedere tranquillamente i suoi tatuaggi astratti che spuntavano dal colletto della maglia nera.
«Cat, scusami, non ti avevo visto» esordì lui raccogliendomi il telefono da terra e porgendomelo.
«Non ti preoccupare» dissi riprendendolo in mano. «Scusami tu» conclusi.
«Stavi provando a chiamare Sophie?» chiese indicando il telefono.
Annuii lentamente provando a ricomporre il numero.
«Non risponderà, conoscendola si starà finendo di fare la doccia. Mi dovrebbe raggiungere al Brewed tra una ventina di minuti, vuoi venire con me?»
«Brewed?» chiesi.
«Si, il Pub dove ci hai conosciuto, ricordi?» ribadì lui, facendomi tornare alla mente gli eventi di quella giornata.
«Oh, si si ricordo.» risposi provando a scacciarli.
«Allora, vuoi venire?»
«Va bene» dissi sorridendo.

Uscimmo dal campus e con la macchina, a causa del traffico, arrivammo in dieci minuti. Ci sedemmo e aspettammo che arrivasse Sophie parlando del più e del meno e dei corsi che entrambi frequentavamo al campus. Gabriel era molto simpatico ed educato, era piacevole la sua compagnia, un po' meno la musica che ascoltava e che mi aveva rotto i timpani durante tutto il viaggio. Pensai.

«Cat! Non pensavo venissi anche tu!» urlò Sophie abbracciandomi da dietro.
«Però dobbiamo parlare noi due» continuò tornando seria. «Te la rubo giusto per un po' Gabriel» concluse prendendomi per una mano e portandomi fuori dal locale.

«Sophie che è successo?» le chiesi preoccupata.
«Ho sentito Jace parlare con Scott di te oggi..»
«Di me?» chiesi spalancando gli occhi.
«Già di te Catherine. Sta venendo qui, ora, te la senti di rimanere?» chiese mettendomi una mano sulla spalla.
Perchè mi chiedeva se me la sentivo? Sapeva cosa era successo? Jace ne aveva parlato? Troppe domande mi frullavano per la testa e quando riuscii a formulare una risposta da dare a Sophie, fu troppo tardi, e vidi arrivare a passo svelto Emily e Scott seguiti da Ashley e Jace appiccicati il mio cuore perse un battito.

                                       ***

Dopo aver passato un intero pomeriggio a sentir parlare di tatuaggi, feste, alcol, tipe, e evitando di guardare Ashley strusciarsi contro Jace per tutto il tempo, il mio cervello era ormai fuori gioco e il mio cuore ormai ammattito.
La tristezza si impadronì di me e rese la cena ancora più noiosa e seccante di quanto già potesse essere.
Sistemata la cucina mi feci una doccia veloce e mi buttai sul letto con lo scopo di leggere, ma fui interrota dalla porta che si aprì mostrandomi mio fratello con una vaschetta di gelato e con due cucchiaini in mano.
«Alex!» dissi chiudendo il libro e poggiandolo sul comodino.
«Ne vuoi un pò?» chiese agitando la confezione per poi sedersi accanto a me sul letto.
«Si, grazie.»
«Ti va di parlarne?»
«Parlare di che?» chiesi un po' preoccupata. Non mi andava di affrontare l'argomento, parlavo di tutto con Alexander, ma quello che riguardava Jace non era una cosa semplice da spiegare. Cosa avrei dovuto dirgli?
Che questo ragazzo mi fa andare fuori di testa anche con un semplice sorriso, che mi fa credere in qualcosa in cui spero ardentemente e che poi con un solo pomeriggio spazza via ogni mia speranza.
Mio fratello non mi avrebbe riconosciuto.
«Che hai Cat?» chiese facendomi tornare alla realtà.
«Niente Alex, perchè?»
«Sei spenta oggi, ti vedo strana, è successo qualcosa? Ne vuoi parlare?» tutte quelle domande da parte sua mi confondevano.
«Alex sono solo stanca, non è successo niente» risposi portandomi alla bocca un pò di gelato. «Lo sai che con me puoi parlare di qualsiasi cosa.» disse provando a estorcermi qualcosa.
«Lo so Alex, lo so, ma non è niente» mentii.

Alex fortunatamente cambiò discorso e dopo il racconto dettagliato della sua giornata scolastica, i miei occhi iniziarono a girovagare per la stanza, dando poca importanza ad Alex che invece sembrava molto preso nel raccontarmi  la lezione di Psicologia.
Sentii dei rumori provenire da fuori e spalancai gli occhi quando vidi una sagoma scura che iniziò a battere sul vetro della finerstra, Alex si alzò prima che potessi farlo io e scostando la tenda mi rivelò il viso di Jace segnato da lineamenti duri.
«Cat?» disse Alex puntandolo con l'indice in modo accusatorio.
Per non sbilanciarmi troppo annuii soltanto e mio fratello dopo aver aperto la finestra in modo da farlo entrare mi lasciò un bacio in fronte e uscì dalla camera richiudendo la porta alle sue spalle.

«Che ci fai qui?» chiesi a Jace alzandomi in piedi e buttando la vaschetta di gelato, ormai vuota, nel cestino sotto la scrivania.
«Non posso venire più a trovarti?» ribatté lui.
«La tua ragazza è al corrente di queste visite che mi fai?» chiesi, nel tentativo di capire, dalla sua risposta, qualcosa in più sulla situazione tra lui e Ashley.
«La mia ragazza?» disse aggrottando la fronte «Se ti riferisci ad Ashley lei non è la mia ragazza» concluse lui scoppiando in una risata.
«Ah, ok.» risposi freddamente, provando a non pensare al nervoso della sua risatina al contempo contagiosa.
«Ti annoiavi vero? Intendo, prima che arrivassi» chiese avvicinandosi a me con un ghigno malefico sul volto.
Ero un fascio di nervi e il suo comportamento mi irritava alquanto.
«In reatà stavo molto meglio prima che arrivassi tu» sbottai, pentendomene subito.
«Non sei brava a dire le bugie, te lo ripeto Catherine.»
«Allora se mi capisci così bene dovresti sapere che mi innervosisci molto quando fai così.»
«Lo so eccome» rispose leccandosi le labbra. «E so anche che mi vuoi» concluse mordendosi il labbro inferiore.
Quel gesto sembrò scacciare via il nervoso dal mio corpo e mi fece desiderare per l'ennesima volta le sue labbra sulle mie.
«Sei odioso, lo sai?» dissi mostrando un piccolo sorriso.
«E questo ti piace.»
«Oh, smettila di essere così presuntuoso e arrogante!» dissi alzando un pò troppo la voce ma ridendo per l'imbarazzo.
«Shh Cat, abbassa la voce, mi farai ammazzare da tuo padre così.» disse seriamente preoccupato e con l'indice ancora premuto sulle mie labbra per farmi stare zitta.
Lo guardai ma non dissi nulla e quando i nostri occhi si incrociarono, improvvisamente, si ritrasse staccandosi da me.
«Che sei venuto a fare qui a quest'ora?» chiesi a Jace mentre dondolava sui talloni.
«Non avevo niente da fare e pensavo che volessi un po' di compagnia» rispose lui.
«Che pensiero carino» dissi ironicamente.

Volevo compagnia si, soprattutto dopo la giornata che avevo passato e lo stress piscologico che mi ero inflitta, ma l'unica cosa che mi serviva in quel momento era una persona con il quale sfogarmi e parlare tranquillamente e Jace era la persona meno adatta dato che la maggior parte del mio stress era dovuto a lui e ai suoi comportamenti incostanti e scostanti.

«Ti va di vedere un film?» chiese Jace prendendo il computer dalla scrivania e sedendosi sul letto, come sapesse già la mia risposta.
«Vorrei dormire, sai, domani ho lezione alle 9.00» dissi sbadigliando.
«Fai come me, salta le lezioni domani» suggerì Jace.
«Non ci penso proprio e poi per fare cosa? vedere un film?»
«Per vedere un film con me» ribadì lui, con gli occhi fissi su di me facendo sciogliere il mio cuore.
«Allora, vediamo questo film» dissi una volta essermi arresa. «Ma domani come vado a lezione io ci vai anche tu, ok?» dissi cercando un compromesso e stendendomi sul letto accanto a lui per vedere il computer che teneva sulle gambe.
«Vedremo» disse lui facendo partire il film.

'Le pagine della nostra vita' l'avrò visto almeno una decina di volte e ogni volta finivo sempre con il piangere ma questa volta verso la metà del film non riuscii a trattenermi e i miei occhi si chiusero facendomi cadere in un sonno profondo.

La mattina dopo quando la sveglia suonò e aprii gli occhi mi resi conto di avere la testa appoggiata al petto di Jace e il suo braccio intorno alle mie spalle.
Cazzo!
«Jace, svegliati subito!» dissi scuotendolo leggermente.
Era bello anche di mattina e quei capelli scompigliati erano ancora meglio del solito.
Mugolò un po' ma dopo qualche minuto vidi i suoi occhi aprirsi leggermente.
«Oh cazzo! Ho dormito qui?» chiese lui saltando, letteralmente, giù dal letto.
«Già muoviti, esci da qui il prima possibile Jace!»
«Ti passo a prendere per andare al campus?» chiese lui prima di aggrapparsi all'albero.
«Non ce n'è bisogno Jace, ci vediamo lì, ma ora vai e stai attento, non farti vedere.»

Chiusi velocemente la finestra del balcone alle mie spalle senza permettere a Jace di rispondermi.
Andai velocemente in bagno, mi feci una doccia calda, e decisi di prendermi qualche minuto in più per assimilare meglio l'accaduto.

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Fatemi sapere cosa ne pensate! :)

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