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«Ciao Cat» continuò Jace con tutta tranquillità.
«C-ciao Jace» dissi balbettando.
La situazione era imbarazzante, e mentre mio padre e Jace continuavano a parlare senza considerarmi, sgattagliolai di sopra rifugiandomi in camera mia.
Sistemai il letto, tirando su le coperte, e mi ci buttai sopra provando a non pensare che Jace era proprio al piano di sotto.
Bussarono alla porta che si aprì lentamente, rivelando Jace dall'altra parte.
I suoi occhi si posarono all'istante su di me, feci lo stesso e vidi i suoi lineamenti distentersi poco a poco rivelando un grande sorriso.

«Vuoi venire con me?» chiese facendo un passo avanti e chiudendosi la porta alle spalle soffocando una risata.
«Perchè ridi» chiesi mettendomi seduta.
«Niente, lascia stare.»
«Dimmelo altrimenti non vengo da nessuna parte con te» ribattei seccata.
«Sei fastidiosa, lo sai?»
«Si.»
«Dai vieni» disse allungando un braccio.

Mi alzai e gli andai incontro, senza capire il perchè. Eravamo vicini, fin troppo vicini, ma qualcosa in lui mi attraeva sempre più, forse quell'aria seria, quel corpo bellissimo, o quel sorriso amaro.
Sentivo il suo cuore battere piano mentre il mio, al contrario, batteva forte nel petto come volesse uscire dal mio corpo.
Il mio respiro divenne più irregolare non appena lo vidi mordersi il labbro e agguantarmi con un braccio dietro la schiena spingendomi forte contro il suo corpo.
Un calore pervase il mio corpo e lui sembrò accoggersene così da stringermi sempre più a lui.
Ormai eravamo a pochi centimentri di distanza e temevo il peggio, mi staccai da lui allontanandolo proprio come volevo fare io con i miei pensieri, senza nessun risultato.
Cosa mi sta prendendo?
Da quando è entrato nella mia vita, nulla è più chiaro per me.
Non avevo più il controllo della situazione, avevo paura, paura che mi facesse soffrire.

L'ansia prese il sopravvento e non riuscii a non cacciarlo fuori dalla camera, lui non ribbattè ma i lineamenti del suo viso divennero duri e i suoi occhi si spensero.
Chiusi la porta e mi sedetti per terra stringendomi le mani tra i capelli, nel tentativo di capire che cosa mi prendesse. I pensieri che affollavano la mia testa non mi davano la possibilità di ragionare lucidamente ma non potevo permettergli di farmi questo.
Feci respiri profondi e dopo pochi minuti scesi di corsa in salone sperando di trovarlo ancora in casa. Ed era proprio li sul ciglio della porta intento a salutare mio padre.
«Ho cambiato idea vengo con te» urlai attirando la sua attenzione.
Scesi le scale e sorpassai in fretta mio padre in modo da non fargli vedere la mia espressione imbarazzata e incerta, su quello che stavo facendo.

Ci allontanammo da casa, raggiungendo la macchina parcheggiata un isolato più in là. Entrammo e Jace guidò restando in silenzio.
«Dove andiamo?» chiesi a bassa voce.
«Cambio di programma» rispose.
«Perchè?»
«Si è fatto tardi» disse in tono accusatorio.
Non risposi per evitare di creare ancora più problemi, ma la tensione si percepiva nell'aria. Sembrava arrabbiato con me, ma se lo fosse stato perchè mi avrebbe permesso di venire comunque con lui? Non che io gli abbia lasciato altra scelta. Pensai.

Ci fermammo davanti ad una casetta molto carina fatta in muratura che guardai attentamente, era circondata su tutti i lati dal porticato con il pavimento in cotto, e quando intravidi una piscina sul lato destro della casa spalancai gli occhi.
Capii che la casa era di Jace soltanto quando tirò fuori le chiavi dalla sua tasca facendo aprire con un semplice bottoncino l'enorme cancello automatico che dava sulla strada.
Entrammo e una volta parcheggiato Jace scese velocemente e io feci lo stesso, seguendolo in silenzio mentre attraversavamo l'enorme giardino.

«Come mai hai cambiato idea?» chiese fermandosi improvvisamente e girandosi verso di me.
«N-n-non lo so, ho semplicemente cambiato idea» risposi tenendo gli occhi bassi.
La sua domanda mi aveva completamente preso alla sprovvista e formulare una risposta per me fu più complicato di quello che pensavo.
«Pensavo di averti intimorito così tanto da non volermi più vedere.» continuò lui.
«No, non è così» risposi.
«E come stanno le cose in realtà Cat?» mi chiese facendo un passo verso di me.
Non risposi, il mio corpo sembrava essere paralizzato e ad ogni passo che faceva in avanti sentivo i battiti accellerare.
«Come pensavo» continuò lui. «Ora sei disposta a entrare con me in acqua?» mi chiese indicando l'enorme piscina a pochi metri di distanza da noi.
«No, non ci penso neanche!» risposi alzando la voce.
«Penso che tu me lo deva Catherine» disse lui tirandomi per un braccio.
«Non ti devo proprio niente Jace, lasciami in pace!» ribbatei seccata liberandomi dalla sua presa.
«Non ti ho costretta io a venire qui con me» affermò lui in tono autoritario.
«Ora se vuoi rilassarti un po' entra con me altrimenti fai come vuoi» concluse togliendosi la maglietta e slacciandosi i pantaloni.

Mi ricorderò per sempre di teDove le storie prendono vita. Scoprilo ora