6.

12.5K 704 53
                                    


Quando, alle quattro e trenta del mattino, la sveglia di Jeremy prese a strillare nell'appartamento, anche il gatto si svegliò di soprassalto, scendendo velocemente dal letto per andarsi a rifugiare chissà dove.

Jeremy saltò letteralmente in aria. Con Ally aveva fatto tardi, aveva bevuto troppo e mangiato schifezze, ergo, era riuscito a dormire solo un paio d'ore e, ne era sicuro, sarebbe stata ancora più dura sopportare un viaggio con Brett Woods in quelle condizioni.

Con una lentezza disarmante, si alzò dal letto, abbandonandone il tepore, per dirigersi verso il bagno. Senza neanche curarsi di abbandonare il pigiama nella cesta dei vestiti, si spogliò lungo la strada, fino a mettere la testa sotto l'acqua calda e rimanere un bel po' di minuti sotto la sicurezza del getto a cascata della sua doccia.

Non poteva credere a quello che gli stava succedendo. Era stato tutto estremamente veloce e, l'unica persona con cui avrebbe potuto prendersela, era se stesso, perché aveva accettato quella maledetta intervista anche se sapeva che non avrebbe fatto al caso suo.

Ally aveva preparato anche l'outfit per la partenza, consistente in un jeans blu scuro, abbastanza aderente da sottolinearne le forme sode e una t-shirt bianca, con scollo a V da indossare sotto un maglione nero che avrebbe sicuramente tolto una volta messo piede nella calda Las Vegas.

Le scarpe, modello Oxford, marroni in pelle, completavano il tutto e, i capelli castani e scompigliati, erano perfettamente in pendant, dandogli quell'aria da intellettualoide che, in fondo, lui stesso odiava.

Alle sei, puntualissimo, dopo aver dato una generosa quantità di croccantini a Kalos e lasciato qualche carezza in più, Jeremy si avviò verso l'uscita del suo palazzo, attendendo l'auto nera che non tardò ad arrivare.

Un uomo in divisa, con tanto di cappellino e guanti bianchi, scese per prendere i suoi bagagli e gli aprì la portiera posteriore, facendolo accomodare.

«Buongiorno.» la voce calda di Brett fece il suo ingresso nella mente di Jeremy in maniera inaspettata. Era convinto che l'avrebbe trovato direttamente in aeroporto e invece, era proprio là, in carne ed ossa, in tutta la sua splendida bellezza con una semplice camicia chiara e un pantalone abbinato.

Jeremy rimase qualche secondo a fissarlo, probabilmente con la bocca semiaperta e un leggero rossore sulle guance.

«Buongiorno.» mormorò in risposta, con tutto il coraggio che gli era rimasto.

«Pensavo ci saremmo visti in aeroporto.» continuò.

Straparlava quando era nervoso.

«Cosa te lo ha fatto pensare?» proferì Brett, senza neanche guardarlo in faccia.

L'uomo, infatti, era preso dal suo laptop per degnarlo di considerazione.

Jeremy sapeva che era il suo modo per fargli capire di non essere proprio la sua persona preferita.

Sbuffò leggermente, portando lo sguardo verso il finestrino e mantenendo uno strano silenzio per tutta la durata del viaggio fino all'aeroporto, intervallato solo dal rumore della tastiera del pc di Brett, già in piena attività lavorativa.

«Signori, siamo arrivati.»

L'elegante auto si fermò davanti alla sezione "partenze private" del JFK.

Ovviamente, avrebbero preso il jet privato di Brett per raggiungere Las Vegas e Jeremy, non rimase sorpreso più di tanto.

Dopo una breve trafila burocratica, i due raggiunsero un'elegante sala d'attesa con divani color crema e marmo chiaro per pavimento. Le hostess, agghindate con tailleur bordeaux, si muovevano sinuose tra le varie personalità presenti in quella sala, regalando sorrisi e chiedendo se desiderassero bere o mangiare qualcosa, nell'attesa.

BalanceDove le storie prendono vita. Scoprilo ora