3.

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"Work" di Rihanna risuonava nel privè del locale mentre Brett, guardandosi intorno, mimava una smorfia di disgusto ingollando il terzo bicchiere di Jack Daniel's in poco meno di venti minuti.

Reggeva bene l'alcol, e amava berne grandi quantità, soprattutto quando si vedeva costretto a presenziare ad eventi di spicco, come in quel momento.

Quella sera, infatti, proprio nel suo locale, i personaggi più influenti del Jet Set newyorkese si erano incontrati per far festa, essendo nel pieno del week end e nel centro della vita della city.

«Woods! Che piacere!» proferì una delle attrici del momento. Brett era ben conosciuto dai vip della Grande Mela, non solo per il Flume, ma anche per gli altri locali sparsi nella città e un hotel con casinò a Las Vegas, di cui era co-proprietario con il suo socio, Chris Bennett.

I lunghi capelli biondi della donna si muovevano lungo la schiena, sottolineando l'apertura posteriore dello striminzito abito rosso paillettato e, Brett, adesso ancora più infastidito dall'alito alcolico che usciva dalla bocca ella donna a causa della sua vicinanza esagerata e la parlata, a suo dire, sexy, si stava trattenendo dallo spingerla al piano di sotto, dove la folla del sabato sera ballava senza rendersi conto di ciò che avveniva sopra la propria testa.

«Genevieve.» mormorò, tirandosi palesemente indietro senza curarsi della reazione della donna, dandole poi le spalle per dirigersi nuovamente verso il bar fornito.

Nonostante il suo aspetto indicasse tutto fuorché la voglia di conversare con qualcuno, erano tante le personalità, più o meno famose, che gli si avvicinavano con la scusa di un saluto. Nella sua carriera aveva conosciuto tanti leccapiedi che non esitavano ad abbassarsi a falsi complimenti o atteggiamenti di benevolenza, anche solo per garantirsi sempre un pass per entrare nei suoi locali. Brett era di certo abituato, dopo tanti anni in questo ambiente e, per certi versi, non poteva di certo lamentarsi se il suo locale era divenuto punto di ritrovo di tante persone famose. Come si suol dire, non si può di certo disdegnare il piatto in cui si mangia e l'uomo, imprenditore fino al midollo, aveva lavorato a lungo sulla sua fortuna. Senza i vip che puntualmente affollavano il suo locale nei week end, non ci sarebbero state entrate e, anche se in quel momento avrebbe di gran lunga preferito essere altrove, mimò comunque falsi sorrisi a chiunque lo meritasse. Ormai il Flume aveva la sua fama e l'imprenditore non aveva bisogno di giochetti per mantenere alto il suo nome, senza contare che aveva guadagnato abbastanza da poter mantenere con un altissimo stile di vita almeno due generazioni, ma tutto quello che era riuscito a costruire negli anni, l'aveva fatto per passione e per ben altri motivi che lo spingevano ad andare avanti sempre e comunque, senza mai dimenticare, però, le sue radici.

All'ennesimo bicchiere di whisky, si rese conto che la sua mente continuava a rimuginare su ciò che era successo il giorno prima, con quel maledetto giornalista dal viso d'angelo e la lingua lunga.

Non riusciva a credere che quel piccolo stronzetto avesse osato toccare un tasto tanto dolente e gli prudevano le mani al sol pensiero di quello che avrebbe voluto fare con quel bel faccino.

La cosa che, però, più lo rendeva nervoso, era il fatto che, in fondo, con Jeremy Brenner, non si sarebbe trattenuto al mero rapporto professionale. Da quando l'aveva visto entrare nel suo ufficio, con il passo sicuro e il corpo sinuoso nascosto sotto la giacca di tweed grigio chiaro, aveva capito subito che gli avrebbe portato guai. I capelli castani, scompigliati come se si fosse appena alzato dal letto e le spalle larghe, in totale contrasto con quel corpo asciutto, lo portarono a ben altri pensieri, leggermente lontani da un'intervista. Il profumo di pulito, come se usasse un qualche borotalco e le mani curate, gliel'avevano fatto desiderare ma, più di tutto, quegli occhi verdi e brillanti, come gocce di rugiada sulle foglie di primavera, gli avevano fatto mancare il respiro per qualche secondo.

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