Giorgia (Pt.1)

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Giovedì 20 ottobre 2016

Giorgia era forse la persona più intelligente che esistesse sulla terra. Semplicemente, a volte, quest'intelligenza veniva offuscata da diversi fattori: stanchezza, presunzione, tristezza, amore.
Come avrebbe voluto essere una di quelle sue macchine, senza sentimenti, senza problemi.
Se ne stava nel suo laboratorio, concentrata nei suoi progetti: il laboratorio era situato nello scantinato della sua casa.
O meglio, della casa di sua nonna.
I suoi genitori erano morti due anni prima, in un incidente stradale. Così, era andata a vivere dalla nonna paterna.
Il trasferimento non era stato facile: nuova città, nuove persone, nuove abitudini. Quando viveva a Venezia era tutto più calmo, mentre da quando si era trasferita a Roma, frenesia era diventato il suo secondo nome.
La casa di sua nonna era un'ampia villa in stile vittoriano, collocata in un grande giardino un po'mal tenuto, pieno di fanghiglia e foglie secche. Era composta da due ale, una della quali sua nonna aveva completamente abbandonato a sé stessa.
Lì, c'era l'entrata nello scantinato. Giorgia si era data da fare e l'aveva ripulito per bene, installandoci buona parte della sua roba.
Sua nonna l'aveva vista portare dentro i computer un paio di volte, ma la ragazza credette che anche se sua nonna fosse stata a conoscenza del suo piccolo "covo segreto", non le avrebbe detto nulla.
Lo scantinato era un'ampia stanza che Giorgia aveva trovato completamente vuota, e che stava iniziando a diventare quasi abitabile: alle pareti erano appoggiati lunghi tavoli pieni di fogli e aggeggi elettronici che tanto amava.
Quel pomeriggio, se ne stava li, concentrata sulla costruzione di una microspia da infilare tra i capelli.
Sospirò, portandosi lentamente una mano tra i capelli. Osservò i circuiti che aveva davanti, illuminati dalla luce calda di una lampadina lì accanto: c'era qualcosa di sbagliato.
Afferrò una bottiglietta d'acqua e il cellulare: erano le 19:34.
Provò a chiamare Laura, ancora una volta.
Non capiva perchè non le rispondesse, dopo tutto. Era lei che non si era fatta sentire tutto il pomeriggio. Oggi aveva saltato scuola, come spesso succedeva ultimamente: era stanca, troppo.
E da quella mattina, aveva provato incessantemente a chiamare Laura.
Forse dieci, cento volte, non lo sapeva nemmeno lei.
Le mancava.
Moltissimo.

Il giorno dopo Giorgia si svegliò molto presto, sperando di incontrare Laura all'entrata si scuola.
La trovò a un angolo dello spazioso cortile, circondata da Valeria, Marta, Miriana e Matteo.
-Ehi...
Provò a dire, guardando il gruppetto.
Si girarono verso di lei, guardandola con un espressione tra la paura e a rabbia.
-Ehi.
Laura sembrava sul punto di esplodere.
-Grazie per avermi quasi ucciso ieri.
E grazie per aver ucciso Marta ovviamente.
-Cos... ma di che parli?
Giorgia li guardò confusa.
-Sta lontana da noi.
Disse Valeria.
-Forse saremo i prossimi a morire, ma appena avremo prove a sufficienza sarai sbattuta in galera, e spero butteranno la chiave.
Laura pronunciò quelle parole con ira, poi si girò, e, insieme al gruppo, se ne andò.
Giorgia rimase lì, senza parole.
Le era appena crollato il mondo addosso.
Di che stava parlando?
La ragazza afferrò velocemente il cellulare, digitando un numero sullo schermo.
-Ehi...
Abbiamo un problema.

Quel giorno, a scuola, successero parecchie cose strane.
Prima di tutto, Matteo.
Qualcuno aveva appeso a scuola un discreto numero di volantini su ogni parete con la sua faccia e la scritta "ricercato".
Non era stato bello.
Lo vedevi camminare per il corridoio, mentre tutti, compresi i professori, gli lanciavano occhiatacce.
Poi, a metà corridoio, qualcuno tra la folla gli urlò uno sbiascicato: "Assassino".
Si vedeva il suo imbarazzo, ma non riuscì a dire nulla. Nessuno riuscì a dire nulla.
Solo la professoressa Cinti, libri in mano, uscì dalla classe, spalancando la porta.
-Allora? Nessuno ha lezione a quest'ora?
Prese Matteo per una spalla, conducendolo verso la classe.
-Ora, se permettete...
Si rivolse a tutti i professori che erano rimasti lì impalati.
-Avrei una lezione da fare ai miei alunni.
E detto così, lasciò entrare noi altri e richiuse la porta.

Le ore di lezione passarono abbastanza tranquille. Appena suonò la campanella della ricreaziore Giorgia provò ad avvicinarsi nuovamente a Laura.
-Laura io...
La ragazza gli lanciò uno sguardo furente.
-Posso provarti che ieri sono stata tutto il giorno con una persona. Non avrei potuto preparare tutto ciò che è successo.
-E come fai a sapere ciò che è successo?
La ragazza sorrideva tristemente, come se l'avesse appena messa in trappola.
Giorgia le mostrò il suo cellulare.
-È sui telefoni di tutti.
Sullo schermo, era riprodotto il video dell'incendio del centro commerciale, con i corpi senza sensi di Ludovica e Laura poggiati lì.
Lei sembrò indugiare un istante.
-Non so se posso fidarmi di te.
Disse gelida a Giorgia.
-Fammi parlare con questa persona.
-Veramente... ora non è qui.
Laura la guardò con delusione, si girò, e andò vero la porta.
Quel giorno, non si era seduta accanto a lei.
Aveva perso l'unica amica che aveva.
Aveva perso l'unica persona a cui teneva veramente.
Giorgia guardò il cellulare, dove continuava ad andare il video.
Una notifica lo fece fermare.
Nuovo messaggio.

So che non sei stata tu.
Vieni alla stazione per incontrarla.
-E

Era simile al messaggio che le era arrivato il giorno prima.

Mercoledì 19 ottobre 2016

La ragazza se ne stava fuori dalla scuola, seduta sul cofano di una macchina, mentre il freddo vento mattutino le scorreva tra i capelli.
Doveva aspettarla.
Doveva parlarle.
Guardò l'orologio. 9:05.
Poi, il messaggio.

Vieni alla stazione, devo parlarti.

Sospirò, guardando Laura entrare nell'atrio.
Ora doveva incontrare una persona.

Giovedì 20 ottobre 2016

Pedalare non era mai stato così stancante. Dopo un'ora non era ancora arrivata alla stazione, e le gambe iniziavano a farle male.
Quando arrivò, poggiò la bici e si diresse nello spazio che le era stato indicato: era un bagno al secondo piano dell'edificio. La stanza era sporca e malmessa, le luci al neon erano rotte si accendevano a intermittenza.
Giorgia si sedette sul lavandino, in attesa.

Mercoledì 19 ottobre 2016

-Dove diamine sei?
Giorgia gridava al cellulare, i capelli spazzati dal vento.
-Ti sto aspettando da mezz'ora...
Se senti questo messaggio... chiamami. Di fretta!
Perchè non rispondeva?
Provò a inviarle nuovamente un messaggio.

Giovedì 20 ottobre 2016

Il tempo passava, e la ragazza non si presentava.
"Dove sei, dove sei, dove sei..."
Il telefono era staccato, e il sole stava iniziando a tramontare.
Poi, il telefono squillò.
-Signorina Rumiz?
-Si, sono io.
-Dovrebbe venire in centrale. E portare sua madre.
-Mia nonna non può... che succede?
Ci fu una breve pausa.
-Non fa niente, ce ne occuperemo noi.
Venga e basta.
Poi, il poliziotto attaccò.

-Ci hanno detto che eri sua amica...
Giorgia era in preda al panico.
La centrale di polizia era fredda e buia, e sua nonna tardava ad arrivare.
-Allora?
-Si, si, io la conoscevo.
-Ci risulta che vi foste viste tante volte. E ora lei è scomparsa. Un bel mistero, no?
Il poliziotto sembrava volerla provocare.
-Signorina Rumiz, mi stia bene a sentire.
Il poliziotto appoggiò al tavolo una foto sbiadita della ragazza.
-Dov'è Anastasia?

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