Martina (Pt.1)

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Inverno 2005

La bambina camminava veloce sulla banchina del treno. I capelli biondi svolazzavano con il vento, nonostante fossero chiusi da un cappellino di lana.
-Attenta a non cadere, Marti!
La piccola annuì, continuando a camminare davanti al padre.
L'uomo, gli occhi rossi e la barba incolta che odorava di alcol, sedeva poco lontano sulla panchina della stazione deserta. Intorno a loro, oltre all'edificio color ocra con la classica insegna blu, c'era solo vegetazione e i binari del treno.
L'orologio segnava le 9:12, mentre l'arrivo del treno era previsto per le 9:23.
L'uomo sospirò, appoggiando a terra la bottiglia vuota di birra.
-Papà, papà...
L'uomo cercò di mantenere un tono gentile mentre osservava gli occhi cristallini della figlia, pronto a rispondere.
-Sono stufa di dormire in macchina...e mi manca la mamma... quando torna da noi?
Il padre continuò ad osservarla, poi la prese in braccio, poggiandola su una gamba.
-Presto, tesoro. Presto.

La bambina continuava a giocare, e la banchina continuava ad essere deserta.
Erano le 9:20.
Il treno stava per arrivare.
L'uomo, sentendo il lontano fischio, si alzò dalla panchina, e si accovacciò accanto alla bambina.
-Martina, devi promettermi una cosa.
La ragazzina lo guardò confusa.
-Devi promettermi che sarai forte, sempre. Perchè io sarò sempre con te, anche se non riesci a vedermi.
La bimba annuì.
Il treno si avvicinava.
Sempre di più.
L'uomo lo guardava arrivare, l'espressione del volto impassibile.
Era a pochi metri dalla banchina.
L'uomo si voltò un ultima volta dietro la figlia, osservandone i capelli biondi e gli occhi chiari.
Lei continuava a giocare, non sapeva cosa il destino avesse in serbo per lei.
Pochi secondi dopo, l'uomo si lanciò sui binari.

-Qual è il tuo nome?
L'uomo iniziava a spazientirsi.
La bambina era seduta su una sedia esageraramente grande per la sua stazza, e osservava la scena davanti a lei, la bocca cucita in un silenzio ostinato.
-Bimba, se non parli dovremo chiamare gli uomini cattivi. E loro non saranno gentili come noi...
Si trovavano in una strana baita, lontana da tutti. Due uomini, e Martina.
L'avevano trovata alla stazione, lo sguardo assente e i piedi penzolanti sulla banchina, fissava qualcosa sui binari, ma non erano riusciti a vedere cosa.
Così l'avevano presa, e l'avevano portata lì.
-Ok, bimba.
L'uomo si accovacciò, per poterla guardare negli occhi.
-Io mi chiamo Jack. E non voglio farti del male.
L'uomo, barba e baffi lunghi, le allungò una mano.
-Amici?
La bambina gliela strinse, incerta.
L'altro uomo, decisamente più giovane, si avvicinò ai due.
-Jack, ti avevo detto che avremmo dovuto lasciarla lì. Tanto la polizia l'avrebbe trovata...
-Già, e per cosa?
Sbottò l'altro.
-L'avrebbero certamente buttata in qualche orfanotrofio.
-Magari è scappata di casa...
-Guarderemo i notiziari, ok? Se nessuno la reclama, non ho intenzione di consegnarla alla polizia.
-Cosa allora? Ti metti a fare il padre?
-Certo, sai che mi bastano un paio di contatti per avere i documenti che mi servono...
-Non è di questo che parlo, Jack!
L'uomo sospirò, quasi disperato.
-Siamo spacciatori, come credi che crescerà tra di noi?
Jack lo guardò adirato.
-Se non la vuoi, allora puoi andartene.
Sentenziò.
L'altro si sedette su una sedia di plastica, accanto a una pila di pacchi bianchi, contenenti sostanze fresche dal sud America.
-Va bene, non ti scaldare.
Farfugliò poi.
Jack intanto, cercava disperatamente un contatto con la bambina.
Lei ricambiava con gli stessi sguardi vuoti che aveva quando l'avevano trovata.

Passarono tre anni, e la bambina cresceva.
Era silenziosa, e non parlava quasi mai.
La banda di Jack aveva iniziato a guadagnare molto, dopo un paio di affari andati a buon fine. Avevano comprato una grande villa, e si erano stabiliti lì.
Martina si era iscritta alla scuola materna, poi alle elementari.
Jack diceva sempre di essere il padre della bambina, e gli erano bastati un paio di documenti falsificati all'anagrafe per far sì che risultasse così, legalmente.
Le maestre dicevano che Martina sarebbe dovuta essere seguita da un logopedista, ma a Jack non importava. Lei era sua figlia, e sarebbe cresciuta con lui.
Con il tempo, il rendimento di Martina migliorò, e i professori delle medie iniziarono a dire che quella ragazzina aveva qualcosa di speciale. Non solo era brava a scuola, ma aveva anche un intelligenza pratica, era carismatica, una leader nata.
Tuttavia, i problemi per Jack aumentarono. Martina era sempre più consapevole che la sua non era una vita normale.
Era consapevole che lei era diversa, speciale... e stava sfruttando il suo potere.
In poco tempo avrebbe preso le redini del traffico di droga, lo sapeva. I suoi uomini già iniziavano a darle ascolto, non che non ci sapesse fare con l'organizzazione. Sarebbe stata la sua rovina, pensò Jack un giorno.
Eppure, le voleva bene. Come una figlia. Come la figlia che non aveva mai avuto.
Ci sarebbero state un infinità di cose da dire sulla lunga vita di Jack, ma ora stava nascendo qualcosa che avrebbe brillato ancora più di lui.

Estate 2016

L'aria secca rendeva il torpore di quell'estate ancora più desertico. Quasi tutti erano partiti in località turistiche, e la città si era praticamente svuotata. Ma Martina amava quel periodo dell'anno, le strade deserte e quel senso di libertà nell'uscire in pantaloncini es infradito.
La ragazza prese in mano il cellulare, pronta a chiamare il suo contatto.
-Dove sei?
Parlò con voce secca e risoluta.
-Non aspetterò qui per sempre.
Si trovava in una piazza aperta e soleggiata, soprattutto a quell'ora di mattina.
Quando la ragazza che stava aspettando si manifestò, Martina rimase perplessa.
-Pensavo fossi più grande...
-Pensavo la stessa cosa di te.
Rispose lei.
La ragazza mosse i capelli mori per scrollarseli dalle spalle.
-Sara, non sono sicura che...
Il contatto di Martina era Sara, una delle sue più fedeli clienti.
-Di che? Guarda che ho i soldi, ho tutto.
-Non posso darti questo genere di sostanze. Sono troppo forti, e poi...
-Martina, non scassare.
Sara strappò la bustina dalle mani della bionda.
-Ecco i soldi.
Lì contò. Erano precisi. Diecimila euro in contanti.
-Dove li hai presi?
-Ho le mie fonti.
Sara rispose quasi infastidita e si girò per andarsene.
-Aspetta!
Martina la afferrò per un braccio.
-Non buttarti in cose più grandi di te, Sara. Non te lo sto dicendo solo come venditrice, ma anche come amica.
La mora fece un mezzo sorriso, ma non rispose.
-Ci vediamo mercoledì prossimo con il solito.
Martina annuì.
Poi, le due presero strade opposte, in quella Roma deserta di metà Agosto.

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⏰ Ultimo aggiornamento: Feb 03, 2017 ⏰

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