Capitolo 17

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Decisi di rimandare la partenza per Londra di almeno un mese, così da poter partire con Michele.
Avvertii il lavoro ed il mio titolare mi disse che non ci sarebbero stati problemi, che tanto non avrebbe riaperto prima di due o tre settimane.
Fu un mese bellissimo, che passai praticamente sempre appiccicata al mio ragazzo, ma allo stesso tempo molto duro perché mio padre si rifiutava di incontrarlo e di parlarci.
Arrivò la sera prima della partenza, Michele nel frattempo aveva trovato un acquirente interessato all'azienda ed inoltre avevamo preso in affitto un bellissimo appartamento.
Il giorno dopo saremmo partiti nel pomeriggio, per cui la sera prima decidemmo di uscire con gli amici, per salutarli. Celeste aveva casa libera, per cui organizzò una festa.
Fu una serata molto piacevole, durante la quale per la prima volta, vidi Michele e Riccardo conversare amichevolmente.
Bevemmo un po' e, quasi a fine serata, presi Michele per mano e lo trascinai al piano di sopra, dove si trovavano le camere da letto.
Entrammo in una e chiusi la porta a chiave, per poi spingerlo sul letto e gattonare sopra di lui.
-Da domani sarò tua ogni mattina, ogni notte, ogni giorno della nostra vita-.
Iniziai a baciare il collo di Michele, che affondò la testa sul letto e gemette forte, stringendomi i fianchi e strusciando la sua intimità, ancora coperta dai jeans, sulla mia.
Stavo iniziando a spogliare il mio ragazzo, quando lui mi fermò.
-Aspetta, Stella- disse con il cuore a mille, mentre io continuavo a leccargli il collo- Voglio farlo a casa, non qui. Andiamo via-.
Gli sorrisi con malizia e poi intrecciai la sua mano alla mia.
Salutai Celeste, Riccardo e gli altri e salii con Michele nella sua macchina.
Per tutto il tragitto non feci altro che stuzzicarlo, sfiorandogli il collo, baciandoglielo e toccando con la mia mano la patta dei suoi pantaloni, constatando quanto fosse già eccitato.
Fu un attimo.
Le luci di una macchina, Michele che urla e prova a sterzare, la macchina che finisce contro un albero.

Il silenzio.
Ecco quello che c'era adesso intorno a me.
Solo buio e silenzio.
Avevo riaperto gli occhi da circa cinque minuti e la prima cosa che avevo fatto era stata quella di darmi un pizzicotto per vedere se fosse stato solo un orribile incubo.
-Menomale ti sei svegliata- una voce fuori dall'auto mi destò dai miei pensieri- ho già chiamato l'ambulanza e la polizia, stai tranquilla che tra poco arrivano-.
Vidi quell'uomo guardare verso il posto del guidatore e fare una faccia preoccupata, per cui d'istinto mi girai anche io.
-Amore mio- sussurrai a Michele, che aveva la testa affondata nell'airbag che era esploso al momento dell'urto- Amore mio, ti prego, dimmi che sei vivo-.
Nessuna risposta, nessuna reazione.
All'improvviso delle mani si poggiarono su Michele.
-Respira a fatica- sentii dire.
Poi fui trascinata fuori dalla macchina e messa su di una barella, per poi essere portata in ospedale.
Durante il tragitto mia addormentai e mi risvegliai solo qualche ora dopo, vedendo vicino a me mia madre e mio padre.
-Tesoro, finalmente!- esordì mia madre vedendomi aprire gli occhi- Menomale che stai bene-.
Mi guardai intorno spaesata.
-Dov'è Michele?- chiesi poi ai miei genitori- come sta?-
Mio padre mi guardò e mi accarezzò una guancia.
-Non pensarci ora, piccola mia, adesso devi solo pensare a riposarti-.
-Io voglio sapere dov'è Michele!- quasi gridai, per cui mia mamma si sedette accanto a me sul letto e provò a calmarmi.
-Michele sta bene, tranquilla si riprenderà- tagliò corto, ma a me non bastava, per cui la guardai male e lei capì al volo- è in terapia intensiva, Stella- rivelò, abbassando il viso per non guardarmi.
In terapia intensiva? Quindi non si era risvegliato, e rischiava di non svegliarsi più.
Una fitta di dolore mi irradiò il petto, poi il medico entrò per visitarmi.
Da quanto mi disse non avevo riportato danni gravi, solo qualche frattura qua e la.
-Però c'è di più- mi disse alla fine della visita, ed io lo guardai curiosa- lei è incinta signorina. Sa chi è il padre?-
Io annuii a testa bassa.
-Il ragazzo che era in macchina con me, Michele, che è stato portato in terapia intensiva- risposi con la voce rotta- a proposito, come sta?-
-Le condizioni sono stabili, signorina, per il momento siamo molto positivi-.
Il medico si congedò da me, ed io rimasi sola in stanza, ad assorbire tutte quelle notizie che avevo appena ricevuto.
Ero incinta, ero incinta di Michele.
Non potevo crederci, aspettavo un figlio suo a nemmeno 20 anni.
Non potevo restare un secondo di più in quella stanza e, quando sentii due infermiere parlare del fatto che Michele era stato spostato a questo piano, sgattaiolai fuori dalla stanza e lo cercai ovunque.
Era stato messo in una stanza da solo, attaccato a dei macchinari per la misurazione di pressione e battito cardiaco.
Mi avvicinai piano al suo letto e gli accarezzai una guancia poi, dopo aver accostato la porta, mi sdraiai accanto a lui e posai una sua mano sulla mia pancia.
Mi addormentai di colpo.

I miei genitori e gli infermieri mi ritrovarono così.
-Ti abbiamo cercata ovunque, Stella!- mi rimproverò mia madre.
-Non potevo stargli lontana- le risposi indicando con il mento Michele.
Ad un certo punto, le parole di mio padre mi stupirono.
-Vedrai che si riprenderà, tesoro- mi disse- deve riprendersi per forza, devo chiedergli scusa per come mi sono comportato-.
Sembrava seriamente pentito, ed io lo abbracciai di slancio, poi un medico mi invitò a lasciare la stanza per tornare nella mia.
Ma mentre stavo uscendo mi sentii chiamare.
-Stella- disse piano la voce di Michele- Piccola Stella senza cielo, dove sei?-
Mi voltai e corsi verso il letto, accerchiata dagli infermieri, che stupiti iniziarono a visitare il mio ragazzo.
Alla fine chiesi se era possibile rimanere un momento da soli, e tutti uscirono dalla stanza.
-Ho creduto averti perso sul serio stavolta- sussurrai, per poi posare un casto bacio sulle labbra di Michele.
-Non avrei mai potuto lasciarti così, amore mio-.
-Non avresti mai potuto lasciarmi, non ora- gli dissi, e lui mi fissò con sguardo interrogativo.
-Che intendi dire?- chiese confuso, per cui io gli presi una mano e la poggiai sul mio ventre.
Michele sbarrò gli occhi ed il suo battito cardiaco aumentò.
-Sei incinta?-
Annuii con le lacrime agli occhi.
-L'ho saputo poche ore fa dal medico che mi ha visitata- rivelai.
-Non posso crederci-.
Michele si passò una mano tra i capelli e affondò la testa nel cuscino del letto.
-Non potevo crederci nemmeno io, fidati- risi- quando tu uscirai di qua, andremo a Londra, ed inizieremo la nostra nuova vita lì. Solo io e te-.
Mi avvicinai alle sue labbra.
-Solo io e te- ripetè lui dopo di me, per poi baciarmi dolcemente.

Dopo che io ebbi parlato con Michele, mio padre volle entrare in stanza e volle essere lasciato solo con lui.
Per ora non ho mai saputo cosa si dissero, so soltanto che quando mio padre uscì dalla stanza ed io entrai, entrambi erano tranquilli e felici come forse non li avevo mai visti.
Michele aveva al dito l'anello portafortuna di mio padre, un grosso anello con una spirale al suo incisa al suo interno. Probabilmente gliel'aveva regalato per dargli il suo benvenuto ufficiale nella nostra famiglia, ma io non feci domande.
Quello era stato un momento solo loro, tra uomini, ed io non dovevo impicciarmi.
Ora dovevo solo pensare al mio fidanzato, all'amore della mia vita, al padre della creatura che stava crescendo dentro di me.

Piccola stella senza cieloDove le storie prendono vita. Scoprilo ora