Capitolo 9

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Tornammo a casa che stavo piangendo. Non uscii dalla mia camera per otto giorni di fila. Spensi il telefono per evitare chiamate o messaggi. Uscivo solo quando sentivo la porta di casa sbattere così che io potessi prendermi cibo e acqua. Non riuscivo ancora a credere che i miei genitori fossero morti. Era Novembre da ormai tre giorni, Valerio come tutti i miei amici, non lo avevo sentito. Arrivò il giorno in cui uscii definitivamente da quella camera e riaccesi finalmente il mio telefono. Mille mila notifiche, chiamate e messaggi arrivarono fino al punto da bloccare il telefono. Aprii i messaggi e vidi i contatti "mamma" e "papà", l'ultimo messaggio era da parte mia. Ad entrambi avevo scritto "ti voglio bene.", mi mancavano e non poco. Un nodo mi si era formato in gola. Poi lessi quelli sotto, cioè quelli inviati da Valerio ed i miei migliori amici. Ovviamente mi interessai solo a Valerio.
Valè:
"Ciao piccola ti va di uscire?"
"Amò?"
"Buonanotte tesoro, dormi bene."
"Pischè, ci sei?" Sorrisi leggendoli e leggendo il soprannome "pischè", non l'aveva mai usato con me ma lo trovavo carino. Poi ne lessi uno arrivato proprio in questo momento.
"Amore, passo oggi a trovarti. Mi stai facendo preoccupare. A dopo. Ti amo."
Non risposi e così come ero -mutande e maglietta- avrei accolto Valerio in casa mia.
Erano circa le 14:15 e sentii suonare al campanello. Cercai di asciugarmi le lacrime perché si, stavo piangendo e riguardando l'album fotografico dei miei genitori. Lo chiusi e cercai di asciugarmi le lacrime il quanto più possibile ed andai ad aprire.
«Ciao Valerio.» lo salutai abbassando lo sguardo per non far notare il rossore e la lucidità dei miei occhi. Dovevo trovare una scusante per andare in bagno a sciacquarmi la faccia. «Io vado d-di sopra a cambiarmi, tu puoi accomodarti sul divano.» continuo balbettando. Mi girai di scatto, corsi su per le scale e mi chiusi in camera scoppiando in un pianto alquanto rumoroso.
POV VALERIO
Ero andato a trovare la mia amata donna e quando mi ha accolto aveva qualcosa di molto strano, trovò una scusante e salì in camera e scoppiò in un pianto abbastanza rumoroso che, ovviamente, sentii. Mi alzai subito dal divano dove Melissa mi fece accomodare e mi fiondai in camera sua, aprii lentamente la porta e la trovai distesa sul letto a pancia in giù con la faccia nel cuscino. Stava piangendo e questo mi faceva molto male, non mi era mai piaciuto vedere le persone in lacrime, sopratutto lei.
«Mel, tutto ok?» mi avvicinai piano al letto sul quale era sdraiata e mi ci sedetti accarezzandole la testa. Sentii i suoi singhiozzi ma purtroppo, nessuna risposta che mi consentisse di sapere se stava bene oppure no.
La richiamai cercando di alzarla e per fortuna, ci riuscii. La guardai negli occhi fino a che lei distolse lo sguardo.
«Che ti prende?» le chiesi prendendole le mani.
«Niente.» la sua faccia divenne improvvisamente molto seria. Non sapevo che cosa gli stesse succedendo ma sicuramente non qualcosa di bello. Dovevo starle il più vicino possibile. La convinsi a scendere in salotto e appena ci sedemmo sul divano, lei mise la testa sulle mie gambe e si addormentò. Erano ormai passate le  17:00 e la mia piccola stava ancora dormendo, così la svegliai dolcemente.
«Buonasera dormigliona..» Risi di gusto e lei pure, finalmente un sorriso.
«Scusa per prima, io non volevo piangere davanti a te, è che...» si scusò disperata e io la interruppi. «Tranquilla non è successo niente, è normale piangere. Se vuoi dirmi che cosa ti prende, posso cercare di aiutarti.» finii la frase con un sorriso che lei ricambiò.
«I miei genitori.. ecco loro... sono morti in un grave incidente. Me l'ha comunicato mio fratello l'altra settimana.» stava facendo di tutto per trattenersi dal piangere di nuovo e li la abbracciai fortissimo come per dirle che io c'ero e resterò. C'ero e non andrò via.
«Amò, stai tranquilla.» la sentii annuire. Ci staccammo da quell'abbraccio durato due minuti se non di più e lei si fece forza.
«Allora, non posso piangermi addosso per sempre no? Sono in un posto migliore ora. Quindi, vuoi qualcosa da mangiare, da bere?» chiese diventando allegra. Sapevo che non era così, ma non volevo darle altri pesi.
«Perché non vieni qua, così ti bacio fino a farti diventare le labbra viola?» chiesi allargando le braccia. Volevo farla sentire bene ed ero sicuro che ci sarei riuscito. In meno di due secondi me la ritrovai sopra. Iniziammo a baciarci, mordendoci le labbra qualche volta. la toccai ovunque. Era bellissima. Aveva il collo pieno di succhiotti, anche il mio lo era e le nostre labbra piene di lividi. I succhiotti glieli feci anche sui suoi seni ma non volevo approfondire. Volevo che si sentisse pronta con me. I succhiotti che mi fece lei erano dei cuori sparsi per il petto e l'addome. Dio, quanto la amavo.
«Ti amo.» dissi stringendole quel meraviglioso fondoschiena che si ritrovava. Come risposta ricevei dei piccoli bacini.
«Vieni da me?» le chiesi alzandomi dal divano.
Annuì sorridente. Ne ero consapevole del fatto che ci fossero tutti a casa mia ma poco importava. Quello che non sapeva della mia famiglia è che si erano aggiunti pure i suoi due migliori amici, cosa che credo le avrebbe fatto piacere. Si andò a cambiare e io intanto avvisai Giorgio che sarei arrivato entro mezz'ora con Melissa, lui rispose che non vedeva l'ora di vederla e che le mancava. Era fidanzato, che voleva? Valerio il gelosone è tornato. No, non sono per niente geloso. La vidi scendere le scale con lo zaino una felpa nera, i leggins e le Globe. Le sue amate Globe. Rimasi lì a fissarla in tutta la sua bellezza.
«Andiamo?» mi chiese schioccandomi le dita davanti e camminando verso l'uscita della casa.
Non potei non guardare il suo bel culo e non potei neanche non schiaffeggiarlo. Ridemmo tutti e due e ci dirigemmo verso l'auto. Durante il viaggio misi la mia mano sulla sua coscia, era diventata un abitudine ormai. Quando entrammo in casa, vidi Alessia e Luca correrle addosso per abbracciarla e salutarla. Devo ammettere che di Luca non ero geloso, anche perché erano molti anni che si conoscevano. Dopodiché tutte le altre ragazze si fiondarono su di lei e la portarono in camera.
Mi girai verso i ragazzi e tutti mi guardavano con un'aria maliziosa. Mi ero dimenticato completamente delle mie labbra viola e del collo pieno di succhiotti. Giorgio si avvicinò piano a me, scendendo dal bancone sul quale era seduto.
«Vi siete dati da fare tu e Melissa eh?» disse tirandomi qualche pacca sulla spalla.
«No, non ancora.» scherzai.

Scusa ma ti amoDove le storie prendono vita. Scoprilo ora