73 - Levante, 5 anni e 100 giorni fa (II)

3.7K 506 311
                                    

In ciascuna delle gabbie due o più sfidanti combattevano all'ultimo sangue. Ogni scontro seguiva regole differenti: a volte i combattenti impugnavano armi uguali, a volte diverse; talvolta l'avversario non era un guerriero, ma una bestia feroce.

Un verso simile allo strillo di un neonato riecheggiò nell'aria umida, seguito da un rumore di chele. Agata si voltò verso la gabbia da cui proveniva quel suono inquietante, e presa dal panico si strinse a Tseren, affondando il viso tra le pieghe della sua casacca per non guardare oltre.

Il Drago seguì il suo sguardo e spalancò gli occhi cobalto nel vedere un uomo vestito di un'armatura preziosa fronteggiare uno scorpione gigante. Il mastodontico artropode occupava un quinto della gabbia e agitava con violenza gli arti e la possente coda verso il malcapitato sfidante.

«Dobbiamo decidere se vogliamo partecipare agli scontri normali o a quelli mortali» spiegò l'isolano e indicò loro che alcune gabbie esibivano una sbarra rossa per lato, a indicare che il rischio di uscirne in una sacca funeraria era molto alto.

Se il campo di battaglia era recintato in un altro modo, ad esempio da reti o da teli trasparenti, c'era sempre un segnale di quel colore per indicare che il gioco poteva risultare nella morte dei contendenti.

Il giovane Drago osservò la sbarra color sangue che adornava la gabbia dello scorpione e proprio in quel momento l'animale vibrò un colpo preciso con la coda velenosa, ammaccando l'elmo del guerriero.

«Scontri mortali? Ma sei fuori di testa, Taupo?» esclamò Agata rabbrividendo all'ennesimo strillo acuto dell'aracnide gigante.

«Beh, è quello che farò io. Si guadagna dieci volte tanto e la lista d'attesa è di qualche ora, non di qualche giorno» sbottò l'altro, «Anche se l'idea è evitare i giochi il cui risultato è scontato. Preferisco affrontare uomini, non bestie. Le bestie sono imprevedibili». E per marcare il concetto indicò con il capo lo scorpione.

L'Ascendente guardò Taupo disgustata. Stava forse dicendo che preferiva uccidere degli altri essere umani? E poi definiva l'artropode una bestia?

Non le sembrava il caso di discutere, tanto più che sapeva bene che la maggior parte delle persone lì raccolte condivideva il punto di vista del giocatore d'azzardo, e se erano venute ad assistere a quello spettacolo era proprio perché erano assetate di sangue.

Lo sguardo le cadde su un'altra gabbia, dove due uomini si stavano affrontando a torso nudo con delle armi corte a forma di mano. Gli spettatori più vicini erano attaccati alla recinzione e urlavano come degli ossessi; erano prevalentemente uomini, ma la ponentina si stupì nel vedere anche eleganti dame della capitale, sedute comodamente su palchetti o portantine.

«In questo quartiere non c'è molto spazio» spiegò Taupo cercando si sovrastare la confusione, «Per questo le arene per i combattimenti sono tanto piccole».

«Voglio affrontare lo scorpione gigante» disse Tseren senza un filo di esitazione.

Agata lo guardò con gli occhi fuori dalle orbite, mentre l'isolano annuì compiaciuto. «Da uomo o da drago?» sogghignò.

Agata e Tseren gli intimarono di fare silenzio. Per quanto il segreto del giovane fosse stato scoperto da molte persone, ci sarebbero voluti giorni perché le voci giungessero nella capitale e volevano a tutti i costi transitare inosservati.

«Tseren, ti prego. Non posso vederti combattere con quella creatura mostruosa» si lamentò l'Ascendente, le iridi scure cariche di terrore.

«Agata, non abbiamo giorni e giorni a disposizione. E non ho la minima intenzione di ammazzare un tizio che non conosco per far divertire qualcun altro!» concluse guardando con disprezzo il pubblico esaltato.

Gli occhi della ragazza si erano riempiti di lacrime e il Drago la strinse in un abbraccio. Con una mano le cinse la vita e con l'altra mano le accarezzò il capo.

«E ricordati che gli animali hanno paura di me. Tutti, senza distinzione. È una vittoria facile!» le sussurrò in un orecchio.

Agata si lasciò infine convincere, anche se, potendo scegliere, avrebbe preferito di gran lunga che il Drago la continuasse a tenere stretta a sé, invece di chiudersi in una gabbia con quell'aracnide spaventoso.

Si misero in fila e nel giro di cinque ore raggiunsero la testa. Nel frattempo, lo scorpione aveva ucciso tre combattenti, ne aveva feriti mortalmente altri sette e il resto degli sfidanti si erano ritirati tra fischi e urla di schernimento.

«Questa bestia sta durando un bel po'» spiegò loro l'organizzatore di quel gioco disumano quando fu il turno del levantino prima di loro. «Lo scorpione precedente è durato un paio di giorni, mentre lei sembra imbattibile» la voce era carica di soddisfazione.

«Fino ad oggi! Il nostro ragazzo ha un talento naturale!» intervenne Taupo strizzando l'occhio a Tseren. L'altro fu sorpreso nel capire che la persona che sarebbe entrata nella gabbia non era quell'isolano ben piazzato, ma il ragazzino dallo sguardo strano.

Tseren prese una delle maschere di tela ammassate su un tavolaccio di bambù e se la avvolse attorno al volto, in modo da nascondere i suoi occhi di drago.

Agata guardava terrorizzata le chele dell'animale gigante che si chiudevano con forza intorno alla gamba del muscoloso levantino delle montagne che lo stava affrontando. L'uomo lasciò andare un urlo impietoso, mentre con la sua arma cercava di colpire la bestia. L'artropode lo disarmò con un colpo deciso della coda e caricò un nuovo colpo diretto al torace dell'avversario.

Tseren prese il volto di Agata tra le mani per evitare che la ragazza assistesse all'ennesima uccisione.

«Non avere paura, Agata» le disse dolcemente. L'Ascendente pensò che negli ultimi giorni, Tseren usava sempre più spesso quel tono di voce quando si rivolgeva a lei. Il suo modo di fare canzonatorio e distaccato era ormai un ricordo lontano; ora le parlava con una voce carica d'affetto e le mostrava un sorriso che un tempo era stato solo per Xhoán.

Il corpo dell'ultima vittima fu trasportato fuori dalla gabbia e Tseren saltò all'interno con tranquillità. Sorrideva come se si trattasse veramente di un gioco e non di uno scontro in cui avrebbe potuto perdere la vita.

«Mi dispiace per il tuo ragazzo, ponentina. Dovevi convincerlo a desistere. Non ha la minima possibilità di...» stava dicendo il proprietario, ma si bloccò improvvisamente di fronte alla scena assurda che si presentò ai loro occhi.

***NOTA***
Lo so, un altro dei miei cliffhangers. Non odiatemi troppo, aggiorno presto. ^~^
Forse si sarà capito, ma odio gli scorpioni. Uno di quei traumi infantili senza senso. Vi dico solo che sono stata male a scrivere questa scena, per questo ho evitato ulteriori dettagli.

L'ultimo dei Draghi [completata]Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora