FIVE| In Love

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Athena Wood non aveva alcun dubbio sulle valenze negative che comportava il vivere sulla Terra. Ognuno di loro aveva bisogno di imparare a cacciare se avessero voluto mangiare, di imparare a difendersi se avessero voluto rimanere in vita, di riuscire a trovare velocemente dell'acqua in qualsiasi luogo se avessero voluto evitare di morire per disidratazione; mentre prima tutto ciò gli veniva servito su un piatto d'argento, erano arrivati tutti alla conclusione che il pianeta Terra non avrebbe sicuramente mostrato clemenza nei confronti di chi non fosse stato in grado di combattere con tutte le forze possibili per sopravvivere. Ma d'altra parte Athena Wood non poteva certamente negare gli aspetti positivi, comprensibili solamente a chi fosse stato sul pianeta. La Terra li graziava con aria fresca, li viziava con un paesaggio mozzafiato, li spingeva ogni giorni alla ricerca e alla scoperta di nuove competenze e nozioni. Il concetto di libertà, per esempio, dovette essere completamente rivalutato da Athena nei pochi giorni in cui si era ritrovata sul suolo terrestre. Avendo sempre avuto l'impressione di possedere la sua libertà solo perché non passava le sue ore dietro alle sbarre della Prigione Spaziale, comprese di non aver mai capito a fondo il sentimento profondo che la libertà portava con sé, non prima di aver pienamente vissuto alcune ore fuori dall'Arca. Dopo anni e anni di repressioni, riusciva finalmente a sentirsi libera di poter dire e fare ciò che più desiderava in quel momento, senza la pressione di qualcuno che la obbligasse a seguire degli ordini impartiti da una forza superiore. Non dover seguire alla lettera i comandi dei potenti la faceva sentire libera, come poter stare accanto all'unica persona a lei cara. Nonostante tutto ciò però nei suoi momenti di pace, Athena non riusciva a fare a meno che pensare alla sua infanzia passata fra il fare da scorta al cancelliere insieme a suo padre e la stazione di ingegneristica dell'Arca insieme alla madre. Per quanto non avesse voluto ammetterlo, avrebbe dato di tutto per tornare a quei momenti condivisi con la sua famiglia; sarebbe tornata sull'Arca in quel preciso istante anche se con la certezza di una morte sicura, avrebbe rinunciato a tutto ciò che la Terra le stava gentilmente donando.
In quei giorni gli unici momenti di pace che potesse mai avere si limitavano ad una dormita e ciò durava sempre relativamente poco rispetto a quanto ne avesse realmente bisogno, ma non sembrava lamentarsi al contrario di qualcun altro. Il suo sonno venne disturbato nel bel mezzo del buio della notte dalle urla incessanti di Jasper, disteso in dolore accanto a lei, la quale aveva deciso di restare nella navicella in caso il suo aiuto fosse servito. Clarke Griffin nel frattempo si stava facendo strada all'interno della struttura, anche lei preoccupata per le grida del ragazzo dolorante, il quale riuscì a raggiungere solamente superando in silenzio i commenti immaturi e tutt'altro che dolci di coloro che cercavano di ricavare delle ore di riposo sul pavimento duro del piano inferiore della navicella. Quando piombò di fronte al ragazzo, trovò Athena intenta a misurargli il battito cardiaco per quanto le fosse possibile dato che Jasper non sembrava in grado di fermarsi nemmeno per un secondo.

"Posso aiutare?" la voce di Clarke uscì fin troppo spaventata rispetto a ciò che immaginava, mentre i suoi piedi la portarono automaticamente accanto al corpo del ragazzo in pena. Solo quando si abbassò raggiungendo l'altezza di Athena si accorse delle gocce di sudore che adornavano il volto estremamente pallido del suo amico.

"Prendi dell'acqua." Clarke si diresse nuovamente verso le scale dalle quale era giusto appunto salita, pronta per scenderle. Si voltò verso la sua migliore amica ancora una volta, nella speranza di udire parole che la rassicurassero sulla situazione che stavano vivendo; parole che non riuscirono ad uscire dalla bocca di Athena, la quale, per quanto avesse voluto rasserenare la giovane bionda con qualche sua solita frase tranquillizzante, non sembrò essere in grado di mentirle spudoratamente in faccia. Perché, per quanto avessero cercato di convincersi del contrario, tutti al campo sapevano che prima o poi avrebbero fatto la stessa fine che casualmente era toccata a Jasper per primo. Una volta rimasta nuovamente in solitudine con il ragazzo sofferente disteso di fronte a lei, si limitò a strappare un lembo della sua maglietta per passarglielo sulla fronte in modo da asciugare le gocce di sudore che gli bagnavano la pelle del viso, non sapendo cosa altro fare per donargli sollievo. Dopo quasi quarantotto ore senza neanche la minima possibilità di miglioramento in vista, Athena non poteva fare a meno di iniziare a credere fortemente che quel ragazzo si trattasse seriamente del suo primo fallimento in campo medico e già sapeva che non se lo sarebbe perdonato se solo le sue paure si fossero concretizzate con la sua morte. Dopo non molto tempo fu possibile udire nuovamente i passi veloci di Clarke Griffin, la quale aveva corso fino alla riserva più vicina di acqua che erano riusciti a portare al campo, presentandosi con una piccola ciotola che venne posata sul pavimento accanto ad Athena. Il pezzo di stoffa stretto fra le sue mani venne bagnato nel liquido freddo per poi essere nuovamente posizionato sulla fronte del ragazzo, il quale sembrò finalmente calmarsi.

Kingdom ⇋ Bellamy BlakeDove le storie prendono vita. Scoprilo ora