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"Zia, sono io Aleya, tua nipote, adesso sei al sicuro" dico tornando a stringerla tra le mie braccia.
"Ma io non ho nipoti, ho solo Karen" dice disgustata allontanandosi e scendendo dal tavolo.
Rimango ferma a fissare a bocca aperta la parete davanti a me.
Non è possibile.
"Cosa le hai fatto?" chiedo a Karen, stavolta non sono furiosa, non ne ho le forze, tutte quelle che avevo fino a qualche minuto fa sono sparite nello stesso istante in cui le sue parole "E tu chi sei?" sono risuonate nella stanza. Una lacrima mi solca il viso, brucia.
"Uh niente, vero sorellina?" ride, guardando mia zia con compassione accarezzandole i capelli.
Mia zia in risposta mostra un sorriso di intesa, un sorriso maligno, che non le appartiene.
"Vai via da casa nostra e non ti azzardare nemmeno a provare a fare del male al mio branco" mi minaccia mia Zia puntandomi il dito contro.
Non può essere. Qualcosa dentro di me si spezza e fa più male delle ossa che scricchiolavano poco fa.
Non è un dolore fisico.
"Zia sono io, tuo fratello era John e io..." inizio a spiegare cercando di trattenere i singhiozzi.
"È inutile cercare di corromperla, sono io sua sorella" sputa Karen.
"Katy vai a chiamare Amelie" ordina adesso.
Jaden e Marlon dietro di me, di sasso, confusi quanto me, non proferiscono parola.
Mia zia sparisce dietro la stessa porta da cui sono entrata.
"Credevi davvero che fossi così stupida? Non potevo essere certa che tu accettassi di entrare nel mio branco, così ho elaborato un piano B, se tu non avessi accettato avrei trasformato tua zia facendo morire l'umana che era in lei, così l'ho sottoposta a un processo di ipnosi, per ferirti, ovviamente, altrimenti non ci sarebbe stato gusto, così per lei adesso sei solo una bastarda che ha attentato alla vita della sua cara sorellina" ride amaramente.
Piano B, ipnosi, mia zia.
Non riesco a pensare lucidamente, sento che sto per sprofondare nel baratro. Le mie emozioni si contrappongono, si scontrano l'un l'altra, da una parte l'odio, il rancore e la vendetta, dall'altra la debolezza e la disperazione.
"Perché lei? Perché dovevi rovinarle la vita?".
"Oh no cara, il mio intento era rovinare la tua di vita e devo ammettere che ci sto riuscendo benissimo" si complimenta con se stessa. Come può esistere un essere colmo di così tanto rancore? Come può essere definita persona?
Appena finisce di parlare entra mia zia e una donna anziana, sui 70 anni, dai capelli argentei e gli occhi stretti a due fessure dello stesso colore.
Un corpo molto fino e slanciato.
"Oh Amelie ti presento Aleya" dice Karen.
La donna corre da Kyle, ancora privo di sensi nella stanza, il quale a poco a poco si riprende, aiutato dalla donna.
"Non permettetevi di ignorarmi" urla Karen in preda all'ira.
La donna per niente spaventata, si avvicina e mi scruta, sbarra gli occhi.
"Chi sei?" chiedo acida.
"Chi tu sai che sono, ma non sai che io sono" sussurra continuando a fissarmi.
Marlon mi afferra una mano.
"È la loro Miuvan andiamo via" mi sussurra all'orecchio in procinto di trascinarmi fuori dalla stanza.
"Non vado da nessuna parte senza mia zia" dico decisa continuando a mantenere lo sguardo fisso negli occhi della donna.
"Povera illusa, tua zia è con me, accetta la sconfitta Moon, non sei nessuno di speciale, non fare l'eroina e torna alla tua vita, puttanella" sputa acida Karen.

"Hai ragione, è quello che dovrei fare, quello che vorrei fare, ma non lo farò, perché ci sono dentro, perché rivoglio mia zia, perchè mio padre non merita questo e soprattutto perché non sono nessuno di speciale, ma sono certa di essere qualcuno che non si fa chiamare puttanella da una bionda assassina bipolare, sono certa di essere qualcuno che può fare la differenza e toglierti quel cazzo di sorriso beffardo dalla faccia, sono certa di essere qualcuno che vuole salvare il suo branco anche se non sapeva nemmeno di farne parte." scandisco bene ogni parola avvicinandomi a lei.
Finché la Miuvan, Amelie, non mi afferra un polso e sembra avere un attacco epilettico.
"Mandala via, andate via" urla la donna, con le orbite rigirate.
Karen la guarda come confusa.
Approfitto di questo momento per prendere mia zia per un polso e trascinarla fuori dalla stanza, Marlon apre la porta, io e Jaden lo seguiamo correndo, cercando di trattenere zia Kate che si dimena e ci urla cose orrende.
Fa male sentirsele dire da una persona che ti è sempre stata vicina, non posso lasciarla nelle sue mani. Non me lo perdonerei mai se le succedesse qualcosa.
Cerco di ignorare le sue parole che però mi arrivano dritte al cuore, già spezzato in due dalla morte di Papà, adesso continua ad essere colpito da continue fratture.
Sono quasi all'ascensore, quando non sento più il suo polso tra le mie mani. Mi giro e, non vedendola più, inchiodo di scatto. Lei è tornata tra le braccia di Karen.
"Non farti più vedere bastarda" mi urla mentre, la donna, anzi l'animale al suo fianco ridacchia.
Sono ferma in un punto indefinito a guardarla con le lacrime agli occhi, niente singhiozzi o convulsioni, solo il mio essere impotente, che di nuovo mi solca il viso.
Jaden mi afferra una mano e mi trascina nell'ascensore.
Sto cercando di opporre resistenza ma il mio corpo non risponde, si fa soltanto trasportare. Urlo, mi sento debole più che mai in questo momento. Non mi sento in me. Voglio fare qualcosa ma non riesco.
Marlon mi tiene ferma, tentando di farmi calmare, senza ottenere risultati, come potrei stare calma dopo tutto quello che sta succedendo.
Le porte dell'ascensore si chiudono davanti ai miei occhi, che all'apparenza senza motivo fanno lo stesso.

The Recall (Il Richiamo)Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora