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Anthony Edward Stark era dinanzi la porta di casa, la mano sulla maniglia e lo sguardo perso nel vuoto.
Stava partendo per l'Afghanistan, e aveva passato gli ultimi minuti con la ragazza con cui era cresciuto non come avrebbe voluto. Sospirò pesantemente, si passò una mano fra i capelli, frustato.
Succedeva ogni volta che vedeva Johnny Storm, gli saliva un senso di nausea e avrebbe tanto voluto tirare un pugno su quei bei dentini.
Scosse la testa, come per scacciare quei pensieri, e si incamminò verso le scale, pronto per salire in macchina e partire.

La giovane donna era seduta su una panchina di Central Park, al suo fianco vi era il ragazzo con gli occhi azzurri.
Il vento soffiava per le strade di New York quel tardo pomeriggio.
Guardavano con felicità la figlia seduta sul prato, intenta a giocare con una bambola. Era Wonder Woman, la piccola Jessica vi era molto affezionata perché era un regalo di Tony. Johnny aveva provato molte volte di sbarazzarsi di quella bambola, ma la piccola scoppiava a piangere ogni volta che non la trovava. Non voleva che sua figlia crescesse con i supereroi, con l'idea che ci fosse qualcuno pronta a salvarla. Secondo lui doveva capire fin da piccola che doveva essere in grado di cavarsela da sola.
Sharon non concordava su questo, perché Superman e Batman l'avevano accompagnata durante l'infanzia.

- Stasera venite a mangiare da me. - Sharon si voltò, non era neanche una domanda, ma un'affermazione. Sapeva che quando faceva così era inutile controbattere, ma valeva la pena tentare.

- Se non potessi? - le domando ella, tornando ad osservare la piccola Jessica. - O non volessi? -

- Beh, farò in modo di farti cambiare idea. - le sussurrò all'orecchio con voce sensuale, gesto che fece ridere la giovane.

- Beh, allora vai a chiamare tua figlia. - fu una questione di secondi. Johnny si alzò dalla panchina e si avvicinò alla piccola, la mise sulle sue spalle. La piccola iniziò a ridere, mentre il padre si avvicinò a Thompson, che nel frattempo si era alzata. Mise il berretto in testa alla figlia, sperando non prendesse freddo.

Johnny iniziò a parlare con la piccola, facendola ridere. Sharon, in realtà, non sapeva cosa gli stesse dicendo, la sua mente era occupata da un paio di occhi color ghiaccio. Erano completamente diversi da quelli di Johnny; quelli del Dio erano freddi come il ghiaccio, in grado di farti venire i brividi con un solo sguardo, mentre quelli del ragazzo erano profondi come l'oceano, in grado di farti vivere milioni di emozioni contemporaneamente.

Il sole stava tramontano, gli ultimi spiragli di luce stavano lasciando posto al cielo blu della metropoli.

~·~·~

I primi raggi solari illuminarono Asgard, riflettevano contro le pareti dorate del regno, creando un gioco di luci spettacolare, quasi magico.

Nei corridoi dell'imponente castello vi erano delle guardie con il compito di controllare che tutto andasse per il verso giusto.

Il principe Loki era nelle sue stanze, coricaco insieme alla giovane midgardiana. Sul viso di ella vi erano un'espressione serena, beata, stretta fra le braccia del Dio. Il ragazzo aprì prima un'occhio, poi l'altro, cercando di comprendere e di rimettere i pensieri nell'ordine giusto. Provò a mettersi seduto, ricordandosi dell'umana che lo stava abbracciando.
Si irrigidì di colpo, non abituato a tutto ciò.
Scivolò agilmente via da le braccia di Lady Sharon, indossò i suoi soliti vestiti e uscì dalla stanza senza voltarsi. L'aria, a parer suo, stava diventando troppo soffocante, tanto da non riuscire a stare all'interno di quelle quattro mura.

Quando aveva posato gli occhi su di lei, quella mattina, una strana sensazione si era impadronito di lui, una sorta di deja-vu; in cuor suo era sicuro di aver già visto quella giovane, solo che non riusciva a ricordarsi né dove né quando.
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Dream || Loki Laufeyson ||Dove le storie prendono vita. Scoprilo ora