Shadow Preachers

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Ciaooooo!!
Questo è un capitolo importante.
Non dirò granchè, dato che è incompleto, ma stava diventando troppo lungo e il resto che ne segue lo leggerete nel prossimo capitolo.
Non è stato affatto facile scrivere. Ogni parola pronunciata portava con sé un ricordo, bloccandomi tutte le volte.
Tengo a precisare che, nel capitolo precedente, ho dovuto essere chiara e cruda perché una situazione del genere non poteva essere scritta con leggerezza.
Il bullismo omofobico è una realtà ben nascosta ma, ahimé, esistono persone che hanno subito ben peggio del nostro Stiles.
La scena che ho descritto serviva a rendere chiaro il tema delicato che avevo scelto - e segnalato nelle note della storia - e a vedere poi le conseguenze e le scelte in base ad essa. 
Di fronte ad una crudeltà simile, una coppia ha solo due alternative: superare la cosa insieme, mano nella mano, sulla strada della vita o separarsi definitivamente, troppo provati dal disagio e i problemi che un atto simile crea. Anche questa è una realtà.
Detto ciò, buona lettura.
Baci
Everose 

CAPITOLO 13:  Shadow Preachers
 

La prima persona che vide quando aprì gli occhi fu Melissa.

Ciò voleva dire due cose: la prima era che, quasi certamente, era finito a casa degli Argent, giù nel seminterrato adibito ad ospedale, dove finivano gli umani del Branco quando restavano feriti e non si poteva correre al Beacon Hills Hospital per farsi medicare ferite sospette senza una eccellente bugia.

 La seconda era che lui non era mai stato un paziente della mamma di Scott e questo implicava che c'era qualcosa che non andava.

Si guardò attorno, nella riproduzione maniacale di una sala chirurgica di tutto rispetto, prima di rendersi conto di essere, per la prima volta, steso sul lettino operatorio.
Decisamente qualcosa non andava.
Provò a tirarsi su, ma una fitta tremenda all'addome lo fece tornare giù con la schiena.

"Non muoverti, shh, sta fermo." La voce bassa e gentile della mamma di Scott, assieme al tocco dolce di dita tra i capelli, rilassò Derek all'istante. "Scott l'aveva detto che ti saresti svegliato proprio quando se ne sarebbe andato."

Melissa, la tenera ma tenace madre di Scott che lui conosceva fin da bambino, gli stava accarezzando i capelli in un gesto materno così naturale che lo spinse a sorriderle, l'attimo prima di essere investito dai ricordi.
"Che cosa ci faccio qui? Dov'è Stiles?" Domandò in preda all'agitazione, tentando di tirarsi su nuovamente e bloccato ancora da Melissa.

"Ti ho detto di stare fermo, Derek."
Gli occhi neri di quel piccolo viso dai marcati tratti messicani erano decisi e severi. Nemmeno la folta criniera riccia e scura raccolta in una piccola coda bassa potevano addolcire quello sguardo così apprensivo. "Ho dovuto ricucirti in fretta, Derek, e con un Branco di lupi adolescenti alle spalle che controllavano ogni mio movimento, non ti permetterò di alzarti senza prima avermi spiegato cosa ti succede. È chiaro?"

Melissa McCall era un'infermiera ed era anche quella che ricuciva ogni membro del Branco, lo aveva sempre fatto, fin da quando era piccolo e non avrebbe mai immaginato che un giorno sarebbe finito sotto le sue cure, non con i suoi potenti ed efficaci poteri di licantropo.
Azzardò un'occhiata allo stomaco, lì dove sentiva la pelle tirare, e vide dei punti che tenevano chiusa la ferita.

Non riusciva a capire.
Prima di perdere i sensi aveva avvertito la guarigione scattare... perché allora non era ancora guarito?
"Derek?"

Guardò la donna dritto negli occhi e inspirò forte, strabuzzando gli occhi quando quell'odore lo colpì come uno schiaffo. Non doveva pensare a se stesso.
Sfiorò con le dita i punti e si sporcò di sangue. "Quanto sono resistenti? Posso alzarmi?"
Melissa mostrò uno sguardo contrariato, ma Derek non volle cedere. "Quanto, Mel?"

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