Capitolo 51

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"Ragazzi, oggi faremo una lezione particolare" la prof di economia sembrava più eccitata del solito.
Adorava la sua materia, come la adoravo io e come adoravo il modo in cui la spiegava. Ma quel giorno era troppo esaltata. E quella donna era pericolosa per la mia sanità mentale quando era normale, figuriamoci in quel momento.
Era una donna piena di vita, di voglia di fare, col sorriso stampato in viso, con una buona parola per tutti, sempre con una risposta gentile. Aveva due occhi dolci, buoni.
Voleva bene a ciascuno di noi, cercava di capirci e, mio malgrado, con me ci aveva azzeccato in pieno.

"Prof, quanti caffè ha bevuto?" chiesi sorridendo
Non avevo paura di una sua reazione, sapeva che scherzavo, come ho detto, mi conosceva stranamente fin troppo bene.
"Uno, Emily" mi fece l'occhiolino e poi portò la sua attenzione su tutta la classe.
"I sogni" sbarrai gli occhi e deglutii rumorosamente.
Bloccai qualunque pensiero stesse per scatenarsi nella mia mente. Dovevo rimanere lucida.
"Sogni? E cosa c'entra con economia?" chiese Sharon dolcemente.
"Sharon, cara, nulla, è solo per parlare" sorrise la prof.
"Quindi? I vostri sogni? Non abbiate paura. Tutti hanno dei sogni"
Sorrisi amaramente.
Guardai Tayler: aveva un'espressione indecifrabile. Anche a lui avevano bruciato tutti i sogni.
Avevamo sofferto troppo per pensare ai sogni.

La ballerina, l'attrice, la modella... Per un'ora sentii di tutto.
Come facevano? Come facevano a credere ancora ai sogni? Perché io e Tayler non ne avevamo più? Perché io lottavo per sopravvivere da quel mondo di merda, mentre gli altri lottavano per un sogno? Forse perché ero dovuta crescere troppo velocemente, tanto da non avere il tempo di formulare dei sogni.

E poi arrivò la domanda fatidica, la stoccata finale. Micidiale, dolorosa.
"Tayler, Emily? Voi?" chiese dolcemente la prof
Non l'aveva fatto con cattiveria, lo sapevo, ma non potevo frenare quel fastidio che stavo provando nei suoi confronti.
Tayler alzò le spalle e la donna lo guardò tristemente. Poi rivolse lo stesso sguardo a me, vedevo una certa speranza però.
"Cosa si aspetta di sentire, prof? Davvero stiamo parlando di sogni? Che cosa sono i sogni? Sono illusioni. Davvero state sprecando la vostra vita per realizzare dei sogni? Mi dispiace per voi, ma non succederà." dissi guardando i miei compagni "Ma perfavore" sbaritai.
"Emily" disse sconsolata, non sembrava un rimprovero..
Tayler mi prese la mano da sotto il banco e me la strinse.
"No, prof, sta volta no, non mi parli di sogni, okay? I sogni ce li bruciano uno ad uno. Ai più fortunati saranno buttati via da adulti ormai, quando capiranno che i sogni sono una perdita di tempo. Ma c'è chi che era pieno di sogni, ma li hanno presi, accartocciati come un foglio di carta e infine buttati nella merda" dissi ad alta voce "C'è chi lotta per i sogni e poi soffrirà, c'è chi invece non ha sogni e lotta per sopravvivere e forse per essere un giorno felice. Quindi non diciamo stronzate, sarete tutti delusi"
Feci un respiro profondo.
Sentivo gli occhi pizzicare. Tayler portò il dorso della mia mano alle sue labbra e ci lasciò un leggero bacio.
"Emily, non ti sembra già essere un sogno il voler essere felice? Tayler?" chiese guardando prima uno e poi l'altro.
Rimasi in silenzio.
Basta, non potevo ascoltare più nulla. Non potevo ascoltare più quelle stronzate. Avevo tanti sogni, troppi, una volta. Ero una bambina che viveva di sogni. E ora erano tutti distrutti.
Il mio passato sarebbe stato per sempre indelebile, delle cicatrici dolorose che mai sarebbero andati via.
"Prof" sbottò Tayler alzandosi in piedi.
Le nostre mani erano ancora intecciate.
"Nè lei nè nessun altro qui dentro può capire. L'essere felici non è un sogno, è un bisogno essenziale. È come bere, mangiare. Vorrei vedere voi senza poter bere o mangiare per giorni. E poi, quando finalmente riuscite a bere un sorso di acqua sentendovi in paradiso, ve la tolgono dalle mani. Parli di economia, di calcoli e di tutto quello per cui siamo qui, ma non di sogni" disse apatico.
La prof rimase in silenzio fino a quando la campanella non suonò facendomi fare un forte respiro.

Ci alzammo quando tutti se ne erano andati. Non volevo sentirli parlare di cose che non sapevano.
"Mi dispiace" sussurrò una voce.
Ci girammo verso la donna minuta che guardava il pavimento.
"Non è colpa sua e noi non dovevamo aggredirla così" dissi prendendole la mano mentre la sinistra rimaneva ancora intrecciata a quella di Tayler.
"Siete solo dei ragazzi. Chi vi ha fatto questo? Chi vi ha ridotto così?" vidi i suoi occhi azzurri inumidirsi.
"Prof, la vita è cattiva, e anche lei lo sa. Prima o poi lo capiscono tutti, noi abbiamo avuto la fortuna, o sfortunata, di capirlo quando ancora eravamo piccoli" dissi con un sorriso dolce.
Le sue guance che avevano qua e là delle piccole rughette furono bagnate da delle lacrime calde che raccolsi prontamente con la mi mano destra.
"Non pianga" sorrisi.
"È ingiusto" sussurrò con voce rotta.
"Lo sappiamo" rispose Tayler.

La conversazione finì lì. Con le sue lacrime, i miei occhi lucidi e l'apatia di Tayler.

Uscimmo dalla classe e andammo in biblioteca dove ci aspettavano Carter, Erik e Sharon. E ne sapevamo pure il motivo: quello che era successo in classe.
Erik e Carter non avevano detto nulla, Sharon era stata l'unica dicendo che il suo sogno era poter dare il meglio a suo figlio.

"Emy" quell'ammasso di capelli neri mi accolse in un forte abbraccio.
"Ehi" tossicchiai dato che mi stava praticamente stronzzando.
"Scusa" ridacchiò nervosa "È che" abbassò la testa.
"Tranquilla, stiamo bene" dissi guardando Tayler.
"Si, bene" ripetè guardando Erik e Carter.
"Non voglio costringerti a dire nulla ma, quando vuoi, io sono qui per sentire qualunque cosa ti sia successa" mi prese una mano e me la strinse fra le sue.
"È il passato" risposi solamente ponendo fine a quella conversazione.

Il resto della giornata? Uno schifo. Si sentivano solo sussurri e bisbigli nella nostra classe, pure i prof se ne erano accorti.
Mi sentivo costantemente fissata, ma che potevo farci? Avevo già fatto una sfuriata, poteva bastare.
La verità è che non credevo ai sogni e non li avevo. Quando ero piccola si. Ma credetemi, quando cerchi di scappare da un padre che ti picchia e cerca di violentari, non trovi il tempo di sederti a terra, giocare con le bambole e sognare.
È sbagliato, si, ma quando, pensando al passato, ti viene solo da piangere e mai di sorridere, vuol dire tanto.
Sono solo dovuta crescere troppo velocemente.
Così come Tayler, Carter e Erik.
Nati in un mondo crudele che ha pensato bene di farci vedere la sua parte peggiore già da bambini.
Quando mi nascondevo nell'armadio per scappare da mio padre, Brandon. Quando Tayler e Carter erano costretti a usare una pistola a soli tredici anni. Quando Erik, con le sue esili braccia, alzavada terra il padre che era tornato a casa ubriaco. Quando mi dimenavo sotto la sua salda presa mentre voleva fare chissà cosa. Quando erano costretti a correre su una macchina rischiando la loro vita. Quando doveva vedere sua madre piangere.

Davvero credete che dopo tutta quella merda, potevamo sognare?
In quel momento, l'unica cosa che volevo, era avere un sogno, uno scopo nella vita, un obbiettivo.
Perché lo avevo capito: una vita senza sogni è una vita incompleta.
Forse essi non si realizzeranno ma potrai affermare con orgoglio di averci provato, di aver lottato.

E poi mi venne in mente la frase della prof: "non ti sembra essere un sogno il essere felici?".

L'avevo capito, finalmente. Il mio sogno era quello. Essere felice. E forse era il sogno più bello che avrei mai potuto avere.

E voi? Che ne pensate dei sogni? Avete uno o più sogni?
Comunque spero che vi piaccia.
All the love, -M

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