Capitolo 57

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"Devi portarmi in palestra o giuro che perderò e non mi interessano le conseguenze" ringhiai contro Brandon.
Ero scesa furiosa ed ero andata subito verso Brandon senza calcolare gli altri.
"Andiamo" alzò le spalle.
Non credevo che sarebbe stato così facile.

Poco dopo mi ritrovai davanti al sacco nero mentre i guantoni mi coprivano le mani e i polsi.
Ero pronta a buttare tutta la merda che avevo accumolato nel giorno precedente.
Iniziai a prendere a pugni il sacco con una forza disumana. Ero distrutta, insicura, spaventa e mi sentivo terribilmente sola. Abbandonata.
Perché Tayler non mi trovava?
Quella sera sarei andata a Milano, come aveva detto Sara. Quindi dove eravamo? Era per quello che Tayler non riusciva a trovarmi?
In quel momento mi venne in mente la cartina che era appesa alla parete della stanza di Trevor, ma non mi ricordavo cosa raffigurasse.
Dovevo saperlo.

***

Due ore dopo eravamo a casa, mi ero fatta una doccia e mi ero messa dei vestiti comodi.
Dovevo entrare nella sua stanza. Ma come?
Un'idea mi venne in mente, e sperai che funzionasse.

Bussai alla porta e la voce roca di Trevor rispose con un mugolio.
La aprii lentamente e feci una faccia da cucciolo. Lo trovai seduto sul letto mentre messaggiava sul telefono.
"Posso?" chiesi.
Mi guardò dalla testa ai piedi dubbioso ma annuì.
"Di cosa hai bisogno?" mi chiese rude.
"Parlare. Della tua ragazza" risposi quasi sottovoce.
Capì subito a chi mi riferissi e si rabbuiò.
"Perché?" ringhiò.
"Perché voglio sapere il motivo per cui io mi ritrovo in questa casa. La causa di tutto sto odio nei confronti di Tayler" risposi appoggiandomi alla parete dove era appesa la cartina.
"E se io non volessi?"
"Lo farai" lo sfidai.
E infatti iniziò a parlare.
"La amavo e lui me l'ha portata via" disse solamente.
"E voi avete pensato bene di portargli via la ragazza che amava" dissi riferendomi a me stessa.
"Esatto"
Feci una risata e mi girai.
In altro a destra, in azzurro, c'era scritto "Liguria".
"Sai una cosa? Mi fai più schifo di prima" ringhiai e uscii sbattendo la porta con un sorriso soddisfatto.
Liguria. Dovevo pensarlo.
E sapevo cosa fare, più o meno.

"Muoviti" sbraitò Sara poco dopo.
Non la sopportavo davvero più, sapeva solo urlare e comandarmi. Due cose che odiavo.
"Arrivo" urlai di rimando finendo di mettere i bigliettini nella coppa sinistra del reggiseno. Ormai, da quando ero in quella casa, mettevo tutto nel reggiseno.
Avevo preparato dei bigliettini con scritto "Liguria, E", nella speranza che Tayler li trovasse.
Forse era stupido, ma dovevo provarle tutte.
Avevo passato un giorno di merda e mi avevano visto troppo debole, dovevo riscattarmi.
Ero Emily Evans, non mi potevo arrendere.

***

Ed eccola lì la pista in cui mi ero allenata con Tayler, la stessa dove avevo vinto contro Sara e dove, in quel momento dovevo correre per Brandon.
Feci un respiro porfondo.
"Pronta?" chiese duro Brandon.
"Sempre" risposi entrando nella macchina.
"Vincerai, mocciosa" ghignò.
"Vincerò" ringhiai guardandolo dritto negli occhi azzurri.

Tayler's pov

"Signori e signore, figli di puttana e puttane, per la gang Dello Scorpione di Brandon abbiamo una sexy ragazzina. Attenti a lei, graffia e potrebbe uccidervi. Ecco a voi Emily Evans, la figlia di quel grandissimo bastardo" urlò al megafono il solito stronzo che presentava i concorrenti.
Non sentii il resto, era diventato tutto buio intorno a me, le voci erano ovattate. Ero rimasto bloccato a quel nome.
Emily.
Era a pochi metri da me, viva, pronta per correre.
Un sorriso da ebete mi si stampò in faccia, vedevo già la luce intorno al tunnel. Era ora di riprendermi la mia piccola.

Ma tutto andò male.
Emily vinse, scese dalla macchina e fu cerchiata dagli uomini di Brandon. Cinque bestioni vestiti di nero.
Si trovava sotto un lampione che la illuminava in tutta la sua bellezza.
Aveva la testa bassa e i pugni stretti lungo i fianchi. La schiena curva per la merda che si stava portando sulle spalle e le guancie pallide.
Stava male, ma era viva.
"Emily" urlai.
Alzò la testa e poi la scosse con un sorriso amaro.
"No, piccola, non è la voce nella tua testa, sono io, Tayler" urlai ancora.
Alzò di nuovo la testa e in un attimo i miei occhi si incatenarono ai suoi.
Erano vuoti, spenti, non erano più gli occhi di cui mi ero innamorato.
Era viva, senza graffi, se non le sbucciature sulle nocche, ma stava morendo dentro.
Sorrise e poi cercò di venire verso di me.
Ma uno dei scimmioni la prese per le braccia.
"Lasciala" ringhiai e gli tirai un pugno in faccia.
In un attimo due di loro mi presero per le spalle.
Vidi Emily allungarmi la mano chiusa a pugno: voleva darmi qualcosa, ma non riuscivo a prenderla.
Tirai una gomitata a uno dei due allungando la mano verso la sua. Mi fece cadere sul palmo un bigliettino che nascosi nella tasca posteriore dei jeans.
"Emily, ti amo, non ti abbiamo abbandonata, continua a lottare, okay?" urlai e la vidi sorridere "Ti troverò, te lo prometto"
"Ti amo, Tayler, e sto bene. Ti aspetto" urlò di rimando mentre la portavano via.

Chiamai Carter.
"È viva" urlai al telefono.
"Emily?" chiese.
"Si, l'ho vista oggi. Ha corso e mi ha dato un biglietto" dissi prendendo il bigliettino dalla tasca.
"Liguria" esclamai dopo averlo letto "Li seguo" dissi rimettendolo a posto.
"Ne sei sicuro?" chiese una voce roca e dura.
Mi trovai Brandon e due dei suoi uomini.
Chiusi il telefono sotto la voce preoccupata di Carter che mi chiedeva che cosa stesse succedendo.
"Devi lasciarla" ringhiai avvicinandomi.
I due bastardi fecero un passo avanti bloccandomi con le loro braccia possenti.
"No, mi sto divertendo con lei" ghignò.
"Sei solo un figlio di puttana" ringhiai.
"State qui con lui, vi dico io quando potete andarvene" disse ai due che annuirono tirando fuori le pistole e puntandomele alla testa.
Vidi Brandon andarsene ridendo.
Feci un repsiro profondo per non fare cazzate.
Almeno sapevo che ero viva e le avevo detto di non perdere le speranze e che non era sola. Avevo davvero paura che potesse pensare di essere rimasta sola.
Ora dovevo andandare in Liguria, sicuramente a Genova, e cercarla.
Non sapevo da dove iniziare, a dir la verità, ma se lei non si era arresa dopo quei giorni in quella casa, non potevo farlo io.
Quella ragazza era troppo intelligente.

Emily's pov

L'avevo visto, non potevo crederci. Mi aveva detto che mi amava e che mi stava cercando. Allora non ero rimasta sola, non mi aveva abbandonata, non si erano dimenticati della caotica Emily.
Sorrisi.
"Perché sorridi?" chiese Sara.
"Perché, per quanto cercate di distruggermi, io sono felice. Perché ci sono persone che mi amano e che non mi hanno abbandonata. Mentre ci siete voi che siete soli e odiati da tutti" dissi sorridendo ancora.
Forse davvero ero diventata importante per qualcuno. Forse davvero potevo dire di non essere sola. Forse davvero potevo essere felice.
"Ora capirete chi è Emily Evans" sussurrai mentre lei mi guardava male.

Spero che vi piaccia.
All the love, -M

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