Capitolo 7

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NOVO AMOR - Anchor

A quell'incontro casuale con Thomas e Harvey passarono bensì tre settimane. Non vidi nessuno dei due, e sinceramente mi dispiaceva un po', ma alla fine non gli conosco nemmeno, alla fine ognuno e andato per la propria strada...

Ero seduta in uno dei tavolini di un bar a me sconosciuto, ma che fa degli ottimi caffè. Presi la tazza tra le mani e sorseggiai il liquido che c'era dentro. Guardai le persone che passavano, felici, infelici, distrutti, demoralizzati, fin troppo felici.

E per l'ennesima volta, in tutta la mia depressa e orribile vita pensai a come fosse bello se i miei fratelli fossero in questo momento qui con me, ad abbracciarmi, a prendere un bel caffè insieme in questo bar sconosciuto, subito dopo saremmo andati al parco e ci saremmo divertiti anche essendo adulti e vaccinati, ma faremo comunque i bambini. Chissà se a loro piaceva il caffè, chissà se sarebbero rimasti qui a Boston con me e la mia famiglia, chissà se si sarebbero sposati o se avessero avuto figli, magari sarei diventata zia e i miei genitori nonni. Questa vita sarebbe un po' più facile con loro al mio fianco..

Poteva essere tutto così perfetto.
Ma purtroppo la vita non è una fiaba.

Ho sempre cercato di credere che tutto questo fosse solo un brutto sogno, un incubo che non finiva più. Ma ogni volta che entravo in quella stanza realizzavo sempre che loro ormai non c'erano più. È questo il problema di chi ci crede tanto; se viene deluso non crede più a niente.

Vi siete mai svegliati alla mattina chiedendovi perché avete avuto la fortuna di sopravvivere alla notte, quando si sa che qualcun altro la fuori non c'è l'ha fatta?

Trattieni il respiro per qualche secondo, e chiusi gli occhi immaginandomi in un'altra realtà, in un'altra vita. Magari fuori da questo mondo, in un mondo tutto diverso da questo, dove la gente è sempre felice, la gente che se ne è andata e qui accanto a te, e ci scherzate e parlare tutti tranquillamente con quella persona, nessuno ha alcuna malattia, niente cancro e nessuna deformazione. Niente di niente. Tutto diverso da questa era. Ma quando riaprì gli occhi capì che purtroppo non si poteva cambiare niente, il maledetto destino porta via sempre le persone migliori.

«Noelle..» mi sentì chiamare da una voce femminile dietro di me, mi girai e vidi Lydia in tutta la sua eleganza. Quella ragazza non mi stupisce mai per la sua incredibile bellezza. Venne verso di me con un grande sorriso stampato in viso, io ricambiai con uno dei tanti sorrisi finti, non ho finto così bene in tutta la mia vita.

«come stai?» chiede, io strinsi le labbra tra di loro in una leggera linea dritta, sentivo fin troppa tensione nell'aria. Io e Lydia non abbiamo più parlato da quella volta, e mi sembra abbastanza complicato condividere i miei problemi con lei, anche solo poter fare amicizia.

«ehm, presumo bene te?» chiedo con un filo di voce nell'aria, e presumo che non mi abbia sentito molto bene.

«sono distrutta- dice tranquilla guardandosi in giro e prese un grosso respiro- ehm, posso sedermi?» chiede e io gli diedi il consenso di potersi sedere al mio tavolo. Si sedette con molta delicatezza.

«sto organizzando la mia festa di compleanno e sono distrutta, e lo studio non aiuta molto...» dice e prese la borsa e se la porto alle gambe e cercò qualcosa.

«io non ho mai festeggiato una festa di compleanno con degli amici..» dissi con molta tranquillità, alla mia affermazione Lydia si fermò e mi guardò compiaciuta.

«potresti venire alla mia festa di compleanno!» afferma con molto entusiasmo sorridendomi come non mai. Mi spalancai gli occhi alla sua affermazione, non capì se stesse dicendo sul serio e se sta soltanto scherzando. Mai nessuno nella mia vita mi ha chiesto di venire ad una festa di compleanno o anche ad una festa normale.

«ehm non ne sono sicura, non sono mai andata ad una festa...» dissi con tanta semplicità, Lydia non mi regalò uno dei suoi soliti sorrisi, ma un sorriso sincero.

«tranquilla, sarà una festa tranquilla, niente casino o robe del genere solo un semplice compleanno per una ragazza che diventerà ventenne..» disse e senza esitare accettai la sua richiesta. Chiacchierai un po' con Lydia e si stava facendo una ragazza interessante, era simpatica, sincera, divertente, anche abbastanza seria in alcune cose, si sentiva una ragazza dal cuore di leone, si sentiva libera, non poteva avere alcuna regola e se qualcuno provava a darle una regola a lei non andava affatto bene e per forza doveva fare l'incontrario di quello che gli e stato chiesto, sembrerebbe più forte di lei. Ho saputo che sono ben due anni che lei sta con Harvey, sono migliori amici sin dalla materna, erano inseparabili, hanno cercato di frequentare altre persone, ma sembrerebbe che il destino gli portava sempre ad stare insieme.

Dopo un pochino Lydia ebbe una chiamata da una sua compagna di classe dicendole che era urgente e quindi scappò via di corsa. Rimasi per un po' seduta in quel posto e guardare un punto vuoto davanti a me. Dopo qualche minuto me ne andai anche io a casa e mi stesi sul letto e guardare il soffitto bianco.

Tutte le ragazze vogliono essere perfette, ovviamente nel loro genere.

Non ero quel genere di ragazza. Ero fin troppo semplice, forse fin troppo per le mie o fin troppo timida con i ragazzi. Le altre ragazze lo facevano sembrare molto semplice, riuscivano ad avere più amicizie maschili che femminili.

Ad un tratto mi sentì obbligata ad andare nella stanza dove c'è il piano forte, dovevo sfogarmi. Appena entrai in quella stanza mi guardai attorno e troppi ricordi mi vengono alla mente, quante volte mi sono rinchiusa in questa stanza a piangere, dandomi colpe inesistenti e cominciare a piangere in un'angelo della stanza. Se i miei fratelli non fossero morti moto probabilmente loro sarebbero qui in questa stanza e a consolarmi dicendomi che io non sono nessuno sbaglio, che io sono preziosa come un diamante.

Accanto alla libreria vidi un pacco, mi avvinsi ad esso ed mi sedetti a terra ed aprì il pacco. Al suo interno c'erano diverse cassette, non c'era scritto nulla su di esse per distinguerle, semplicemente ero messe lì dentro e forse senza un perché. Ma purtroppo la curiosità mi stava mangiando e deciso di dover guardarle. Andai al piano di sotto in salotto con il pacco in mano. Quando arrivai vicino alla televisione presi una cassetta a caso e la inserì nel lettore cassette. Presi il telecomando che era appoggiato sul divano, mi sedetti comodamente sul divano e acceso la televisione.

I miei stavano riprendendo i miei primi passi e all'improvviso due bambini con la chioma bionda vengono inquadrati anche loro che ridacchiano dalla gioia.

«Caleb di quanto vuoi bene ad Noelle!» afferma mia madre con tanta dolcezza in quel tono di voce. Il bambino sorride per un po' alla telecamera.

«gli voglio tanto così» disse e poi allargo le braccia facendo vedere quanto mi voleva bene.

«E tu Benjamin quanto vuoi bene a Noelle?» chiede all'improvviso mio padre che venne inquadrato anche lui da mia madre. Mio padre si piegò e mi prese in braccio.

«gli voglio tanto, tanto ma tanto bene!» affermo ridacchiando. Io sorrisi e ad un tratto ci sediamo tutti sul divano e mio padre ci raccontò la solita favola per farci addormentare.

Tirai fuori quella cassetta e ne presi un'altra, inserendola come sempre nel lettore cassette e il video parti.

Mi ricordo perfettamente quel giorno. Eravamo a casa, era estate e avevo tre anni.

«tesoro vai da tua sorella e dalle questo regalo.» dice mia madre a Caleb. Caleb ubbidì e si mise a correre, poi mia madre andò da Benjamin e gli disse la stessa cosa, e il bambino corse anche lui.

Ad un tratto mia madre mi inquadrò mentre ero nella casetta sull'albero nella casa al mare. I due bambini so arrampicarono sulla scala che portava alla casetta sull'albero.

I miei due fratelli mi danno i loro due regali. Io gli sorrisi felice e gli scartai ed erano due orsacchiotti. Quei peluche c'è gli ho ancora nella mia stanza, e come se mi tenessero ancora su quel filo sospeso.

Decisi di spegnere la televisione. Riportai tutte le cassette nella stanza del piano e sentì la porta d'ingresso aprirsi ed io ero in alto sulle scale. Entrarono i miei genitor. Al solo pensiero che i miei genitori, gli unici che mi amano veramente, che mi hanno cresciuta nell'educazione mi stiano mentendo sulla mia malattia.

Fingersi felici di una vita che non è come vogliamo.

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