Come gira la ruota

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Capitano a tutti delle giornate no. Giornate in cui non importa cosa accada di bello, niente è abbastanza per convincerci ad andare avanti. Giornate in cui si desidera più di ogni altra cosa stare fermi a non far nulla.

Disgraziatamente, a Gerard Way capitò di svegliarsi in una giornata del genere, proprio quando gli fu offerta dal destino l'occasione che desiderava.

Anche oggi Hamilton lo aspettava per la chiacchierata che ormai era divenuta un'abitudine in quel suo soggiorno a Halebeck, e non riusciva a camminare normalmente mentre i suoi secondini lo scortavano da lui. Non perché non potesse, ma perché non gli andava.

Ovviamente questo non sarebbe bastato a farlo cedere alle torture del commodoro, le avrebbe rese solo più fastidiose.

Il fato decise di tirare un brutto scherzo a Gerard – forse, dopotutto, il karma esisteva. Aveva atteso per giorni una situazione ottimale che gli dicesse “E' il tuo momento, agisci! Adesso!”, ed eccola là.

Quando la luce del sole gli ferì gli occhi, la prima cosa che vide quando poté rimettere a fuoco le immagini fu il viso del soldato Iero. Eccoli, quegli occhi da cucciolo smarrito, il volto che più volte lui aveva fatto diventare paonazzo, la sua aura di insicurezza che tentava di nascondere in ogni modo. Niente divisa da militare: cosa gli era successo?

Lo sguardo di Iero era pietrificato. Gli corse praticamente incontro, evitando i suoi occhi, cercando di togliersi il pensiero di quell'istante eterno che era la presenza di Red Crow: fece per sorpassarlo.

E' il tuo momento, agisci! Adesso!

Gerard roteò gli occhi, e attese l'istante esatto in cui Iero si trovasse al suo fianco in quello stretto spazio di pietra.

Accadde tutto in un sospiro – uno svogliato, ovvio. Gerard racimolò tutto ciò che rimaneva della sua energia, piantò una gomitata nello sterno di una delle guardie, un calcio in pieno ginocchio per l'altra, dalla cintura della prima sfilò una pistola e le sparò. Non ebbe il tempo di fare lo stesso con la seconda guardia, perché Iero andava fermato. Lo aggirò con un gesto fluido e fulmineo, e si trovò dietro di lui: gli strinse la gola con la catena delle manette, tenendo la mano con la pistola puntata alla sua tempia.

Sentì il respiro del ragazzo smorzarsi e il corpo diventare pietra, quando si trovò forzato contro un pirata e con la bocca di un'arma da fuoco a minacciargli la testa.

Gerard respirò profondamente e sussurrò tra sé: “Tre... Due... Uno...”

In quell'esatto istante fece capolino Hamilton dall'entrata da cui era arrivato Iero, seguito da altri tre soldati. Quattro fucili vennero puntati contro Gerard.

“Ho la gemma che protegge la vostra città nonché il vostro caro amico, commodoro” scandì il pirata, con un certo compiacimento. “Avete davvero la presunzione di puntarmi contro qualcosa?”

L'espressione di Hamilton s'indurì a dismisura, ma lui non mosse un muscolo.

“Mettete giù le armi” disse soltanto.

I soldati ubbidirono, e allora Gerard sorrise di scherzosa riconoscenza. Strinse la morsa sulla gola del ragazzo – già, Frank - e contemporaneamente indietreggiò fino a toccare con la schiena il muro. Costrinse anche il corpo dell'altro a fare lo stesso.

“E-ehi!” parlò finalmente Iero. “Piantala, razza di pervertito!”

Gerard alzò gli occhi al cielo. “Credimi, dolcezza, non terrei il tuo culo vicino al mio cazzo se questo mettesse in pericolo la mia vita. E' solo necessario. A questo proposito, se tu ti accostassi il più possibile, paparino sarebbe più contento e gli passerebbe la voglia di piantarti una pallottola nel cranio”

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