“Vieni qui!”
Il panico quasi bloccò completamente il corpo di Gerard, quando sentì quella voce ululargli alle spalle, piena di una forza che sembrava volerglisi gettare addosso esclusivamente per fargli del male. Quasi in contemporanea, una mano lo afferrò per il colletto della camicia, una presa ferrea a cui non poté ribellarsi.
Istintivamente iniziò a gridare con tutto il fiato che aveva in corpo, quando quella stessa mano fu soccorsa da un'altra e insieme si armarono per bloccargli le braccia.
“Lasciami!” gridò con tutto il fiato che aveva in corpo, come se la sua voce potesse far sparire tutto ciò che non voleva esistesse. Per quante notti aveva urlato al vento qualcosa che somigliava ad un “Vattene!”, nel tentativo di far sparire i fantasmi?
Ma quell'uomo non l'avrebbe fatto. Senza nemmeno guardarlo negli occhi, Gerard avvertiva addosso la sua rabbia, sentiva rimbombargli già in testa la furia di quella che un tempo era stata una specie di figura autoritaria per lui.
Gerard non voleva figure autoritarie. Non aveva bisogno che qualcuno badasse a lui, gli dicesse cosa fare, lo conducesse sulla giusta strada. Aveva solo bisogno di non dover guardare nessuno negli occhi, che nessuno conoscesse il suo nome, i suoi pensieri, le sue paure. Aveva bisogno di libertà.
Quelle braccia lo tiravano e lui si sentiva soffocare, come se lo stessero trascinando in fondo all'oceano.
“Ti ho detto di lasciarmi!”
Serrò gli occhi e strinse i denti fino a sentire un pungente dolore alla mascella. Era tutto un incubo da cui spera di risvegliarsi presto.
“Gerard”. La voce lo chiamava. “Gerard, guardami”
Divincolarsi non servì: una delle mani gli afferrò il volto e lo costrinse ad alzare la testa. “Guardami” ordinò Oliver Callaghan.
Incontrando quel viso così familiare - unico ricordo ancora tangibile, reale della sua infanzia -, si sentì completamente frastornato. Per una frazione di secondo percepì quel bambino innocentemente felice dentro di sé, le risate, i baci della buonanotte, i giochi con suo fratello, il categorico rifiuto di sottostare all'obbligo dei compiti, il sole di quelle vecchie giornate.
Poi il bambino tacque di nuovo, chiuse gli occhi e tornò nell'ombra di un passato macchiato di sangue.
Oliver non disse una parola. Lasciò le labbra sospese per un istante, solo per poi richiuderle. Lo fissò, in un modo pieno di significati che solo un uomo adulto avrebbe potuto comprendere.
“Non posso” gli scappò dalla gola, in risposta alle mute parole di quello sguardo.
“Trova un modo”. L'uomo lo scrollò per le spalle. “Non puoi più permetterti di scappare, non puoi più permetterti di piangere, di crollare. Se non per te, fallo per Michael, Gerard. Ha bisogno di qualcuno che gli stia vicino”
“Ci sei già tu...”
“Ma io non sono suo fratello. Non gli resta che te al mondo”
Il ragazzo non riuscì a non trovare ridicola quell'immagine: qualcuno aveva bisogno di lui. Chi mai avrebbe potuto essere così disperato?
“Non puoi nasconderti per sempre dietro al bambino che eri”. Come sapeva Callaghan del bambino che albergava nell'oscurità della sua anima? “Sei un uomo adesso”
“Un uomo sceglie da solo la propria strada”
“Un uomo accetta le proprie responsabilità”
“No” disse con decisione, colpendo Oliver col verde degli occhi di Christine Way. “Questo è ciò che fa un brav'uomo”
Oliver respirò profondamente a bocca chiusa, senza permettere ad una sola sillaba di quella frase di scalfirlo. “Tua madre non ti ha cresciuto diversamente”
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Give me your freedom
RomancePirate!Frerard - Colonia inglese in Giamaica, anno 1715] - Frank si sforzò di ignorare quelle parole, ignorare l'immagine della mano di Way - sempre più nitida nella propria testa -, ignorare quanto tutto ciò gli piacesse. "Andiamo..." "Sta' zitto"...