CAPITOLO DODICESIMO

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Le prime due settimane erano letteralmente volate.

Nonostante non avessimo ancora ben metabolizzato i nuovi ritmi di vita a cui dovevamo abituarci una volta entrati nella scuola, ci era stato concesso qualche giorno di pausa: quattro per l'esattezza, dal giovedì alla domenica.

Praticamente tutti avevamo deciso di tornare a casa, soprattutto per trascorrere più tempo possibile con le nostre famiglie dato che non riuscivamo più a vederle molto spesso.

Così, avevo riposto nel mio trolley le prime cose che mi erano capitate sotto gli occhi ed ero pronta per ritornare a casa.

Erano circa le tre di pomeriggio, avevo appena salutato i ragazzi e mi stavo incamminando verso la fermata della metro più vicina per raggiungere la stazione dei treni e salire sul primo diretto a Venezia, ma improvvisamente ricevetti una chiamata.

"Passo a prenderti tra due minuti."

"No grazie, Mike." sospirai io.

"Dai sono serio." insistette. "Dove sei?"

"Quasi alla metro ma non.."

"Arrivo."

Non riuscii nemmeno a chiedere spiegazioni che subito chiuse la telefonata. Ma che aveva in mente stavolta?

Ignorando quanto mi avesse detto, continuai a procedere verso la mia destinazione, ma poco dopo sentii un clacson particolarmente squillante provenire da un'auto scura.

Il finestrino scorse verso il basso, così guardai meglio: l'autista sospettoso era proprio Mike.

Risi. "Che intenzioni hai?"

"Avanti, salta su." mi invitò, mentre scendeva dall'auto per prendere la mia valigia.

Io spalancai gli occhi. "Cosa?"

"Non mi farai di certo fare Roma-Bassano da solo. Dai, veloce." ammise, mentre, di sua iniziativa, poneva la valigia nel portabagagli.

Io lo guardavo sempre più confusa. "Ma..?"

"Non c'è di che eh." ammiccò.

"Veramente io non ho ancora accet.."

"Non fare la difficile e sali in macchina."

***

Eravamo in viaggio da poco più di due ore. Forse era stata una fortuna tornare assieme a lui: almeno non sarei stata da sola in treno per tutto quel tempo.

"Comunque non mi avevi detto di essere sceso a Roma in macchina." dissi, ad un certo punto.

"Sapessi quante cose non ti dico."

Quella risposta mi disgustò talmente tanto che mi venne spontaneo tirare giù il finestrino e portare alla bocca una sigaretta, ma non feci in tempo ad accenderla che il signorino me la tolse dalle mani in modo burbero.

"Che intendi fare?" mi chiese, piuttosto disturbato.

"Ormai nulla, chiaramente." ammisi seccata.

"Nessuno fuma nel mio gioiellino."

Gli lanciai uno sguardo assassino.

"Se almeno facessi correre il 'tuo gioiellino'." protestai. "Siamo sui 100 km/h costanti."

"Beh allora guida tu se sei così brava."

Mi stampai in viso il sorriso tipico di chi ha appena avuto un'idea brillante, tant'è che non fu difficile per lui capire cosa mi fosse balzato per la testa.

"Oh no. No no no, non ci pensare nemmeno, non guiderai."

"Eddai, che ti costa?"

"Mi costa un'auto nuova, ecco che mi costa."

BirdyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora