CAPITOLO TREDICESIMO

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L'albergo in cui eravamo entrati si chiamava "Colonial Inn", e si trovava molto vicino a dove ci eravamo fermati: la ragione ufficiale era che non potessimo spostare l'auto, ma in realtà eravamo entrambi stanchi morti e non credo avremmo fatto un passo in più.

A giudicare dalla calda accoglienza ricevuta capimmo subito di essere due dei pochissimi clienti, anche se comunque non si poteva pretendere chissà che visto il periodo dell'anno e soprattutto il fatto che ci trovassimo in una piccola cittadina come Pontelagoscuro.

Mentre Mike si occupava di prenotare una camera, io stavo dando un'occhiata agli scaffali pieni di libri  che ricoprivano l'intera parete di un piccolo angolo di relax che si trovava lì accanto, arricchito di poltroncine e tavolini da lettura molto carini, e anche di un pianoforte, che, considerata la polvere che lo ricopriva, non veniva utilizzato da parecchio.

"Camera 205, donna."

La voce di Mike mi colse di sorpresa mentre sfogliavo 'Orgoglio e pregiudizio' di Jane Austen.

"Già fatto?" chiesi, ricevendo uno sguardo malizioso in risposta.

Prendemmo l'ascensore per raggiungere il secondo piano, ammetto di essere stata curiosa di vedere che stanza fosse riuscito a rimediare in soli cinque minuti.

Tuttavia una volta entrati, subito fulminai quel brutto approfittatore di Mike.

"Cosa non ti era chiaro di LETTI SINGOLI?" lo guardai seccata.

Lui avvolse un braccio attorno alle mie spalle.
"Era l'unica rimasta." ammiccò.
"Ma se siamo gli unici clienti.. Dell'intero piano." girai gli occhi al cielo.
"Si saranno confusi." strizzò l'occhio, provocando una piccola smorfia da parte mia.

"Anna, Anna.. Arriverà il momento in cui pregherai per dormire con me."

"Non mi chiamo mica Ginevra." lo stuzzicai.

Si lasciò in una piccola risata, per poi tornare a fissarmi negli occhi, cosa che inevitabilmente mi fece zittire. Così, approfittando del mio silenzio, si avvicinò lentamente e premette un piccolo bacio sulla mia guancia cogliendomi di sorpresa.

"Ti voglio bene" pronunciò, una volta voltatosi di spalle per frugare nel borsone.

Mi venne spontaneo far scivolare le mie dita nel punto esatto in cui mi aveva baciata, quasi come se vi avesse lasciato uno stampo indelebile, ma rimuginai il tutto in silenzio per evitare di peggiorare la situazione già abbastanza imbarazzante.

Tuttavia, per quanto mi fossi sforzata a trattenermi, subito dopo al signorino venne la brillante idea di togliersi la maglietta per sostituirla con un capo pulito, senza minimamente preoccuparsi di me lì accanto che faticavo a distogliere lo sguardo, per poi cominciare a sistemarsi i capelli davanti allo specchio.

"Scusa e per chi ti staresti facendo così figo?" chiesi io, ad un certo punto.
Subito si voltò sorridendo. "Attenta, suona proprio come un complimento."

"Dai, cretino." sbuffai.

"Il fatto è che non ho intenzione di chiudermi qui dentro tutta la sera." rispose, una volta ripreso a spruzzarsi non so quanta lacca.

"Mike, siamo in un paese di nome Pontelagoscuro, cosa pensi di trovare fuori?"

"Che ne sai? Mai giudicare un libro dalla copertina."

Dio solo sa quanto mi desse sui nervi quando cominciava ad esibire i suoi proverbi da filosofo moralista.

"Al massimo ci sarà la fiera del bagigio." sbottai.

BirdyDove le storie prendono vita. Scoprilo ora