Capitolo 1

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-Cassandra no! Non andare!- gridava David dall'altra parte della sala.
Era tutto messo sotto sopra, pezzi di torta sparsi sul pavimento, persone che urlavano e scappavano, sangue ovunque.
Una piccola finestra illuminava un angolo della sala dove si trovava una rosa bianca. Mi avvicinai come se qualcosa mi spingesse verso di lei. Il cuore aumentava ad ogni passo e le mie mani tremavano. Mi sporsi a prendere la rosa...

-Cassandraaa! Alzati o salgo e ti butto giù dal letto!- gridava Carlos, il mio padre adottivo.
-Mi sto alzando tranquillo e non mi chiamare Cassandra!- gridai dalla mia stanza in mansarda alzandomi. Quanto odiavo quel nome. Per me era un incubo. I miei veri genitori lo amavano perché ritenevano fosse più adatto a me, così per accontentare loro, ma soprattutto me, decisi di farmi chiamare Cassie.
Scesi le scale velocemente coprendomi il pigiama con una vestaglia nera. Sentivo già a metà delle scale il profumino dei cupcake appena sfornati di Nina, la mia madre adottiva. Nina era una bella donna per la sua età, alta, capelli lunghi e biondi, occhi azzurri e un fisico palestrato, a differenza di Carlos che era un vecchio acido che mi odiava sin dal primo giorno che mi aveva visto. Hanno 8 anni di differenza e a volte mi chiedo come faccia una donna così bella a stare con uno come lui, ma l'amore è l'amore.
-Che cosa vuoi fare per il tuo compleanno dopo domani?- mi chiese con un grande sorriso Nina interrompendo i miei pensieri.
-In realtà niente, da quando sono morti i miei genitori non festeggio più i miei compleanni- risposi secca.
Nina mi guardò con uno sguardo triste, come se quelle parole l'avessero colpita dritta al cuore. E forse era così, non ho mai chiamato Nina e Carlos, mamma e papà, non li sento tali o forse é solo troppo presto. Ho perso i miei veri genitori quando ero già abbastanza grande da capire che non sarebbero mai più tornati.
-Lasciala commiserare da sola.- aggiunse Carlos guardandomi con occhi pieni di rabbia.
-Forse è meglio se mi vado a cambiare, devo andare a scuola presto oggi. Inizio nuovi corsi e non voglio fare tardi come sempre.- aggiunsi rompendo la tensione che si era formata tra me e il mio "padre perfetto". Mi avvicinai a Nina, le rubai un cupcake dal piatto e la abbracciai forte facendole le mie scuse all'orecchio in modo che solo lei potesse sentirle. Corsi al piano di sopra, mi lavai e andai a cambiarmi. Scelsi di indossare delle calze nere lunghe fin sopra il ginocchio, una gonna sempre nera con abbinata una maglia bordeaux scuro messa dentro la gonna e come scarpe i miei classici stivali neri di Dr Martens. Ho sempre amato lo stile 'dark' soprattutto perché, non per vantarmi, ma a me sta veramente bene. Ho dei capelli lunghi neri, pelle pallida peggio di Biancaneve, labbra carnose che spesso copro con un rossetto bordeaux scuro e due grandi occhi verde smeraldo. Nonostante non fossi miss mondo mi piacevo e amavo il mio stile anche se molti della scuola mi prendevano per una pazza che la sera faceva sedute spiritiche o cose simili.
Uscì di casa senza degnare di uno sguardo la mia famigliola perfetta e corsi a prendere la mia macchina, una MINI countryman Cooper SD rigorosamente color nero opaco. Nina e Carlos possiedono un'azienda che è passata da generazione in generazione perciò di certo i soldi non mancano e, Nina soprattutto, ha voluto sempre darmi tutto quello di cui avevo bisogno, dal mio cibo preferito, ai miei vestiti preferiti, alla macchina dei miei sogni.
Misi in moto e andai a scuola dove c'era David, il mio migliore amico, che mi aspettava davanti l'ingresso. David era uno dei ragazzi più belli e "famosi" della scuola. Aveva capelli castano scuro, così scuri che sembravano quasi neri, grandi occhi marroni, sorriso perfetto e due grandi labbra che davano quel tocco di diverso rispetto agli altri stereotipi della scuola.
-Hai intenzione di saltare la scuola anche oggi o vuoi cercare un posto dove parcheggiare?- rise appoggiandosi alla finestra del passeggero David.
-Oggi no, inizio il corso di autodifesa.- dissi prima di andare a parcheggiare sotto un albero. Scesi dalla macchina prendendo la mia borsa a tracolla. David mi si avvicinò.
-Per forza devi fare questo corso? Già sai difenderti, hai fatto più di 15 anni di Ju-Jitsu non ti basta?- mi chiese mentre ci avviavamo verso l'ingresso.
-Lo so, proprio per questo voglio continuare, perché è un'arte che amo e che mi fa ricordare i miei genitori e chi sono veramente.-.
-Quindi rinunceresti a un'uscita nel tuo pub preferito per stare qua?- mi disse con un sorriso perfido. Gli tirai un pugno nel braccio e decisi di cambiare discorso. -Sta notte ti ho sognato.-. Mi guardò con occhi sorpresi e quasi spaventati.
-Tranquillo non eri morto.- lo rassicurai sorridendo.
Quando mia zia e i miei genitori erano morti, la sera prima avevo sognato cose strane su di loro, come se avessi predetto la loro morte. Quando lo raccontai a David, quasi un anno fa, lui rimase scioccato e pregò ogni santo che non avessi dei sogni del genere su di lui.
-Almeno so che non morirò oggi.- disse mentre la campana suonò l'inizio delle lezioni. -Questa sera me lo racconterai al Pub alle 11.- aggiunse abbracciandomi e andando verso la sua classe.

Le lezioni erano noiose come al solito, ma nonostante tutto le ore passarono in fretta. Alle 5 avevo il corso di autodifesa e non potevo fare in ritardo il primo giorno. Corsi lungo tutto il corridoio della scuola ormai isolato quando inciampai su una mattonella del pavimento rialzata cadendo di faccia. Qualcuno di dietro mi rialzò, mi spolverai la gonna e la maglietta e mi voltai ringraziando la persona che mi aveva sollevato. I suoi occhi erano fissi sui miei, rimasi a bocca aperta e in silenzio quando lo vidi. Finché lui ruppe il giacchio e mi chiese con un sorriso -E tu chi sei?-.

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