Capitolo 8

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Jessie mi fa segno di seguirla. Camminiamo lungo un infinito corridoio decorato con uno stile antico ed entriamo nell'ultima porta a destra.
-Accomodati.- mi dice la donna facendomi segno di sedermi su una grande poltrona rossa scuro con dei ricami dorati. La stanza aveva una grande finestra coperta da due grandi tende, accanto un enorme camino con del legno che stava bruciando dentro e una scrivania riempiva tutto il centro della stanza.
-Quindi...- inizia Jessie. -Sto aspettando.-
-Che cosa?- non vorrà delle scuse
-Voglio che mi racconti tutto di te.- si appoggia con i gomito alla scrivania.
-Io non credo sia il caso.- ma chi crede di essere, spera che racconti a una sconosciuta la mia vita? Se lo può sognare.
-Io credo di sì, se vuoi restare qua.- mi disse con tono minaccioso alzandosi in piedi.
-Sa cosa?- il sangue mi inizia a ribollire dentro. -Neanche so perché sono qua! E sinceramente non ho la minima intenzione di rimanere altri secondi in più! Perciò se non le dispiace.- mi alzo in piedi e mi dirigo verso la porta.
-Ricordati che ora è questa la tua famiglia.- lo dice con un tono così perfido, come se non avessi altra scelta.
Mi giro a guardarla per un attimo e dopo me ne vado senza rispondere. Io ce l'ho già la mia famiglia. La mia famiglia! Mi ritorna in mente tutto il casino che abbiamo fatto con le streghe, i corpi senza testa, il fuoco, la porta distrutta. Devo correre a casa!
Inizio a correre evitando ogni persona che mi si piazza davanti. Qual'è l'uscita?
Apro tutte le porte che trovo finché ne apro una immersa nel buio con un solo spiffero di luce.

Corpi dissanguati a terra, il sole che brilla in alto in cielo. Cammino tra i corpi, non c'è neanche un segno di vita. Una donna inginocchiata vicino a un uomo continua ad alzare e abbassare le braccia. Fa uno strano rumore. Come se stesse mangiando qualcosa. Mi avvicino a lei, allungo la mano sulla sua spalla e si gira di scatto, aveva le labbra ricoperte di sangue e in mano un cuore.

-Che ci fai qua?- Raphael mi sposta all'indietro chiudendo la porta.
-Stavo cercando l'uscita.- un altro sogno ad occhi aperti. Non ci credo.
-È di là.- mi dice indicandomi con il dito una porta dall'altra parte della sala.
Lo ringrazio e inizio a camminare a passo spedito. Devo uscire, devo andare da Nina.
Uscita dalla porta mi trovo in un grande giardino. È il parco della città. Ma come è possibile che nessuno abbia mai notato quest'enorme edificio. Inizio a correre. Da casa mia al parco sono 30 minuti in macchina. Devo sbrigarmi prima che tornino a casa dal lavoro.
Non sento più le gambe. Sto correndo così veloce da quasi 10 minuti e odio non mantenermi in forma come fanno quelle vipere della scuola. Sono quasi arrivata. Ce la posso fare.
Oh no!
La macchina di Carlos e Nina è parcheggiata fuori! Corro aprendo di scatto la porta di casa.
Le streghe!? La porta distrutta?! Il fuoco?! Dove sono?
Corro in cucina -Mamma!- grido.
Nina gira la testa verso di me. È seduta su uno sgabello che beve una tazza di tè.
-Mamma!- corro ad abbracciarla. -Mi dispiace così tanto!-
-Di cosa?- mi chiede con un tono preoccupato e sorpreso.
-Di non averti chiamato Mamma quando lo sei diventata, di non averti amato come tu fai con me ogni giorno e di non aver capito quanti sacrifici fate tu e Carlos!- sono scoppiata in lacrime. La giornata è stata troppo pesante per me e ancora non è finita. Sono esausta.
Sento una goccia cadere sulla mia spalla. Anche lei dev'essersi messa a piangere. Non voglio dire niente. Solo godermi il momento.
Passiamo il resto del pomeriggio guardando delle mie foto da piccola che l'orfanotrofio le aveva dato quando mi trasferì qua in America. Ero così piccola. Quanto amo questa tranquillità e normalità.
Verso le 8 salgo in camera mia. Ho perso l'appetito. Ho solo voglia di una doccia calda. Iniziò ha scaldare l'acqua e torno in camera a spogliarmi. Una collana appoggiata sul mio comò attira la mia attenzione. Non l'ho mai vista prima. Ed è così bella. È un ciondolo tondo decorato con foglie probabilmente di rame ai lati. Il grande cerchio è lo stesso colore delle foglie in primavera. È così bello cavolo. Lo appoggio sul comodino e vado a farmi una doccia.
Penso di essere stata almeno una mezz'ora immersa nell'acqua perché in tutto il bagno si crea una grande cappa di vapore. Mi metto l'asciugamano e asciugo lo specchio con la manica. Ed ecco di nuovo l'ombra dietro di me. Mi volto si scatto prendendo un saponetta in mano.
Come mi dovrei difendere con una saponetta?
È scomparso di nuovo. Questa volta non mi scappa però. Corro aprendo la porta. La stanza è buia. Davanti alla finestra appare una sagoma di un uomo incappucciato.
-Chi sei?!- inizio a gridare. Ma questo rompe il vetro della finestra e lo scavalca. Corro cercando di riuscire a vederlo in faccia, ma riesco solo a strappargli un pezzo di stoffa dalla tunica nera e a graffiarmi. Si è buttato dalla finestra e ora sta correndo verso i boschi. Prima di entrare si ferma, si volta e mi guarda. Non riesco a capire chi sia. Ma direi un uomo dalla forma spigolosa della mandibola.
Maledizione mi sono tagliata!
Nina entra in stanza accendendo la luce. -Cassie. Oh mio Dio, stai bene?- mi continua a uscire sangue dal polso.
Mi fa cambiare e scendiamo di corsa in cucina a medicarlo. -Sembra profondo.- le dico a Nina cercando di non urlare per il dolore. -Dobbiamo andare all'ospedale, ci vorranno i punti.- Nina corre di sopra a prendere una felpa e me la porge dopodiché usciamo e andiamo all'ospedale. Io odio gli ospedali.

Sono ormai le 12, i dottori hanno avuto 5 emergenze da bollino rosso in meno di 1 ora. E la cosa non mi meraviglia. È venerdì sera. I ragazzi che si ubriacano sono ormai ad ogni angolo del mondo. Il mio polso continua a sanguinare e mi stanno iniziando a mancare le forze. Nina continua a gridare con la receptionist non capendo che non è colpa sua se 9 su 10 imbecilli hanno deciso di stare male per l'alcool sta sera.
All'improvviso non sento più niente, i pianti dei bambini che volevano andare a casa diminuiscono e Nina sembra scomparire nell'oscurità.

Mi sveglio su un lettino dell'ospedale. Ho una flebo con del sangue attaccata al braccio e il mio polso ha un'enorme fasciatura. Mamma mia che esagerazione per due punti. Nina è fuori davanti alla porta, la sento parlare al telefono con qualcuno. C'è solo una piccola lampada accesa, forse per non svegliarmi. L'altra parte della stanza è occupata da una donna incinta che sta dormendo. Da un angolo della stanza qualcosa inizia a sollevarsi come quando sollevi un lenzuolo da un filo. Un'ombra nera mi si avvicina lentamente.
-NO.NOO.NOOOOO!!!!-

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