Capitolo 2

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Mi sciolsi al vederlo. Aveva gli occhi di un verde sfumato al marroncino, i capelli scuri come la cenere e quel sorriso, quelle labbra, quelli zigomi...
Smettila Cassandra!
Cancellai velocemente quei pensieri perversi che stavano iniziando a nascere nella mia testa. Gli porsi la mia mano e mi presentai.
-Piacere Cassandra, cioè Cassie, nel senso puoi chiamarmi anche Genoveffa, cioè va bene comunque.-.
Ma che cavolo sto dicendo!
Mi guardò restando in silenzio per un attimo -Io sono Raphael.- mi disse stringendomi la mano e sorridendo.
Aveva un presa così delicata e forte allo stesso tempo. Il giusto per non farti male, ma per darti abbastanza senso di protezione. I miei flash mentali furono interrotti da un grido. -Raphael muoviti, corri!- gli urlava una voce femminile dietro di lui. Non mi diede il tempo di capire chi fosse che iniziò a correre verso l'uscita seguito da una ragazza che poco prima di andare mi fulminò con gli occhi.
Percorsi l'ultimo pezzo di corridoio continuando a pensare chi fosse quella meravigliosa "creatura". Nonostante fossi in questa scuola da un anno solamente ero riuscita a classificare grande parte degli studenti in base al loro modo d'atteggiarsi e vestirsi, ma lui... Perché non l'avevo mai visto? Perché era così bello? Ma soprattutto perché stava correndo, quasi scappando?
Entrai nella grande palestra con, come mio solito, 10 minuti di ritardo, infatti tutti erano già con la tunica e disposti in fila indiana. Corsi a cambiarmi e presi posto accanto a una ragazza magrolina con i capelli rossicci che poteva avere circa 16/17 anni.
La lezione continuò con un susseguirsi di mosse che già conoscevo a memoria e quasi quasi mi pentì di essere entrata a far parte di questo corso in quanto la lezione potevo svolgerla io all'insegnante.
Uscì dalla scuola che ormai erano le 8 passate, già si era fatto buio e i lampioni del parcheggio davano l'effetto della nebbia sulla strada. Mi diressi verso la macchina quando sentì un grido straziante provenire da dietro gli alberi dove avevo parcheggiato. Un brivido di paura mi corse su tutta la schiena, ma la curiosità iniziò a impadronirsi della mia mente. Poggiai la borsa dentro la macchina e m'incamminai tra gli alberi cercando di fare il meno rumore possibile, cosa difficile dato le foglie cadute che si spezzavano ad ogni passo. Vidi un'ombra passarmi accanto e di corsa mi nascosi dietro un albero. Il vento era freddo, troppo freddo per essere già primavera. Sentì una donna piangere. Mi spostai leggermente per riuscire a vedere chi fosse. Una donna senza vestiti era sdraiata a terra sanguinante. Cercai con lo sguardo l'aggressore e quando mi resi conto che la via era libera corsi verso di lei. Mi misi in ginocchio e le alzai il volto coperto dalle mano ormai diventate viole e rosse per il freddo e per il sangue. Era la ragazza del corso, quella con i capelli rossicci e magrolina, il suo seno era coperto dai gomiti e le sue ginocchia erano strette al petto per ripararla dal freddo.
-Oh mio Dio! Stai bene?- le chiesi preoccupata, domanda inutile dato che era là davanti a me con le lacrime agli occhi e sanguinante. -Chi ti ha fatto questo?!- le chiesi in tono, forse troppo, autoritario.
Continuava a guardarmi senza parlare. -Ok ora ce ne andiamo di qua, non è sicuro!- la alzai per le braccia e ne portai una dietro la mia testa, aveva le gambe graffiate, le braccia e la pancia piene di lividi e il volto pietrificato. Prima di passare l'ultimo albero per andare in macchina mi accertai non ci fosse nessuno così aprì lo sportello della macchina e la misi a sedere. Presi l'asciugamano nella borsa di Ju-Jitsu e la coprì. Salì in macchina e iniziai a incamminarmi verso casa.
-Devi andare dalla polizia.-  il mio sguardo era fisso sulla strada. Avevo paura, non so di cosa, forse dell'idea che qualcuno l'avesse ridotta così o forse di lei coperta da sangue che non sono certa neanche sia suo.
Si girò verso di me, continuava a fissarmi, ma non parlava.
-Ti prego parla ho bisogno di sapere cos'è successo!- iniziai a gridare, presa dalla paura.
Finalmente iniziò ad aprire bocca. -Non dovevi salvarmi.- mi disse volgendo lo sguardo verso la finestra. Fermai di botto la macchina.
-Che cos'è successo in quel bosco?- richiesi lentamente.
-Non posso parlare con la polizia, mi arresteranno!- disse in lacrime.
Slacciai di corsa la cintura e scesi dalla macchina. Quella ragazza aveva ucciso qualcuno? Perché allora piangeva? Si sentiva in colpa?
-Tu hai ucciso qualcuno? Quel sangue non è tuo?- chiesi sconcertata. La mia testa stava iniziando a esplodere. Stavo iniziando a diventare paranoica!
Ucciderà anche me?! 
Come se avesse letto nella mia mente mi rispose -Non ti ucciderò e no, non ho ucciso nessuno e si, questo è il mio sangue.-
-Devo sapere chi ti ha fatto questo!- dissi tranquillizzandomi e salendo in macchina. Mi allaccia la cintura e stavo per rimettere in moto quando qualcosa saltò sopra la mia macchina facendola vibrare.
-Parti, dai gas veloce!- grida la rossiccia accanto a me. Guardai nello specchietto retrovisore. Due grande cose si stavano avvicinando a noi lentamente. La ragazza continuava a gridarmi di partire, ma ero immobilizzata, uno di quelle due cose aveva gli occhi di un rosso fuoco. Quando mi voltai e vidi uno di quelli esseri davanti a noi appoggiato sul vetro della macchina la paura cedette il posto all'adrenalina e misi in moto la macchina il più veloce possibile e diedi gas. Quell'enorme creatura cadde dietro di noi e scomparve insieme agli altri due nella foresta. Per tutta la strada rimasi in silenzio finché, quando stavo per arrivare a casa iniziai a gridare. Cos'erano quelle cose?! Perché avevano quelli occhi?! Loro ti hanno fatto del male?!-
I miei occhi non smettono di vedere quello sguardo assatanato neanche un attimo.
-Ho bisogno di togliermi questo sangue. Ti prometto che ti dirò cosa sono.- mi rassicurò mentre parcheggiai la macchina.
Prima di entrare a casa cercai di ripulirmi le mani e il viso dal sangue. Entrai in casa per accertarmi che non ci fosse nessuno al piano di sotto, poi feci cenno alla ragazza di entrare e ci dirigemmo nella mia stanza.
Le diedi un asciugamano pulito e dei vestiti. Andò nel bagno nella mia stanza. C'era meno probabilità che i "miei" la vedessero. Uscita dalla doccia con i capelli ancora bagnati venne verso di me. La guardai fissa negli occhi e con decisione glielo chiesi. -Cos'erano quelle cose?-.

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