Capitolo diciassette.

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Esher, 18 Aprile 2014

Dopo decine di colloqui andati male finalmente uno si è rivelato quello decisivo, perchè i risparmi stavano finendo, perchè pesare sulle spalle giá ossute di Zayn era un peso, perchè aspettare pacchi da mamma e da Gemma con il necessario era diventato umiliante. Compongo il numero di quest'ultima appena scendo dal bus, e al primo squillo lei mi risponde "Ehi mostriciattolo tutto bene?" Sorrido di rimando perché questo vizio non le passerà mai e "Sorellina credo di essere diventato appena indipendente!" Fa strano dirlo, proprio io che ho iniziato a lavorare a sedici anni, risento quel brivido lungo la schiena di non dipendere più completamente da qualcuno, quella convinzione di poter fare qualcosa senza chiedere nulla a nessuno, quella sensazione di essere grandi. "Oh posso andare finalmente a comprarmi quel vestito!" fa soddisfatta e al tempo stesso insolente, come al solito dunque. Non mi hanno mai fatto pesare nulla, ma Gemma è così, senza peli sulla lingua, senza freni inibitori. "Davvero non ci credo, non sarà un granchè, ma ci siamo!" continuo io prendendo al volo un taxi, verso la clinica di Louis. "Ma dov'è che hanno preso un hipster come te?" domanda risoluta ridacchiando "In un negozio di libri, ed io non sono hipster!" E' una libreria davvero carina, dotata anche di questo piccolo angolo bar in cui è possibile sorseggiare caffè e sfogliare il tuo libro preferito, è un piccolo angolo di paradiso, a Louis piacerebbe così tanto... Poi la sento ridere forte, e mi pesca fuori dai miei pensieri mentre l'uomo si ferma esattamente di fronte all'edificio enorme ed io lo pago, lasciandoli perfino una mancia sostanziosa. "Ti manca solo la barba e ci siamo in pieno caro!" la sento trafficare con qualcosa e riprende "fammi andare piccolo tarzan, che mi sono appena chiusa fuori casa!" É il mio turno per ridere e lei sbuffa "un bacio grande a te, e due a Louis." "Ciao Gems, saluta mamma e buona fortuna!" E la comunicazione si interrommpe. Le due mi chiedono continuamente di Louis, infondo é giusto che sia importante anche per loro, lo hanno visto crescere, plasmarsi sotto i loro occhi, passando dal bambino perfetto al ragazzo con la sigaretta dietro l'orecchio e un libro sott'occhio. Ricordo con una nitidità disarmante il giorno in cui lo considerai parte integrante della famiglia, in cui seduto al tavolo con le donne della mia vita, non lo considerai un ospite ma semplicemente un elemento consueto e familiare, era il giorno del mio compleanno, si era fatto accompagnare da me solo per farmi una sorpresa. Scuoto la testa e alzo lo sguardo ritrovandomi davanti all'edificio che mi ha tolto forze e sonno, in cui passo tutto il mio tempo libero. Dopo la crisi di alcuni giorni fa, le nostre visite si sono fatte più insistenti, quando non può uno c'è sempre l'altro, e perfino le infermiere, che continuano in realtá a lamentarsi, chiudono sempre un occhio, perchè se ci siamo noi Louis è più tranquillo. La scena che mi si presentò dinanzi quel giorno fu atroce, perchè Jade me ne parlava con quell'abitudine nella voce che mi faceva contorcere ancora più profondamente il cuore, perchè quel Louis nudo, senza filtri, senza barriere, che soffriva ad ogni movimento, che stava male per ogni parola, mi mette ancora in brividi. Eppure quando la mattina ci svegliammo, io con la schiena a pezzi ed il collo dolorante e lui con le occhiaie profondissime, gli occhi rossi e gli zigomi che quasi si intravedevano attraverso lo strano sottile di pelle, sentì che ce l'avrebbe fatta, che ce l'avremmo fatta, perché mi sorrise. E in quel sorriso, illuminato appena dalla luce della lampada, si nascondevano la forza di mille uragani e la delicatezza di una farfalla, si nascondevano i momenti di massimo splendore e quelli di buio più assoluto, si nascondevano tutte le persone che aveva soltanto sfiorato, perchè uno come lui lascia ricordi e formula sensazioni per tutto coloro su cui appoggia gli occhi, ma soprattutto si nascondeva la sua anima, quella brillante e pura, quella che avrebbe sconfitto la morte.

Esher, 25 Aprile 2014

Per l'ennesima volta in ritardo corro fuori dal pullman trafelato, stringendo in una mano il cellulare ed un pacco di sigarette per Zayn, e nell'altra una busta di plastica contenente un thermos di thè caldo, necessariamente con poco zucchero e troppo latte, e delle mandorle.
Saluto con un sorriso tutte le infermiere e qualche medico che trovo per i corridoi, e di fronte alla sua stanza inspiro forte e sorrido, nel modo più vero e sincero: dentro ci saranno Louis, Zayn e forse Niall, staranno stravaccati da qualche parte, riempendo la bocca di parole vuote, aggrappandosi alla vita nel modo più semplice possibile, vivendola. Ed infatti una volta socchiusa lentamente la porta trovo Zayn e Louis a guardare Skins, stretti in una coperta troppo grande e colorata per quel posto, mentre Niall é sul balconcino, con una sigaretta a penzoloni dalla bocca mentre parla al telefono, non l'ho mai visto staccato da quell'aggieggio. Eppure nel caos delle voci scatenate dalla tv, dal vociare del biondo, dalle parole di Zayn, l'unica cosa che davvero conta sono gli occhi di Louis che sono belli, ma belli davvero, e quando mi vede si illuminano di una luce diversa. Ha quel tipo di occhi che farebbero crescere i fiori, che farebbero fermare una guerra, che mi fanno fermare il cuore. Perchè ha questo tipo di scintilla negli occhi quando tutto va bene, o mentre fa qualcosa che ama, o guarda qualcosa che ama. Quel tipo di occhi che se felici fanno sorridere chi gli sta intorno, chi lo guarda, chi gli parla, quel tipo di occhi che non lo rendono bello come quando era sulle copertine di quei maledetti giornali, ma bello più profondamente, una bellezza che fa capo solo direttamente alla sua anima.
“Ricordi quando impazzivo per Tony?” mi chiede e apre le braccia nella mia direzione, un invito muto a sistemarmi lì, mi sta facendo spazio fra le sue gambe, e dopo aver guardato Zayn, che annuisce convinto, alzo la coperta e sono fra le sue braccia. Dal giorno dell'emicrania il nostro rapporto è migliorato nettamente, non ci sono più problemi a toccarci, non ci sono più problemi a sfiorarci, é tornato tutto alla normalitá, lui è il mio LouLou ed io sono il suo Haz, non importa se siamo in una clinica e che lui abbia ancora il peso di un ragazzino, siamo noi ed il resto non conta. "Lo ricordo" soffio contro il suo collo, sfiorando la gamba di Zayn "Ma credo non ci sia stato mezzo telefilm di cui non ci fosse un solo personaggio di cui tu non fossi innamorato" sorrido guardando l'attore e ricordando tutti i pomeriggi passati sul suo letto, spalla contro spalla a vedere telefilm di cui raramente capivo la trama. "Ehi" mi schiaffeggia leggermente un braccio "cosa stai insinuando?"
"Che tu sei più bello di tutti loro." Dico guardando però ancora lo schermo e lui soffoca un gridolino nei miei capelli e mi lascia un bacio sulla guancia. 
"La cosa peggiore é che tu sei il mio personaggio preferito" sussurra dritto nel mio orecchio, facendo partire da quel punto una serie di scariche elettriche che puntano tutte ad un unico pensiero: che non c'é bisogno di aspettare il momento giusto per essere felice, che non serve aspettare di avere un lavoro, di sistemare la situazione, di riavere quei 10 chili sul suo corpo magro, ogni scarica mi porta solo a pensare che ogni momento é giusto per essere felice, anche se sei nei casini fino al collo, anche se pensi che sia tutto finito, che non ci sia speranza, anche se non hai nulla é sempre il momento giusto per essere felice e questo è assolutamente uno di quelli. "E non c'è telefilm che tenga." E  non mi è ancora chiaro il perché ma sento questo momento fissarsi proprio lì, fra una costola e l’altra, fra una parola detta e una taciuta, fra il cuore e l’anima. Sento questo momento urlare per sempre. Lascio una serie di baci leggeri all'interno del suo polso, perché delle volte le parole non servono ma soprattutto non potrebbero trasmettere nulla di quello che provo davvero.
“Vorresti una tazza te?” chiedo dopo alcuni minuti in cui semplicemente mi beo della sua presenza senza dare troppa importanza alla busta di plastica lasciata ai piedi del letto, mentre Niall ci informa di tornare fra poco per andare a prenderci da mangiare. Lo dico cauto, sorridendo piano contro la pella tenera e più chiara dell'interno del suo polso, questo come altre parti del corpo di Louis, é ricoperto di una leggera peluria, dovuta alla perdita di peso. Me lo ha spiegato Zayn, con tanti termini tecnici, che portavano però ad un’unica conclusione: il suo corpo ha prodotto questa peluria per tenerlo al caldo. Non si parla di tutto questo davanti a lui, di queste piccolezze che riempiono il nostro cuore di ansia e terrore, ma certe volte quando pensa di non essere guardato, il suo sguardo si spegne in una sfumature dura e piatta, fatta di certezze e rassegnazione. Perchè é questo che pensa, anche se noi non gli diciamo quanto grave sia stata la sua situazione, anche se portiamo i medici fuori dalla stanza quando ci sono novità, anche se probabilmente lui non sa ancora che le sue ossa si sono assottigliate, che la sua frequenza cardiaca è più bassa del normale, che al momento potrebbe essere quasi del tutto impotente, lui, dal suo punto di vista, è già morto, pensa di poter fare qualsiasi cosa, di poter impiegare tutti i mezzi disponibili e di non riuscire comunque a scalfire il destino... Mi guarda interrogativo, per nulla convinto ed io riprendo “3 minuti di infusione, poco zucchero e tanto latte.”
Fa un mezzo sorriso, ed inclina la testa. E’ quello che vuole lui, lo so, sta solo lottando contro qualcosa di più profondo, e poi il sorriso si allarga.
“Va bene solo una tazza, però” poi ha un lampo di genio “anzi, voglio fare due tiri alla sigaretta.”
Zayn lo guarda di sottecchi, con un cipiglio sul viso “Lou non fare il bambino.”
“Se vuoi fumare” gli mostro il pacco di sigarette “devi mangiare qualche mandorla.” Zayn mi guarda rimproverandomi, mentre Louis è del tutto terrorizzato, le mandorle sono caloriche è vero, ma erano le sua preferite quando era più piccolino, deve mangiarle solo un paio.
“Zainy difendimi” nasconde il viso nel collo del moro ed io scuoto la testa divertito, il mio piccolo, bellissimo ed indifeso LouLou.
“Eh no, mangia e potrai fare qualche tiro.” Gli picchietta su una spalla e i suoi occhi sbucano dal loro nascondigli ancora spaventati, ma adesso un po’ più sicuri.
“Tu sei un traditore” pugnala Zayn al centro del petto con un dito e poi riserva a me tutta la sua rabbia “e tu sei uno sporco ricattatore.” Sta attraversando uno dei suoi sbalzi d’umore, lo vedo da come si pizzica la base del naso, e di come i suoi occhi siano più socchiusi del solito. “Non lo bevo il tuo tè del cazzo e nemmeno le tue mandorle, va bene?”
“Louis solo un goccio okay?” mi avvicino lentamente al letto e lui mi guarda in cagnesco “E’ come piace a te, ricordi che dicevi sempre che solo io e tua madre sapevamo farlo come piaceva a te?” gli prendo le mani quasi con forza, in quanto in un primo momento si allontana dal mio tocco quasi scottato.
“Vaffanculo” soffia girando la testa verso la finestra, privandomi del suo specchio d’anima. Zayn è muto, si alza lentamente e spalleggia il muro dietro di me, mi sta lasciando carta bianca, ed io non so davvero come comportarmi, ma devo risalire questo muro che sta erigendo davanti ai miei occhi e distruggerlo completamente. “Sei tu il mio cazzo di problema, non riesco quasi a respirare.”
Lascia le mie mani e corre sul balconcino, appoggiandosi alla ringhiera e respirando profondamente, io lo seguo immediatamente mentre Zayn esce dalla stanza, lo sto deludendo, sta vedendo il suo sogno di veder Louis di nuovo bene, distrutto.
“Piccolo va tutto bene, respira piano, va tutto bene” ho paura che possa fare qualche pazzia, che possa in qualche modo volersi fare del male, aveva ragione Jade il balconcino doveva rimanere chiuso, siamo stati degli stupidi.
“Vedi? Sei tu il mio problema, arrabbiati con me, urlami addosso, trattami male” si allontana dalla ringhiera solo per prendermi dal bavero della camicia “ma non comportarti come se ti importasse di me, come se fossimo amici”
“A me importa di te Louis, noi siamo amici da tanto tempo, noi…”
“Ecco il problema” lascia la maglietta e si butta fra le mie braccia, facendo accasciare entrambi per terra “Mi ricordi chi ero, e chi forse non sarò mai più.”
“Fidati di me” sussurro, facendo mischiare i nostri respiri, con le pelle di entrambi che brucia a contatto con l’altra, con i pensieri che vorticano forte ed il tè che è ancora caldo sul tavolo “ti riporterò a casa dove potrai essere chi vuoi.”






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