Esher, 4 Aprile 2014
Alzo lo sguardo e davanti a me c'è una distesa d'acqua limpida e cristallina, la sabbia bianca sotto i miei piedi nudi scotta e le orecchie si affannano cercando di capire i suoni che la gente intorno a me emette. Non riesco a smettere di sorridere neanche quando dei bambini a riva mi schizzano, bagnando con l'acqua gelida le mie gambe pallide come al solito. Tutt'intorno è un amalgamarsi di colori, forme, rumori e vite diverse, tutte messe insieme dalla magia e dalla serenità che solo il mare è in grado di donare, la distesa chiara che si scontra con le rocce vulcaniche intorno a me, la musica lenta che si fonde con il chiacchiericcio della gente, le risate che si confondono con l’andamento delle onde, ma nemmeno quest'armonia è la ragione della felicità che sento irradiarsi dal petto e interessare ogni centimetro di pelle, che mi fa arricciare le dita dei piedi mentre avanzo nella distesa d’acqua fredda e sentire comunque caldo dentro, l'unica ragione per il quale sono così felice sono le dita intrecciate alle mie, così conosciute e allo stesso tempo ancora da scoprire, con le unghie corte e curatissime, con quei tre nei sul dorso che formano un triangolo perfetto, con l'impossibile ma costante freddo che trasmettono, nonostante ci siamo più di 40 gradi. E queste dita appartengono alla persona per la quale sarei disposto a scalare montagne e montagne, a farmi un oceano a nuoto, a sorbirmi un noiosissimo spettacolo a teatro, la stessa persona che con uno sguardo liquido e tiepido mi si avvicina lentamente per baciarmi e poi mi spinge, facendomi capitolare nell'acqua gelida. La stessa persona a cui appartengono i risolini cristallini e gli urletti poco mascolini che riempiono l'aria mentre lo rincorro, la stessa persona che quando riesco a prendere mi guarda con un angolo della bocca alzato e mi sorride preparandosi al peggio, la stessa persona che mentre cerco di portare sott'acqua aggancia le sue braccia al mio collo e mi bacia spazzando via ogni mia necessità: non ho più bisogno d'aria per respirare, non ho bisogno di muovere i piedi per mantenermi a galla, non ho bisogno di altro per vivere se non delle sue labbra sulle mie, che si tendono in un sorriso mentre sguscia fuori dalle mie braccia e mi sorride, lasciandomi ammaliato come dalla voce di una sirena, mentre sul suo viso riesco a leggere l'unica frase che so possa pensare in questo momento: ti ho fregato. Ed io sorrido, forte, tuffandomi e iniziando a nuotare velocemente per raggiungerlo, non per vendetta o per la voglia di sentire la sua voce pregarmi di non lasciarlo cadere magari dalle mie spalle, ma per il semplice gusto di sentirmelo addosso, perchè è qui che deve stare. Contro la mia pelle, contro il mio petto, contro la mia anima, perchè solo così il mio cuore puó battere normalmente, solo così posso chiamare la mia esistenza vita e non sopravvivenza, perchè solo così il mondo comincia a brillare dei colori dell'arcobaleno. E me ne rendo conto quando la sua bocca è di nuovo sulla mia, le sue dita accarezzano le mie guance e le sue gambe circondano la mia vita, che intorno Tenerife poteva essere anche meravigliosa ma solamente adesso splende di luce propria, solo adesso ai miei occhi appare animata da colori vivaci e squillanti, colori che spazzano via il grigio che ho ancora dentro, e che Louis non dovrebbe nemmeno conoscere.
Delle braccia mi scuotono con forza e la prima cosa che i miei occhi vedono sono due macchie di caramello fuso che mi fissano con fare preoccupato.
“Harry che succede?” Le sue mani che prima mi scuotevano per le spalle, adesso sono intorno al mio viso mentre cerca di calmarmi, ed io mi rendo conto solo adesso di avere gli occhi bagnati e la bocca dolorante, bocca dalla quale escono solo rantoli scomposti che dovrebbero servire a spiegare la mia confusione, il sogno, il mare… “Stavo leggendo ad hai iniziato a ridere e allo stesso tempo a singhiozzare, non ti svegliavi, è tutto passato” dice tutto d’un fiato sedendosi e passando un solo braccio intorno alle mie spalle, mentre con una mano mi accarezza i capelli “era un incubo.”
“Era un sogno Zè” spiego con la voce bassa per il sonno e per il pianto, mentre altre lacrime calde mi solcano il viso “il più bello di tutta la mia vita.”
Mi guarda comprensivo e spegne la luce, posando il libro e gli occhiali sul comodino, aspettando una mia spiegazione più comprensibile. Cercando di creare quell'atmosfera tanto intima da poter ben accogliere le parole di un pazzo innamorato: tutt'intorno è leggermente illuminato dai raggi della luna, in un alone magico e malinconico al tempo stesso, tanto da farmi pensare ai momenti che ha passato Louis in un letto qualsiasi pensandomi, pensando che io lo stessi abbandonando, pensando che non fosse abbastanza. “Eravamo al mare, e ci tenevamo per mano, ed eravamo contenti” non trovo parole migliori, non riesco a pensare a nient’altro se non al calore che provavo tenendo la sua mano nella mia, alla scarica elettrica delle sue labbra unite alle mie, alla sua risata mentre si prendeva gioco di me “non c’erano ombre nei suoi occhi, era felice, sul serio, con me.” Mi scappa un singhiozzo e Zayn mi si fa più vicino, abbracciandomi con più forza e accucciandosi al mio fianco.
“Ci riuscirai, io lo so. Non vedi già i miglioramenti? In questo mese ha perso un solo chilo.” Mi sorride, e noto solo adesso i suoi occhi rossi, la barba più lunga del solito, i capelli disordinati e le occhiaie violacee. Zayn che è stato roccia contro tempo ed intemperie, la notte ha il suo momento per crollare, ed io sono qui a scocciarlo con quella che sembra una cotta adolescenziale.
“Scusami, non dovrei nemmeno parlartene, Dio perché sono così stupido?” Lo abbraccio a mia volta e lui affoga il viso nella piega del mio collo, aspirando forte il mio odore “Mi ricordi così tanto lui. E ti parlo del ragazzo che ho conosciuto all’inizio, quello sfacciato e sempre in movimento.”
“Il mio Louis” faccio ricordando il loro primo incontro, la mia rabbia, il loro amore. Nemmeno sforzandomi e usando il massimo della mia fantasia sarei riuscito a immaginare dove saremmo finiti, nemmeno mettendocela tutta.
"È lì, lo ricordi?" Mi guarda fisso e non riesco a respirare, le lacrime si bloccano in gola "Me lo hai fatto capire proprio tu."
"Lo so,ma vederlo su quel letto così piccolo e indifeso..."
"Sta cercando di farti forza lo sai?" Mi chiede bloccando il movimento fra i miei capelli e accarezzandomi la nuca.
"Ed è questo che fa più male" ammetto con non poco sforzo "è lui che ne avrebbe bisogno ma si ostina ancora a voler aiutare gli altri. Quando si prenderà cura dei suoi problemi?"
"Vieni sempre prima tu piccolo." Ed io lo so, lo so che si è comportato sempre in questo modo, con le sue sorelle, con la sua famiglia, con tutti. Ma adesso non è il momento, adesso non può, adesso non deve "Si sta preoccupando di come tu possa reagire quando..."
"Non dirlo!" Lo interrompo brusco, con lo sguardo vacuo. I miei occhi puntati sulla sua figura, che però non lo vedono, vedono tutti i momenti fra me e Louis, tutti gli abbracci, tutte le parole, tutto. E annaspo.
"Harry..." mi prende dai lati della faccia ed i nostri occhi si scontrano, in un misto di disperazione e dolcezza "se Louis dovesse morire tu dovrai essere pronto ed imparare a stare bene."
"Non esiste universo dove un Louis sta male, non respira, o muore, ed un Harry riesce a stare bene."
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Feel the moment.
FanfictionEd Harry lo ricorda come se fosse ieri il momento esatto in cui si rese conto che la vita stava lentamente sgusciando via dal corpo di Louis Tomlinson, e che probabilmente non ci sarebbe stata nessuna via di ritorno.