Capitolo 22.

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Cominciavo a chiedere quanto la mia pazienza avrebbe retto. Per opera del fato venivo messo ogni giorno a dura prova, e ogni mattina mi domandavo sempre se sarei mai riuscito ad arrivare a metà giornata. Avevamo deciso di restare amici, di non andare oltre. Lei aveva dubbi riguardo ai sentimenti che provava per me, voleva esserne sicura prima di buttarsi in una relazione amorosa con uno sconosciuto. Ovviamente ho cercato di essere comprensivo nei suoi confronti, di capirla più di quanto potevo, e assecondarla. Voleva un'amicizia per iniziare e quella gliela stavo dando tutta, aspettando che un giorno o l'altro, non lontano da quello, lei mi avrebbe dato l'ok per ricominciare da capo il nostro vecchio percorso. Solo che invece di giorni, o settimane, come immaginavo, lei ci impiegò un paio di mesi, rendendo l'attesa molto più angosciante del previsto.

Per fortuna, a distanza di mesi dal nostro chiarimento, la sua memoria aveva deciso di tornare a fare capolino. Dire che ero contento era dir poco, perché davvero, davo di matto per la felicità. Forse più di lei.

La parte che adoravo era che ogni notte, puntuale come un orologio svizzero, il mio cellulare cominciava a suonare, e puntualmente era lei dall'altro capo del telefono.

Ricordo la prima notte che è successo:

Dormivo tranquillamente, aggrovigliato tra le lenzuola di cotone, con la testa infilata sotto al cuscino. Stavo cominciando a sognare qualcosa di piacevole, che nemmeno il tempo di iniziare venne interrotto. Partì la vibrazione, e a seguito la suoneria. Fu questione di secondi.

«Che diamine...» borbottai appena lo sentii. Poi sbuffando lo presi da sopra il comodino. Mi venne un colpo leggendo il suo nome. Pensai a qualcosa di grave, le 3 di notte non era un orario in cui lei era solita chiamare.

Mi sedetti nel mezzo del letto prima di accettare la chiamata.

«Emily, che succede?» risposi allarmato nonostante la bocca ancora impastata dal sonno.

«Ehi, calmati.» la sentii sorridere. Pensai immediatamente che era stata da qualche parte e avesse bevuto.

«Sei ubriaca?» mi lasciai andare a peso morto con la testa sul cuscino, molto più rilassato rispetto a poco prima.

«Joey! Ma cosa vai a pensare...» potei immaginarla a scuotere la testa. Sorrisi, ma volevo sapere cosa le fosse successo per chiamarmi giusto a quell'ora. «Ho avuto un ricordo!» urlò, facendomi allontanare di poco il telefono dall'orecchio.

«Ti va di scherzare?» non so perché ma quella storia mi sembrava surreale.

«Che stupida... ed io che ho pensato a te come prima persona a cui raccontarlo.» bene «Non ti disturberò più.»

«No, no, no.» la fermai. «Ti obbligo a disturbarmi ogni qualvolta ti ricapita. Non mi importa se sono sveglio, se dormo, se lavoro o meno, tu dovrai disturbarmi.»

«Grazie!» era felice, ed io con lei. «Ho ricordato del modo in cui ti ho conosciuto, e del mio ex di cui mi hai parlato...» cominciò a raccontare tutto il sogno/ricordo che aveva avuto. E da qui cominciarono una lunga serie di notti passate a telefono con lei e i suoi racconti. Ero semplicemente felice, nonostante la mattina fosse un trauma sentire la sveglia e doversi forzare ad alzarsi per il lavoro.

Due lunghi mesi passati così, e poi il nulla.

Di punto in bianco era sparita. La notte mi svegliavo pensando di non aver sentito il cellulare, e invece non c'era nessuna notifica di chiamata. Durante il giorno provavo a chiamarla diverse volte e il suo telefono era staccato, o se attivo non rispondeva. Avevo capito che stava bene, l'avevo vista da lontano e stava bene, ma aveva deciso di ignorarmi facendomi ancora una volta del male.

Quegli occhi verdi come la speranzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora