Capitolo 17.

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Il natale di quell'anno, fu per me uno dei miei preferiti. Ero felice come non mai. Avevo la mia famiglia accanto, e soprattutto avevo lei al mio fianco. In due giorni avevo fatto grandi passi avanti, e pure se non sapevo come comportarmi dopo il bacio della notte, volevo a tutti i costi continuare a passare del tempo con lei. Così la mattina le proposi di passare la serata insieme, e lei accettò, invitandomi però a passare parte del tempo con dei suoi amici. Non avevo alcun problema, l'importante era stare con lei, poi soli o in compagni di altri era quasi indifferente.

Alle 20 in punto fui davanti casa sua. Le mandai un messaggio per avvisarla, ma quando non ottenni alcuna risposta mi affrettai a chiamarla.

Rispose quando stavo per staccare.

«Hey» la sua voce era leggermente affannata.

«E' successo qualcosa?»

«No, dammi tre minuti e arrivo.» era in ritardo come tutta la stragrande maggioranza delle donne.

«Fa' presto, sono qui da un paio di minuti, non vorrei uscisse tua madre e scoppi la guerra.»

«Tranqui-» fece una pausa «Tranquilla Rosalie. Arrivo.» chiaro segno che non era più sola. «Cominciamo bene» borbottai facendola ridere prima di concludere la chiamata.

«Parti, veloce.» mi ordinò ancora prima di chiudere la portiera con uno scatto. Obbedì, e ad un paio di case più avanti accostai nuovamente. Volevo ammirarla un attimo. E cavolo, era meravigliosa. Mi pentii di averlo fatto quando i miei pantaloni si restrinsero, era una situazione al quanto imbarazzante per me, e sperai che lei non se ne rendesse conto.

«E' troppo rischioso starti accanto.» le feci presente, ma senza destare sospetti.

«Non sono io quello che per qualche causa a me sconosciuta ha un problema con mia madre.» ovviamente aveva capito tutt'altro. Era positivo... o forse no?

«Non intendevo quello.» mi fermai, non sapendo bene che frase dire, ma lei mi incitò a darle una spiegazione. «E' che sei troppo bella e rischio un infarto.» le mostrai uno dei sorrisi più belli che potessi mai farle.

Lei spalancò gli occhi, evidentemente sorpresa, e cominciò a farfugliare parole in lieve disagio. «Io... Cioè... Tu... Oh diamine, andiamo a quel locale.» se ne uscì facendomi ridere. La amavo, non c'era alcun dubbio.

«Ok, ma dovrei sapere il nome del locale.»

«Oh giusto...»

Arrivammo al the guest house, ed entrando nel locale Emily cominciò a cercare con lo sguardo la sua amica tra l'immensa folle di gente che era presente, quando alla fine fu lei a trovare noi.

«Non mi avevi detto che saresti venuta in compagnia.» ammiccò la sua amica prima di abbracciarla. Quella lì doveva sapere qualcosa di cui io non ero al corrente.

«Sai, è una scusa per scappare via il prima possibile.» Scherzò lei.

«Oh immagino...» rise l'altra »Piacere, io sono Rosalie.» mi porse la mano. Era la stessa ragazza bionda con la quale la vedevo sempre ai mercatini. Colleghe e, a quanto pare, anche grandi amiche.

«Joey, piacere mio.» ricambiai la stretta.

«So già chi sei. E voglio avvisarti, trattala male e saranno guai per te, caro.» mi puntò il dito contro. Anche lei una con le palle.

«Rosalie smettila.» Emily si coprì la faccia con le mani nascondendo un lieve rossore che non era sfuggito ai miei occhi. Era un situazione un tantino bizzarra.

«Tranquilla Emily, la tua amica ha ragione. Si deve trattare bene una principessa.» completai il discorso facendo solo peggiorare le sue gote.

«Guarda tu che dico sul serio. Non farla soffrire.» l'amica continuò a mettermi in guardia.

«So quanto in fondo lei sia sensibile, non mi premetterei mai di ferirla.»

«Bravo ragazzo.» mi diede una pacca sulle spalle, e poi continuammo a scambiare un altro paio di chiacchiere a riguardo della principessa al mio fianco. Finì per confermarmi che aveva sempre tifato per noi due, osservandoci da lontano, e aveva spronato diverse volte la sua amica a conoscermi. Che dire... mi stava già molto simpatica.

Me la portò via giusto due minuti, nei quali io osservavo il gruppo di ragazzi e ragazze che stavano con noi. Quando tornarono ordinammo tutti da bere, ed io finii per circondarle le spalle e tenerla più vicino a me, quasi avessi paura di perderla lì in mezzo a quella gente.

Stavo vivendo esattamente tutto ciò che desideravo, mancava solo lei e il suo amore nei miei confronti, ma ero sicuro che non fosse poi così distante da noi.

Ci voltammo entrambi quando qualcuno chiamò il suo nome. Lei sbiancò all'istante vedendo la sorella, io invece ero tranquillo, sapevo che Alisha era innocua e ci avrebbe coperti.

«Hey Ali, anche tu qui?» Emily la salutò, visibilmente preoccupata e agitata.

«Già...» ci osservava curiosa e preoccupata allo stesso tempo «Posso parlarti?» lì me la vidi sottrarre per la seconda volta in quindici minuti, e la cosa cominciava ad infastidirmi.

Tornò dopo pochissimo da me e tracannò tutto il contenuto del bicchiere che aveva in mano. Qualcosa non andava più bene come prima. Anche la sua amica lo notò, e immediatamente le domandò se fosse tutto ok, ed Emily rispose positivamente, mentendo. Era evidente.

«Cosa ti ha detto? Ha fatto problemi per me?» le chiesi in modo frenetico dopo che Rosalie si allontanò da noi.

«Non voglio parlarne qui. Ti prego andiamo via.»

Non me lo feci ripetere una seconda volta. La presi per mano, e dopo aver salutato la portai via da lì.

Le domandai cosa fosse successo, ma lei non rispose. Era agitata, pure fin troppo per i miei gusti. Solo quando insistetti parlò.

«Emily, dimmi cosa ti ha detto? Stavi bene prima di parlare con tua sorella»

«Dimmelo tu.»

«Dirti cosa?» lì per lì non capii cosa volesse sapere. Ero così preso dal passare del tempo con lei che avevo per un attimo dimenticato ciò che lei avrebbe dovuto sapere.

«Dirmi tutto. Del perché hai paura di mia madre e del perché sei in pericolo.» Ecco che eravamo arrivati al punto.

«Ecco cosa ti ha detto...» scossi la testa. «E' tutto a posto Emily, non devi preoccuparti per me. Me la caverò.» almeno era quello che speravo. Tra tutte le cose che avevo studiato in accademia, dell'argomento che avrei dovuto sapere più di tutti non avevo nemmeno controllato di sfuggita il numero della pagina del libro. Avevo preferito non informarmi sul mio presunto destino, e di conseguenza non sapevo nemmeno se in una possibile causa l'avrei avuta vinta io o sua madre. Possibilmente dopo anni la denuncia nemmeno era possibile farla, o magari sì ed avrei pure dovuto pagare le conseguenze. Ma la paura era troppo per spingermi ad informarmi. In fondo non avevo abusato di lei, ci avevo solo fatto l'amore sotto il suo consenso. E in quel momento che riflettei sulla cosa mi maledii mentalmente. Magari non rischiavo nulla ed io avevo solo sofferto per anni inutilmente. Sarei andato a fondo sull'argomento appena arrivato a casa.

«Per cosa?» chiese ancora «Joey credimi... Devo sapere tutto, tutto stasera. Ho bisogno di sapere.» e non potevo biasimarla, era giusto che lei sapesse. Doveva conoscere la verità, subito.

Quegli occhi verdi come la speranzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora