Capitolo 9.

152 13 3
                                    

Io le mie buone intenzioni stavo provando a mettercele tutte, dopo aver pianto come un bambino la sera prima, ero arrivato alla conclusione di dovermi fare forza e provare ad instaurare un'amicizia con lei. Eppure non riuscivo a smetterla di giocare allo stalker, era una cosa impossibile da fare secondo il mio cervello. Solo il pensiero di perdermi un qualcosa di importante della sua vita mi distruggeva, volevo sapere ogni singola cosa possibile.

Quel lunedì sera ero finito per aspettarla fuori dal centro di vigilanza. Più che altro il tempo quella sera non prometteva bene, e la moto non era l'ideale per tornare a casa, così sperai in un temporale per poterla riaccompagnare a casa. Certo, la speranza che lei accettasse il mio passaggio c'era, ma la certezza no. Sicuro mi avrebbe sputato in faccio anziché accettare.

Avrebbe dovuto avere una riunione, e fortuna che io avevo seguito il mio istinto e avevo deciso di parcheggiarmi lì davanti fino dall'inizio ed aspettarla, visto che a quanto pare era stata annullata all'ultimo. La vidi uscire, e aspettai che finisse di parlare con la sua amica prima di fare qualche passo.

La lasciai avvicinare alla moto, e come se qualcuno avesse ascoltato le mie preghiere cominciò a diluviare. Per ripararsi si era rifugiata sotto la tettoia, proprio poco distante da dove mi trovavo io. Il vento aumentava, e dalle sue espressioni capii che stava maledicendo il cielo in mille modi. Non era più rimasto nessuno oltre noi, e il vento spazzava l'acqua ovunque, pure su di lei. Era ora di farsi avanti.

«Vieni con me o preferisci bagnarti ancora?» le chiesi dopo aver abbassato il finestrino. La vidi avvicinarsi alla macchina, e per un attimo esultai interiormente di gioia. Gioia che passò appena la vidi ritrarsi indietro. «Non aver paura, voglio solo essere gentile.» continuai cercando di rassicurarla. E invece lei indietreggiò ancora. Ma era prevedibile, dopo come mi ero comportato nei giorni passati.

«No, non verrò da nessuna parte con te.»

Scesi dall'auto quando, almeno ci saremo bagnati in due. E invece lei salì in sella alla moto e fuggì via.

Rientrai dentro e la seguii, dovevo parlarle. Continuai, e pregai che avesse cambiato le gomme, non avevo alcuna voglia di vederla stesa sull'asfalto per causa del manto scivoloso. Doveva essere sicuramente impaurita. Continuò a correre ed entrò in un passaggio pedonale. Mi rassegnai di starle dietro e decisi di aspettarla a casa sua.

Arrivai poco prima di lei, lasciai la macchina dove non potesse notarla ed aprii il garage entrando dentro. L'avrei aspettata lì.

Entrò, e spense la moto. Ero attaccato alla parete, proprio accanto all'interruttore dove misi una mano. Vedevo la sua ombra muoversi, e cercare qualcosa a tentoni. Poi la sua mano raggiunse la mia.

Urlò.

«Ssh.» provai a tranquillizzarla prima di accendere la luce, ma ovviamente ebbi l'effetto opposto. Mi sentii uno stupido per aver solo pensato di farla calmare. Continuavo a sbagliare, era palese. La luce bianca ci invase, e per un attimo sembrò accecarci entrambi. Poi lei mise a fuoco, e dopo aver sbarrato gli occhi alla mia vista cominciò ad indietreggiare. Mi sembrò perfino di vederla tremare. Provai ad andarle in contro, ma era solo peggio.

«Non avvicinarti o urlo finché non mi sentono, ci stanno delle persone in casa.» cercò sicuramente di intimorirmi, ma non ci riuscì affatto. Col cielo che si squarciava ogni quaranta secondi non l'avrebbe sentita nessuno.

«Lo so, lo so bene che c'è qualcuno.. Ma la casa non è collegata al garage e con questo tempo nessuno ti sentirà.» continuai ad andare verso lei finché non fu con le spalle attaccate al muro.

«Devi smetterla di seguirmi.» disse con un pizzico di sicurezza in più.

«Non ci riesco.» ammisi prendendole le mani fredde tra le mie calde.

«Ti denuncerò!» affermò convinta di quelle parole.

Ero certo non lo avrebbe fatto, ma per sicurezza ci misi del mio.

«Non puoi farlo.» dissi «Non conosci il mio nome, e soprattutto non ti crederanno... Sono un poliziotto e non sono ciò che tu vedi.»

«Sei uno stalker, come fai a dire il contrario?» mi guardava con quegli occhi verdi dentro ai miei.

«Guardati.» presi alcune ciocche dei suoi capelli tra le dita «Sei tutta bagnata.» le rigirai tra le mie dita. Erano molto più lunghi di qualche anno fa. «Se solo avessi accettato il mio aiuto...» lasciai la frase in sospeso, non c'era bisogno di ulteriori spiegazioni.

«Smettila, vattene!» spostò la testa di lato in uno scatto.

«Ti prego, non aver paura di me.» la supplicai «Non voglio farti del male.»

«Cosa vuoi? Cosa vuoi da me?»

«Voglio te... ma non posso.» risposi accarezzandole il viso liscio e limpido.

«Cosa non puoi?»

«Non posso averti.» ammisi dispiaciuto «No fin quando tu non ricorderai.» iniziai ad allontanarmi per lasciarla libera. Stavo già parlando troppo.

«Ricordare cosa?»

«Il tuo cuore lo sa.» Scappai via prima di finire per fare un'altra mossa azzardata. Forse però in tutto quel casino qualcosa di buono ero riuscita a combinarlo: sembravo aver attirato la sua attenzione. Avevo innescato in lei la curiosità che l'avrebbe fatta avvicinare a me. 

Quegli occhi verdi come la speranzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora