Capitolo 19.

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«Significa ciò che penso?» domandò toccando la cornice di una foto.

Dopo essersi guardata in torno più volte, e con la bocca spalancata di stupore, aveva deciso di alzarsi in piedi e cominciare a scoprire quel mondo da vicino. Osservava le pareti tappezzate dalle nostre facce, più la sua che la mia. Poi si avvicinò alla scrivania e prese una sua foto, l'unica recente che avevo esposto. La voltò, come se già fosse a conoscenza della mia dedica dietro. Diceva: "Sei bellissima. Vorrei poterti vedere così ogni giorno. J. "

La vidi sorridere, e quando mosse qualche passo verso la mia direzione calai lo sguardo sul pavimento. La paura di una sua reazione negativa era tornata a prendere possesso di me.

Venne a sedersi accanto a me. «Allora?» chiese, e qui mi ricordai della sua domanda.

«Dipende da ciò che pensi?»

«Ok. Cambiamo domanda, tanto ho già capito.» annuii. «Per quanto tempo siamo stati insieme?»

«Due anni. I due anni che non ricordi.» spiegai.

Tremavo, tremavo a dire quelle parole, tremavo al solo pensarle. I due anni più belli della mia vita erano quasi diventati solo un brutto ricordo che ogni volta mi laceravano un pezzo di cuore.

«Quindi dai 18 al giorno dell'esplosione.» fece due calcoli azzeccandoci in pieno.

«Esatto.» confermò le mie parole.

«Quindi...»

«Quindi morale della favola è che se tua madre sa che io ti ho cercata o ci vede insieme mi denuncia. A meno che non sia tu a cercarmi.» feci un brevissimo riassunto «Le ho promesso che non ti avrei cercata, tranne se saresti stata prima tu a cercarmi. Lì allora ti avrei potuto riavere. Lei ha detto che non sarebbe successo mai, che tu non ti saresti ricordata di me, e quindi... Direi che è meglio finirla qui.» ammisi con delusione.

«Finire cosa?» chiese con un sussurro, quasi avesse paura di qualcosa.

«Si è fatto tardi, meglio se ti riporto a casa.»

«Joey, finire cosa?» la guardai, con dolore, con tristezza... stavo distruggendo nuovamente tutto. «Lascia stare, ci torno da sola a casa.» disse non ricevendo alcuna risposta da parte mia. E due secondi dopo la vidi andarsene via sbattendo la porta d'ingresso.

Restai per ore in piedi nella stessa posizione in cui lei mi aveva lasciato. Ore a pensare a lei, a noi... ore a pensare di risolvere qualcosa. E invece alla fine mollai tutti i miei progressi, le mie fatiche, le mie buone intenzioni, con uno stupido messaggio.

"Perdonami anche questa volta. Sarà l'ultima che te lo chiedo. E' meglio così, finirla qui per sempre. Avrai sempre la parte più grande del mio cuore. Addio J."

Così le scrissi prima di scagliare il telefono contro le pareti di quella stanza e cadere in ginocchio sul pavimento, finendo per scoppiare a piangere come un bambino.

Avevo aspettato tre anni per averla, l'avevo persa dopo due, e avevo aspettato altri tre anni per parlarle. Adesso l'avevo lasciata andare ancora una volta. Forse per sempre...

Quegli occhi verdi come la speranzaDove le storie prendono vita. Scoprilo ora