Un mese dopo
Plof.
Andrew, alzando gli occhi sul fiume che gli scorreva placido a pochi metri di distanza, si soffermò sugli innumerevoli cerchi concentrici che avevano iniziato ad allargarsi sulla superficie acquorea. Non aveva più voluto cercare notizie su Rossella dopo quanto successo con Antony, in parte perché si vergognava di sé stesso e, in parte, perché era stata lei a volersene andare. E poi non poteva non biasimarla perché, se anche avesse accettato la sua proposta di andarsene lontano da Chicago, lui gli avrebbe ricordato continuamente suo cugino in un modo o nell'altro, insieme a ciò che lui le aveva fatto. Sospirò avvertendo un pesante peso sullo stomaco, dovuto a uno dei tanti sogni ricorrenti che faceva da un mese a quella parte, in cui vedeva Tony agonizzante sul pavimento dello scantinato, con un enorme pezzo di vetro scuro piantato alla base del collo. E, puntualmente, si svegliava subito dopo aver scoperto di stargli davanti con un medesimo pezzo di vetro stretto nella mano.
Si passò una mano sul volto sciupato dalla stanchezza, su cui spiccavano due vistose occhiaie che facevano da contorno agli occhi arrossati e segnati dalla ripetuta mancanza di sonno. Avrebbe solo voluto dormire una notte serena. Stava andando avanti per inerzia. La pioggia fine, che gli imperlava il volto di una patina bagnata, scivolava giù verso il colletto aperto della giacca marrone, raggruppandosi in gocce più grosse. Ogni rivolo gli procurava un brivido di freddo, ma non gli importava granché, dopotutto si sentiva così a suo agio con quel tempo così triste...
«Sei venuto qui a commiserarti come fai sempre?» Gli chiese dal nulla una voce che riconobbe subito e, Andrew, sogghignò acido raddrizzando la schiena.
«Già.» Esclamò scacciando quel senso di vuoto, prima di lanciare un sassolino nel fiume. «Mi hai seguito?»
«Non ce n'era bisogno, dopotanti anni passati a farti da balia penso di conoscerti ormai fin troppo bene.»Continuò Oliver avvicinandosi a lui. Lasciò vagare lo sguardo deciso sulpanorama, ammirando il fianco orientale del fiume. Era incredibile ladifferenza di stili architettonici tra le due sponde: due mondi completamente opposti, da una parte l'élite, dall'altra i dimenticati.
«Sai, Andrew, ieri sera, al Dolly's, un amico che lavora al penitenziario mi ha raccontato una cosa.» Mormorò vago, perfettamente conscio di aver catturato l'attenzione del ragazzo alle sue spalle.
«Ti ha detto che sei un vecchio stronzo?» Scherzò Andrew cercando di sembrare rilassato, ma si notava parecchio quanto fosse impaziente di sapere il resto del racconto.
«Non ti smentisci mai, eh?» Domandò Oliver con un sorriso compiaciuto. Guardò il giovane con fare paterno, meditando a fondo sulle parole giuste da dirgli. Non voleva che facesse pazzie, soprattutto dopo ciò che aveva fatto per placare il suo animo ribollente di rabbia: era stato solo un mero miracolo se lui e Tony non si erano ammazzati a vicenda quel giorno nefasto. «In ogni caso, sono sicuro che la cosa potrà interessarti. Quella... ragazza... domani tornerà a casa.»
«E quindi?»
No, decisamente non era quella la risposta che si aspettava di ricevere dal suo pupillo. Tant'è che girò di scatto il volto per osservarlo per bene.
«Pensavo che facessi i salti di gioia alla notizia.» Considerò ad alta voce, nel tentativo di capire se stesse scherzando oppure fosse davvero rassegnato. Andrew teneva gli occhi bassi, dritti verso un filo d'erba che stringeva tra le mani. Con piccoli movimenti delle dita, continuava a spiegazzarlo su sé stesso più e più volte, macerandone la tenera e fragile polpa verde. Assorto nei propri pensieri come faceva spesso suo padre. Oliver strinse i denti ripensando al giorno in cui Vincent, il padre di Tony, aveva trovato Luca e Angelica in quello scantinato.
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L'odore pungente del legno nero
Historical Fiction1931: Chicago è una città ormai preda del crimine organizzato e i pochi banchieri che sono sopravvissuti al crack finanziario, avvenuto poco più di un anno e mezzo prima, cercano di tirare avanti con qualsiasi mezzo. Ronald Ashworth è uno di questi...