Capitolo 32

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Un forte brusio permeava la sala del vecchio cantiere navale: tra Rhys e Luke, infatti, era scoppiata un'accesa discussione arricchita di bestemmie e insulti, volti a denigrare il secondo appena accusato di aver barato a carte durante lo showdown.

Se il tavolo sul quale stavano giocando non era ancora stato rovesciato, era solo perché qualcuno lo aveva inchiodato al pavimento anni prima.

Antony sedeva in disparte su uno dei tanti divanetti, imitando un re malevolo che guarda i propri scagnozzi dare spettacolo in un libro di fantasia: sigaretta alle labbra, sguardo divertito – quasi distratto – e gambe accavallate. Le braccia distese all'indietro sullo schienale contro il quale era appoggiato.

Osservò la situazione tra Rhys e Luke scaldarsi sempre di più, specialmente quando il primo, più grosso e alto, fece per colpire Luke con un gancio ben assestato in pieno volto. Era pronto a gustarsi la scazzottata che gli avrebbe risollevato la noia della giornata, quando tra i presenti scese un assordante silenzio. All'unisono, tutti i presenti si voltarono verso il corridoio che conduceva all'uscita.

«Andrew...» Mormorarono alcuni nel vedere il loro compagno in piedi davanti a loro. Persino Luke sembrava sorpreso di trovarselo a qualche metro di distanza. Ma, nonostante l'euforia iniziale, a giudicare dal suo sguardo cupo e corrucciato, sapeva che quella non sarebbe stata una visita di piacere.

Il giovane, infatti, si fece strada tra i presenti avanzando lento e dritto verso il fondo della stanza, là dove sedeva il suo unico obiettivo.

Luke non lo salutò nemmeno e si defilò tra i propri compagni senza farsi notare dal suo amico perché, se lo avesse avuto a portata, in un momento simile avrebbe tirato anche lui in mezzo alla rissa. E Andrew ce lo aveva scritto in faccia che voleva fare a botte con Antony.

«Guarda, guarda chi è tornato al nido. Hai deciso di farti rivedere, finalmente?» Gli chiese quest'ultimo con un ghigno sardonico sul volto annebbiato.

Andrew gli scoccò un'occhiata tagliente e affilata come un rasoio: se avesse potuto, lo avrebbe incenerito con il solo sguardo.

«Ho sempre saputo quanto fossi figlio di puttana, ma questa volta hai superato te stesso, Tony.» Gli disse squadrandolo dall'alto verso il basso. La vena sul collo pulsava irrequieta, quasi che potesse scoppiare da un momento all'altro sotto l'incredibile quantità di rabbia che si stava portando dentro.

«Davvero?» Afferrò la sigaretta tra le dita ed esalò una nube grigiastra. «Coraggio, 'Drew. Puoi fare di meglio.» Lo schernì a mezza voce. Davanti a lui, oltre le spalle del suo interlocutore, nessuno aveva più detto niente e solo in due erano rimasti ancora abbastanza vicini da poter sentire quanto si stessero dicendo. Ma erano pronti a darsela a gambe non appena sarebbe partito il primo cazzotto. «Se preferisci posso iniziare a-»

Il primo pugno lo colpì a un centimetro più a sinistra del naso, che iniziò a sanguinare copiosamente mentre Antony si piegava su un lato. Gli altri due alle spalle di Andrew si mossero verso il fondo della stanza, dove già si erano spostati gli altri.

«Oh.» Mugugnò Antony ripulendosi il naso, mentre si alzava in piedi. «Capisco. Ti sono cresciute le palle, finalmente.»

«Tu me l'hai tenuta lontana!» Replicò Andrew, incurante di quell'affermazione e alzando il volume della voce per sovrastarla. Con uno slancio gli si lanciò contro e lo afferrò per il colletto della camicia. «Non te ne fregava un cazzo di lei! Dimmi perché lo hai fatto!»

Antony, però, anziché reagire al pugno si limitò a iniziare a ridere di gusto. Negli occhi scuri si materializzò una scintilla folle quando Andrew gli aveva messo le mani addosso e il sangue aveva iniziato a inumidirgli le labbra.

L'odore pungente del legno neroDove le storie prendono vita. Scoprilo ora